Raniero Cantalamessa: differenze tra le versioni

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==''Gettate le reti''==
*[[Dio]] [[sofferenza|soffre]] con noi, non si limita a guardare da lontano noi che soffriamo.
*[...] il [[matrimonio]] non finisce del tutto con la morte, ma viene trasfigurato, spiritualizzato, sottratto a tutti quei limiti che segnano la vita sulla terra, come, del resto, non sono dimenticati i vincoli esistenti tra genitori e figli o tra amici. In un prefazio dei morti la liturgia proclama: «''Vita mutatur non tollitur''», la vita è trasformata, non tolta. Anche il matrimonio che è parte della vita viene trasfigurato, non annullato. [...] La formula rituale pronunciata dagli sposi al momento del matrimonio dice: «Io... prendo te... come mio sposo (mia sposa) e prometto di esserti fedele in ogni circostanza, felice o avversa, nella buona o nella cattiva sorte, e di amarti e rispettarti finché morte non ci separi» (così, in molti paesi, anziché «per tutta la vita»). Bisognerebbe insegnare agli sposi a modificare (almeno nella loro mente) la formula e dire «finché morte non ci ''unisca''». Sì, perché la vera, perfetta unità tra gli sposi si raggiungerà solo in cielo.<br>Ma cosa dire a quelli che hanno avuto un'esperienza negativa, di incomprensione e di sofferenza, nel matrimonio terreno? [...] Non è per essi motivo di spavento, anziché di consolazione, l'idea che il legame non si rompe neppure con la morte? No, perché nel passaggio dal tempo all'eternità il bene resta, il male cade. L'amore che li ha uniti, fosse pure per breve tempo, rimane; i difetti, le incomprensioni, le sofferenze che si sono inflitte reciprocamente cadono. Anzi questa stessa sofferenza, accettata con fede, si convertirà in gloria. Moltissimi coniugi sperimenteranno solo quando saranno riuniti «in Dio» l'amore vero tra di loro e, con esso, la gioia e la pienezza dell'unione che non hanno goduto sulla terra. In Dio tutto si capirà, tutto si scuserà, tutto si perdonerà. [...]<br>L'Apocalisse ci dice che, al momento della morte, Dio va incontro a coloro che vengono dalla «grande tribolazione» del mondo, per «asciugare ogni lacrima dai loro occhi» e assicurarli che non ci sarà più né lutto, né dolore, né affanno. Io amo pensare che quando Dio va incontro, sulla soglia dell'eternità, ai vedovi e alle vedove, si fa accompagnare dal coniuge che è arrivato per primo in paradiso.
*La morte dell'anima è quando si vive nel peccato; la morte del [[cuore]] è quando si vive nell'angoscia, nello scoraggiamento o in una tristezza cronica.
*Molta parte dell'[[ateismo]] non era negazione del Dio vivente della Bibbia, ma dell'idolo che si era introdotto al suo posto in molti settori del pensiero e della vita.
*Nessuno oggi dice che per il semplice fatto di non essere [[battesimo|battezzato]] uno sarà condannato e andrà all'[[inferno]]. I bambini morti senza battesimo, come pure le persone vissute, senza loro colpa, fuori della Chiesa, possono [[salvezza|salvarsi]] (queste ultime solo se vivono secondo i dettami della coscienza). [...] Dimentichiamo l'idea del limbo, come il mondo dell'irrealizzato per sempre, senza gioia e senza pena, dove finirebbero i bambini non battezzati, insieme con i giusti morti prima di Cristo. Questa dottrina, che pure è stata comune per secoli, e che Dante ha accolto nella ''Divina Commedia'', non è stata mai ufficializzata e definita dalla Chiesa. Era una ipotesi teologica provvisoria, in attesa di una soluzione più soddisfacente e, come tale, superabile grazie a una migliore comprensione della parola di Dio. Il bambino non nato e non battezzato si salva e va a unirsi subito alla schiera dei beati in paradiso. La sua sorte non è diversa da quella dei Santi Innocenti che festeggiamo subito dopo Natale. Il motivo di ciò è che Dio è amore e «vuole che tutti siano salvi», e Cristo è morto anche per loro! [...] Non dobbiamo dunque preoccuparci per quelli che, senza loro colpa, muoiono senza battesimo, pur facendo quanto sta in noi perché ciò non avvenga.