Vittorio Messori: differenze tra le versioni

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*Unica tra le religioni, il [[cristianesimo]] non annuncia solo la salvezza dell'anima, la sopravvivenza dello «spirito», bensì pure la [[Risurrezione|risurrezione della carne]]. Anch'essa è destinata – seppur misteriosamente trasfigurata – a vivere nell'eternità: è anche per mostrare questo che Gesù risorto, il modello e anticipo della risurrezione di ogni uomo, chiede da mangiare, siede di nuovo a mensa con i discepoli. (pp. 59-60)
*Perché è la [[Madonna]] che appare? Perché a Lourdes (come a rue du Bac, a La Salette, a Pontmain, a Beauraing, a Fatima, per stare solo all'ultimo secolo e mezzo e a fatti approvati dalla Chiesa) non si è manifestato Gesù stesso o qualche santo canonizzato? Ma è perché – risponde la teologia, meditata dai mistici –, stando al Credo cattolico «l'Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste ''in anima e corpo''». Così, le parole del dogma dell'Assunzione, definito e proclamato da Pio XII solo nel 1950 ma creduto, nel suo oggetto, sin dai tempi dei Padri della Chiesa sia in Oriente che in Occidente (la festa della ''Dormizione'', che ha ''in nuce'' l'Assunzione della Vergine Madre, è probabilmente la più antica delle feste mariane che uniscono la Chiesa universale).<br>Maria, insomma, avendo portato nel suo ventre Colui che disse: «Io sono la risurrezione e la vita» (''Gv'' 11, 25), ha seguito il Figlio nel suo destino eterno prima di ogni altra creatura umana; è colei che tutti ci ha preceduti, già accolta nell'eternità «''in anima e corpo''». Dunque, se è lei ad apparire ai mortali, è anche per ricordare che ciò che ella già è, anche noi saremo. Il segno e il pegno, insomma, nella sua persona stessa, di quella salvezza di cui dicevamo e che ci darà la vera salute: la visione del corpo di Maria già «salvato» è garanzia che quello di tutti lo sarà. (pp. 61-62)
*In effetti, proprio in questo è «diverso» da ogni altro il [[Dio]] in cui crede il cristiano: nel fatto, cioè, che propone agli uomini la [[fede]] (che è, al contempo, esperienza ''e'' speranza, uso della ragione ''e'' adesione alla rivelazione, anche in ciò che quella ragione supera); che non impone l'adesione a un'evidenza (nella quale occorre «credere» per forza esigendo di essere constatata, pena l'irragionevolezza). [...] Solo un Dio che ''si propone'' con segni, indizi, tracce, impronte e che non ''si impone'', apparendo sfolgorante nella Sua gloria, può instaurare con le Sue creature un rapporto libero e non una dipendenza necessaria. (pp. 78-79)
*''Status'' sociale, cultura, ricchezza, persino salute: il contrario stesso di tutto questo in [[Bernadetta Soubirous|Marie-Bernarde Soubirous]], detta Bernadette, quattordicenne (ma con lo sviluppo di una decenne, secondo i medici che la visitarono, e non ancora donna, a causa dell'alimentazione insufficiente); asmatica; sofferente di stomaco; chiusa nel suo silenzio di timida e di introversa; analfabeta e considerata da qualche suo parente stesso incapace di imparare alcunché; incolta anche in materia religiosa, tanto da ignorare persino il mistero della Trinità; figlia della famiglia più miserabile della città; residente nella cella della prigione comunale, sgomberata dalle autorità perché considerata insalubre per gli stessi detenuti; con il padre non solo fallito e con la fama – seppure abusiva – di fannullone e di beone, ma con anche alle spalle un soggiorno in prigione per un sospetto di furto: rilasciato dopo nove giorni, si lasciò cadere l'accusa tanto era inconsistente, ma senza procedere ad alcun giudizio, così da lasciargli addosso un sospetto infamante.<br>Rendiamocene conto: in tutto questo, solo gli occhi della fede possono scorgere una misteriosa conformità al Vangelo e, dunque, le stigmate della verità. Solo l'adesione a una prospettiva rovesciata rispetto agli «occhi della carne» può far sentire gli echi del ''Magnificat'' intonato da Colei di cui Bernadette Soubirous fu testimone: «...ha guardato l'umiltà della sua serva [...]; ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati; ha rimandato i ricchi a mani vuote...» (''Lc'' 1, 48 e 51 ss.) (p. 92)
*Nel maggio del 1949 fu istituito a Strasburgo il Consiglio d'Europa, organismo allora privo di poteri politici effettivi e incaricato solo di «porre le basi per la costruzione di una federazione europea». Così nell'atto della sua fondazione. L'anno dopo – dunque, nel 1950 – quel Consiglio bandì un concorso di idee, aperto a tutti gli artisti, per una bandiera della futura Europa unita. Un allora giovane disgnatore alsaziano, Arsène Heitz, partecipò con un bozzetto, dove dodici stelle bianche campeggiavano in un cerchio su uno sfondo azzurro. Come rivelò poi, l'idea non era casuale: devoto della Madonna, recitava ogni giorno il rosario. Proprio quando seppe del concorso europeo e decise di partecipare stava leggendo la storia di santa Catherine Labouré e – stimolato da quella lettura – si era deciso a procurarsi, per sé e per la moglie, una «Medaglia miracolosa», che sino allora non conosceva. Le stelle, dunque, del suo disegno vennero da lì: e, lì, venivano direttamente dall'Apocalisse e dalla sua «Donna vestita di sole» con la corona attorno al capo. Quanto all'azzurro, era il colore tradizionale della Vergine. Tra i 101 bozzetti giunti da tutto il mondo, «inspiegabilmente», come disse lo stesso Heitz (che aveva partecipato al concorso senza troppe speranze, quasi solo per rispondere a un impulso datogli dalla scoperta della Medaglia), il Consiglio d'Europa scelse proprio il suo. Si noti, tra l'altro, che il responsabile della commissione che procedeva alla scelta era un ebreo, Paul M.G.Lévy, direttore del Servizio di stampa e informazione del Consiglio. Non agirono, dunque, motivazioni confessionali [...] Inoltre, a conferma della singolarità della scelta, contro la proposta di Heitz stava il fatto che, se dodici erano le stelle sulla bandiera proposta, non altrettanti erano allora gli Stati del Consiglio. In effetti, di fronte alle critiche, il disegnatore dovette replicare che il dodici rappresentava un «simbolo di pienezza» (e tale è, infatti, anche nell'Antico Testamento: dodici, tra l'altro, i figli di Giacobbe, come dodici le tribù di Israele; ed è perciò che dodici è il numero voluto da Gesù per i suoi apostoli, a significare che la Chiesa è il «nuovo popolo eletto»). Avendo adottato questa prospettiva simbolica, le autorità comunitarie, quando gli Stati membri dell'Europa finirono col superare la dozzina, stabilirono ufficialmente che il numero delle stelle sulla bandiera era da considerare immutabile. (pp. 107-108)
*[[Fatima]], in effetti, è il nome della figlia prediletta di Maometto [...] Tutto intero l'Islàm, al di là di ogni scuola, non ha dimenticato un ''hadit'' di Maometto, un detto, cioè, tramandato dalla tradizione orale dei primi discepoli e considerato fonte di rivelazione accanto al Corano. Quell'''hadit'' ha conservato una parola del profeta dell'Islàm rivolta a Fatima: «Tu sarai la padrona delle donne nel Paradiso, ''dopo'' [[Maria|Màryam]]». Una superiorità, dunque, nello stesso Cielo musulmano, di quella che i cristiani chiamano ''Regina Coeli''. E, al contempo, un diretto legame con Fatima. Le due esercitano insieme (pur se Maria è al vertice) una sorta di signoria nel Paradiso. Non stupisce, dunque, che Louis Massignon [...] abbia visto non una coincidenza casuale, bensì un segno eloquente nel fatto che Maria, «Padrona delle donne» nel Paradiso musulmano, abbia scelto di apparire in una località sino ad allora sconosciuta a molti degli stessi portoghesi, ma che portava il nome proprio di chi, per Maometto, è subito sotto di lei nel regno dei beati. [...] così che i pellegrini islamici, seppur non organizzati, non sono mai mancati a Fatima e ora vanno sempre crescendo. [...] È singolare che, in tanto parlare di ecumenismo, Maria è il «luogo» dove musulmani e cristiani (quelli, almeno, cattolici e quelli ortodossi) sono vicini più che ovunque altrove. (pp. 187-191)
*L'[[ebraismo]] – come è stato detto, seppure in modo un po' semplificato – è la [[religione]] della ''speranza''; il [[cristianesimo]] della ''carità''; l'[[islam|islamismo]] della ''fede''. (p. 191)
*I [[Dogma (teologia)|dogmi]] mariani sono, come si sa, quattro in tutto: la verginità perpetua e la maternità divina; poi, dopo quasi quindici secoli di dibattito e di approfondimento del mistero, ecco il concepimento senza la macchia del peccato originale e l'assunzione al cielo. Ebbene, queste verità sono state codificate e messe al riparo solennemente come dogmi, cioè come verità basilari e indiscutibili della fede, non tanto per devozione a Maria, quanto per difesa della fede in Gesù.<br>In effetti, se riflettiamo sul loro contenuto, ci rendiamo conto che ribadiscono la fede autentica nel Cristo come vero Dio e vero uomo: due nature in una sola Persona. Ribadiscono poi la fondamentale attesa escatologica, indicando in Maria assunta il destino immortale che tutti ci attende. E, infine, mettono al sicuro la fede, oggi minacciata, in un Dio creatore (è uno dei significati della più che mai incompresa verità sulla verginità perpetua di Maria), un Dio che può liberamente intervenire anche sulla materia. (p. 236)
*[[Maria]] è «figura», «immagine» della [[Chiesa]]. Entrambe hanno per vocazione primaria la maternità. Così, guardando a lei, questa Chiesa è messa al riparo da un modello «maschilista», che la veda come strumento per inseguire un programma d'azione socio-politico. In Maria, sua figura e icona, la Chiesa ritrova il suo volto di madre, non degenera in una involuzione che la trasformi in una sorta di partito, in una organizzazione, in un gruppo di pressione a servizio di interessi umani. Per ripetere, qui, le parole di [[Ratzinger]]: «Se in certe teologie ed ecclesiologie di oggi Maria non trova più posto, la ragione è semplice e drammatica: hanno ridotto la fede a un'astrazione. E un'astrazione non sa che farsene di una madre». (pp. 237-238)
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===Citazioni===
*Se nel 1953 {{NDR|23 maggio}} la violenza del cielo abbatté la stella {{NDR|Emblema posto sulla sommità della guglia della Mole Antonelliana}}, nel 1904 un fulmine aveva abbattuto, al culmine, l'Angelo della Luce, che aveva sul capo la regolamentare stella massonica a cinque punte. La stessa che era stata apposta sui baveri delle divise dell'esercito, il Nuovo Ordine religioso per la Nuova Italia, con il re al posto del Papa, i generali al posto dei vescovi, la classe degli ufficiali come nuovo clero, la truppa come popolo penitente di Dio, votato all'obbedienza, alla povertà, alla disciplina, all'onore, al silenzio e, infine, al sacrificio della vita. E tutto in nome della nuova fede, quella della Madre Patria. Niente di sorprendente, tutti sanno che non si combatte una [[religione]] che per costruirne un'altra. (cap. II)
 
*Ma, visto che si accennava all'inevitabile Duce: i torinesi lo chiamavano, come sai, ''Cerüti''. Con la «u» alla piemontese. Da proletario romagnolo, con conseguenti complessi di inferiorità, probabilmente aveva soggezione di Torino, sembrava temerne lo snobismo elegante: era ancora la città della aristocrazia, era la capitale della moda, con relativo Ente (che il Regime stesso, per altro, aveva fondato) [....] –, il [[Benito Mussolini|Benito]] definiva Torino come «mezza francese» (cap. III)