Francesco Rosi: differenze tra le versioni

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*Scelsi per il ruolo della madre di Giuliano, una contadina il cui figlio era finito male. Lo sapevo: ma, qualche volta, un cineasta che vuole dare l'impressione del vissuto è spinto a essere crudele... L'ho portata, quasi spinta, dentro l'obitorio. Era la prima volta che ci entravamo. La luce era quasi inesistente. Nella penombra si muovevano a fatica, oltre al fonico, Di Venanzo e Pasqualino De Santis. La donna doveva fingere di essere una madre che vede il cadavere del figlio. Lo fece con forte emozione e, insieme, con perizia da attrice di professione. La ripresi con l'obiettivo 75 che avvicina molto il personaggio ma, di continuo, rischia di perderlo dal quadro. Non potevo, naturalmnete, chiederle di andare ai segni. Le dissi di seguire, con la coda dell'occhio, i movimenti della mia mano. L'avrei guidata, e ai miei gesti lei doveva andare avanti, rallentare, tirarsi un poco indietro. La donna si scioglieva in lacrime, viveva il dolore di una madre che ha perso il figlio e, intanto, seguiva alla perfezione le mie indicazioni finché, quando glielo indicavo, si arrestava d'improvviso. Furono tre riprese, tutte istinto e controllo. Una pausa e, poi, un pianto raccapricciante. Fuori dall'obitorio, nel frattempo era arrivato un funerale. Piangevano dentro e fuori, qui per finta e là per davvero. Questo, anche questo ahimè, è il cinematografo. (da ''Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', p. 27)
*Un film incide in maniera limitata sulle situazioni reali. Ma qualcosa lascia nelle coscienze. Ne sono del tutto convinto; e, pur senza farci illusioni, senza mitizzare il nostro mestiere, sono della medesima opinione gli autori che si dedicano a un cinema "partecipante" se non proprio "militante" (e in tale categoria metto ''Prova d'orchestra'' di Fellini). Abbiamo contribuito, con le nostre riflessioni, analisi, descrizioni di comportamenti, alla politica del paese. I governanti italiani, proprio per questo, non hanno mai amato veramente il nostro cinema e, di fatto, si sono rifiutati di aiutarlo. Eppure, esso è stato fra le poche cose valide che abbiamo esportato. Certo, un film non avrà mai le possibilità che sono proprie di altri meccanismi di persuasione. Ma esprime, se non altro, una volontà di intervenire in cose che ci riguardano da vicino. La politica la devono fare solo i politici di professione, forse? No; la dobbiamo fare tutti e spesso i cineasti, come gli scrittori, sono riusciti a precedere i politici. (da ''Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', p. 29)
*Ho lavorato sempre bene con [[Gian Maria Volonté|Volonté]]. Mi ha molto convinto in alcuni film, ''Lucky Luciano'' e ''Cristo si è fermato a Eboli''. Ma anche in altri, ''Il caso Mattei'' per esempio, ha movimenti stupefacenti che confermano la sua ricchezza di mezzi espressivi, la sua profondità di attore. (da ''Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', p. 33)
*Se un film propone valori universali, è impossibile non sia capito dovunque anche se si svolge in un microcosmo e si serve di una lingua di modesta diffusione (se, poi, è parlato in inglese o in spagnolo non avrà quasi difficoltà a imporre il suo discorso...). Deve possedere, naturalmente, dei connotati precisi (validità della storia e dei personaggi, guida profonda degli attori ecc.) che corrispondano all'autenticità dei motivi di fondo. (da ''Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', p. 35)