Silvio Pellico: differenze tra le versioni

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==''Dei doveri degli uomini''==
===[[Incipit]]===
All'idèa del dovere l'uòmo non può sottrarsi, ei non può non sentire l'importanza di questa idea. Il dovere è attaccato inevitabilmente al nòstro essere; ce n'avvèrte la coscienza fin da quando cominciamo appena ad avere uso di ragione; ce n'avvèrte più fòrte al crescere della ragione, e sèmpre più fòrte quanto più questo si svòlge. Parimenti tutto ciò ch'è ''fuòri di noi'' ce ne avvèrte, perchè tutto si règge per una legge armoniosa ed etèrna: tutto ha una destinazione collegata ad esprimere la sapiènza e ad eseguire la volontà di quell'Ènte che è causa e fine d'ogni còsa.
 
===Citazioni===
*Ad amare l'umanità, è d'uopo saper mirare, senza scandalezzarsi, le sue debolezze, i suoi vizi.
*Bella è sempre la [[pietà]] verso gl'infelici; sino verso i rei. La legge può aver diritto di condannarli; l'uomo non ha mai diritto d'esultare del lor dolore, né di dipingerli con colori più neri del vero.
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*Un'anima umana, nell'età dell'[[innocenza]], è sempre rispettabile.
*Una diffidenza moderata può esser savia: una diffidenza oltrespinta, non mai.
 
==[[Incipit]] di ''Poesie scelte''==
===''Francesca da Rimini''===
''Esce'' LANCIOTTO ''dalle sue stanze per andare all'incontro di'' GUIDO, ''il quale giunge. Si abbracciano affettuosamente''.<br>
<poem>'''Guido'''. Vedermi dunque ella chiedea? Ravenna
Tosto lasciai; men della figlia caro
Sariami il trono della terra.
'''Lanciotto'''. Oh Guido!
Come diverso tu rivedi questo
Palagio mio dal dì che sposo io fui!
Di Rimini le vie più non son liete
Di canti e danze; più non odi alcuno
Che di me dica: Non v'ha rege al mondo
Felice al pari di Lanciotto. Invidia
Avean di me tutti d'Italia i prenci:
Or degno son di lor pietà. Francesca
Soavemente commoveva a un tempo
Colla bellezza i cuori, e con quel tenue
Vel di malinconia che più celeste
Fea il suo sembiante. L'apponeva ognuno
All'abbandono delle patrie case
E al pudor di santissima fanciulla,
Che ad imene ed al trono ed agli applausi
Ritrosa ha l'alma. - Il tempo ir diradando
Parve alfin quel dolor. Meno dimessi
Gli occhi Francesca al suo sposo volgea;
Più non cercava ognor d'esser solinga;
Pietosa cura in lei nascea d'udire
Degl'infelici le querele, e spesso
Me le recava; e mi diceva.... Io t'amo.</poem>
 
===''Rosilde''===
<poem>Canzoni de' miei padri, antiche istorie
Che a' felici d'infanzia anni imparai
Nel mio alpestre idioma (inculta lingua
Ma d'affetti guerrieri e di mestizia
Gentilmente temprata e dolce al core!)</poem>
 
===''Adello''===
<poem>Quando oltre l'Alpi il giovinetto Adello
Dal povero movea tetto paterno,
Pria di varcarle, un guardo all'orizzonte
Natìo rivolse e pianse: e rammentando
De' genitori la virtù e l'affetto
Ripetè il pronunciato innanzi a loro
Fervido giuramento.</poem>
 
===''Ebelino''===
<poem>Inno d'amore e di compianto al giusto,
Al giusto denigrato! Ebelin, fido
Campion del magno Ottone e consigliero,
Colui che al generoso Imperadore
Verità generose favellava,
E i biasimati torti indi con mente
Pronta e amorevol correggea e sagace;
Colui, che, senza ambizïon nè orgoglio,
Spesso invece del sir ponea la destra
Al timon dell'impero, e lo volgea
Del sir con tanta gloria e securanza,
Che questi, anco in cimento arduo serrando
Le auguste ciglia al sonno, a lui dicea:
«Vigila or tu, che il signor tuo riposa;»</poem>
 
===''Ildegarde''===
<poem>- Perché alle torri del superbo Irnando
Sempre drizzi lo sguardo, o mio Camillo?
- Sposa, io molto l'amava; e in questi giorni
Di nevose bufère, ognor la dolce
Nostra infanzia mi torna alla memoria,
Quando, arridenti il padre suo ed il mio,
O di soppiatto noi dalle castella
Usciti, incontravamci appo la riva
Congelata del Pellice, e lung'ora
Qua e là sdrucciolon ci vibravamo
Ridendo e punzecchiandoci e luttando,
E sul ghiaccio cadendo, e (bozzoluta
Indi spesso la fronte o insanguinata)
Tornando a casa lieti e tracotanti.</poem>
 
===''Aroldo e Clara''===
<poem>Piangi, o la più gentil fra le convalli
Dello spumante Pellice, ove un giorno
Alle sale d'Aroldo i Saluzzesi
Cavalieri affluìano ad alte feste.
Più non vedrai delle sue torri a sera
Uscir giulivo il cieco vecchio Aroldo,
Caramente appoggiando un braccio e l'altro
Sovra Ioffrido e Clara, ed il canuto
Ciglio volgendo con amor, ma indarno,
Ai dolci rai del tramontante sole.</poem>
 
==Bibliografia==
*Silvio Pellico, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/p/pellico/index.htm Dei doveri degli uomini]'', casa editrice italiana di M. Guigoni, Milano, 1873.
*Silvio Pellico, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/p/pellico/index.htm Poesie scelte]'', Buadry Edizioni, Parigi, 1840.
 
==Altri progetti==
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===Opere===
{{Pedia|Le mie prigioni||(1820-1830)}}
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[[Categoria:Poeti italiani|Pellico, Silvio]]
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