Francesco Rosi: differenze tra le versioni

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*L'arte si accompagna sempre a una sofferenza. È un tormento e nello stesso tempo una gioia. Si passa, molto velocemente e intensamente, da momenti di gioia ed esaltazione a momenti di depressione e di dubbio, continuamente. Non si è mai sicuri di aver raggiunto la verità di quello che si voleva dire, mai certi di essere capaci di assumersi la responsabilità del legame fra sé e gli altri. Non si può essere solitari. La creazione in origine è certamente un atto solitario, ma l'oggetto della creazione appartiene a tutti, è un oggetto sociale. Essere creatore deriva da questa esigenza: ci si rende conto di avere una responsabilità nei confronti di tutti, e occorre assumersela completamente, malgrado i dubbi e le sofferenze. (pp. 27-28)
 
==''IlI mestierefilm del narratore (conversazione condi Francesco Rosi)''==
*Una cosa è sicura. Non credo ai registi che dicono: "Io invento tutto sul set". La notte prima di girare una scena dormo poco. E mi sveglio di continuo. Mi capita di pensare che, no, la macchina da presa non può essere collocata lì. La devo mettere da un'altra parte perché... Ecco, quando arrivo in un posto per girare, ho già scelto come raccontare la scena. Posso, adesso, misurarmi senza timori con le cose. (tratto da: Francesco Bolzoni, ''IIl filmmestiere didel narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', Roma, Gremese Editore, 1986, p. 22)
*In ogni sceneggiatura lascio uno spazio al personaggio. Lo andrò riempiendo, in seguito, con l'esperienza che sarò venuto facendomi sulla materia affrontata nel film e grazie all'apporto che l'attore finirà per darmi. (tratto da: Francesco Bolzoni, ''IIl filmmestiere didel narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', Roma, Gremese Editore, 1986, p. 26)
*Scelsi per il ruolo della madre di Giuliano, una contadina il cui figlio era finito male. Lo sapevo: ma, qualche volta, un cineasta che vuole dare l'impressione del vissuto è spinto a essere crudele... L'ho portata, quasi spinta, dentro l'obitorio. Era la prima volta che ci entravamo. La luce era quasi inesistente. Nella penombra si muovevano a fatica, oltre al fonico, Di Venanzo e Pasqualino De Santis. La donna doveva fingere di essere una madre che vede il cadavere del figlio. Lo fece con forte emozione e, insieme, con perizia da attrice di professione. La ripresi con l'obiettivo 75 che avvicina molto il personaggio ma, di continuo, rischia di perderlo dal quadro. Non potevo, naturalmnete, chiederle di andare ai segni. Le dissi di seguire, con la coda dell'occhio, i movimenti della mia mano. L'avrei guidata, e ai miei gesti lei doveva andare avanti, rallentare, tirarsi un poco indietro. La donna si scioglieva in lacrime, viveva il dolore di una madre che ha perso il figlio e, intanto, seguiva alla perfezione le mie indicazioni finché, quando glielo indicavo, si arrestava d'improvviso. Furono tre riprese, tutte istinto e controllo. Una pausa e, poi, un pianto raccapricciante. Fuori dall'obitorio, nel frattempo era arrivato un funerale. Piangevano dentro e fuori, qui per finta e là per davvero. Questo, anche questo ahimè, è il cinematografo. (tratto da: Francesco Bolzoni, ''IIl filmmestiere didel narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', Roma, Gremese Editore, 1986, p. 27)
*Un film incide in maniera limitata sulle situazioni reali. Ma qualcosa lascia nelle coscienze. Ne sono del tutto convinto; e, pur senza farci illusioni, senza mitizzare il nostro mestiere, sono della medesima opinione gli autori che si dedicano a un cinema "partecipante" se non proprio "militante" (e in tale categoria metto ''Prova d'orchestra'' di Fellini). Abbiamo contribuito, con le nostre riflessioni, analisi, descrizioni di comportamenti, alla politica del paese. I governanti italiani, proprio per questo, non hanno mai amato veramente il nostro cinema e, di fatto, si sono rifiutati di aiutarlo. Eppure, esso è stato fra le poche cose valide che abbiamo esportato. Certo, un film non avrà mai le possibilità che sono proprie di altri meccanismi di persuasione. Ma esprime, se non altro, una volontà di intervenire in cose che ci riguardano da vicino. La politica la devono fare solo i politici di professione, forse? No; la dobbiamo fare tutti e spesso i cineasti, come gli scrittori, sono riusciti a precedere i politici. (tratto da: Francesco Bolzoni, ''IIl filmmestiere didel narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', Roma, Gremese Editore, 1986, p. 29)
*Se un film propone valori universali, è impossibile non sia capito dovunque anche se si svolge in un microcosmo e si serve di una lingua di modesta diffusione (se, poi, è parlato in inglese o in spagnolo non avrà quasi difficoltà a imporre il suo discorso...). Deve possedere, naturalmente, dei connotati precisi (validità della storia e dei personaggi, guida profonda degli attori ecc.) che corrispondano all'autenticità dei motivi di fondo. (tratto da: Francesco Bolzoni, ''IIl filmmestiere didel narratore (conversazione con Francesco Rosi)'', Roma, Gremese Editore, 1986, p. 35)
 
 
==Citazioni su Francesco Rosi==