Sándor Márai: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*La vita […] è la pienezza. La vita sono un uomo e una donna che si incontrano perché sono fatti l’uno per l’altro, perché sono, l’uno per l’altro, ciò che la pioggia è per il mare: l’uno torna sempre a cadere nell’altro, si generano a vicenda, l’uno è la condizione dell’altro. Da tale pienezza nasce l’armonia, e in questo consiste la vita. una cosa rarissima fra gli esseri umani.
*L'amore dispone di due palcoscenici su cui si recita il grande duetto, e sono entrambi infiniti: il letto e il mondo. (p. 232)
 
{{NDR|Sándor Márai, ''La recita di Bolzano'' (''Vendégjáték Bolzanóban''), traduzione di Marinella D'Alessandro, Adelphi Edizioni, Milano 2000}}
 
== ''L'ultimo dono. Diari 1984-1989''==
===Citazioni===
*Una persona innamorata non scrive poesie, e per giunta buone. Ogni poeta, per quanto innamorato, ama più che altro la poesia d’amore che va scrivendo.
*Ottantacinque anni fa venni alla luce su questo pianeta. In un giorno simile, il mortale pensa alla morte in maniera diversa dagli ottantacinque anni precedenti. L’uomo è sempre cosciente della morte, la cnosidera un naturale compimento del difficile e incomprensibile corso dell’esistenza, tuttavia si limita ad «averne coscienza», l’accetta. Arriva in fine il tempo in cui l’uomo acconsente a morire. Non è una sensazione tragica. Piuttosto un senso di sollievo, come quando, dopo aver lungamente riflettuto, si comprende qualcosa di incomprensibile.
*La via di ritorno dalla vita alla morte è oscura, brancolo dal nulla verso il nulla e lungo il percorso, o-gni tanto, una parola, un concetto risplendono come lucciole nella buia foresta.
*Il grande esame da superare nella vita non è la morte, bensì il morire. Ma la malattia e la morte han-no un che di osceno. Questo rovescio dell’esistenza corporea è al tempo stesso orrido e lubrico.
*Sono in molti a comprendere soltanto tardi che il mistero più grande, nella vita, non è la morte, bensì il morire. E ogni ars moriendi è pura fantasticheria, un’arte simile non esiste.
*L’assurdità, la spietatezza totale della vita. Non esistono «parole», né sentimenti o emozioni. Come quando si è ormai consumato tutto ciò che ha scintillato o fiammeggiato nel corso di una lunga vita. Veniamo dal nulla e scompariamo nel nulla, tutto il resto è un coacervo di fantasie puerili. Quel che nel frattempo accade è talvolta meraviglioso ma sempre insensato e privo di uno scopo.
*Scomparire, in silenzio, è il massimo che ci sia concesso.
*La sua mancanza? È una sorta di fame d’aria. Non soltanto le parole e oggetti che la ricordano, ma anche l’aria. Anche all’aria manca qualcosa.
*Se la vita di uno scrittore si protrae a lungo, ci si attende da lui una summa vitae, una sorta di sintesi filosofica. Non ho la minima idea di qualsivoglia summa vitae. Per riassumere, dirò soltanto che tutto sommato gli uomini, quando sono «malvagi», sono meno pericolosi di quando sono stupidi. E di uomini stupidi ce ne sono tantissimi. Sono loro a rappresentare un pericolo.
*Nella cultura cinese, che ha diecimila anni, si mangia senza coltello. La bomba atomica invece ce l’hanno già.
*Non è piacevole incartapecorirsi nella vecchiaia. Ma mantenersi artificialmente giovanili è anche peggio.
*Le tante menzogne che si raccontano sulla morte mi fanno venire la nausea. La vita eterna. Vita oltre la morte. Giudizio, sfere, paradiso e inferno. Sono sempre menzogne piagnucolose, insulse, ripugnanti. La realtà è oscena e sogghignante, è la morte.
*L’inconscio è una fossa profonda. La fossa comune, in cui un pazzo fruga, pur non sapendo di che cosa va in cerca.
*Dio, se esiste, tace. Penso molto a Dio. Come sarà, sempre che esista? In nessun caso simile a come ce lo mostrano le religioni.
*Il destino comune di ogni monumento è che i cani finiscono per pisciare sul piedistallo.
 
{{NDR|Sándor Márai, ''L'ultimo dono. Diari 1984-1989'', a cura di Marinella D'Alessandro, Adelphi Edizioni, Milano 2009}}
 
== [[Incipit]] di alcune opere==