Luigi Settembrini: differenze tra le versioni

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*[...] credo che quel greco Flagizio, lasciando il mare dove per acque stagnanti è un'aria grave e malsana, sia salito sul monte dove ora inalzasi Catanzaro: e vedendo per uno spazio interminato una bellissima varietà di sottoposte colline, dipinte di varii colori dai verdi seminati, dalle vigne, dagli ulivi, e tra queste colline a piedi della città una fertile valle irrigata da molti ruscelli, e che corre per cinque miglia insino al mare; ed il mare che larghissimo si spande dal Capo Colonne presso Cotrone sino alla punta di Stilo; invaghito da tanta stupenda bellezza, abbia chiamato quel monte oros katanderon, che vale sul florido, quasi volesse dire il monte che soprasta le colline e la valle fiorente . Cangiandosi poi l'n in a (mutazione comunissima del dialetto dorico e nei dialetti di tutte le lingue) hassi la parola katandaron, la quale pronunciata colla d, come si pronunzia dai greci moderni, corrisponde limpidamente alla parola Catanzaro. […] Bellissimo adunque è il nome della città di [[Catanzaro]]: ed ella sarà veramente florida se alla bellezza del sito congiungerà un'altra più desiderabile e lodevole bellezza, quella cioè delle buone arti e dei modesti costumi [...]. (da ''Ricordanze della mia vita'')
*{{NDR|A [[Napoli]] dopo la salita al trono di [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]}} Dopo il 1830 nacque una nidiata di giornali, che sebbene parlassero solo di cose letterarie, e dicessero quello che potevano dire, pure ei si facevano intendere, erano pieni di vita e di brio, e toccava quella corda che in tutti risponde. Era moda parlare d'[[Italia]] in ogni scritturella, si intende già l'Italia dei letterati: e sebbene molti avessero la sacra parola pure al sommo della bocca, nondimeno molti alri l'avevano in cuore. (citato in [[Elena Croce]], ''La patria napoletana'', Mondadori, 1974)
*Io non so se Roma pagana gettò più uomini alle belve, che Roma cristiana al rogo. (da ''Lezioni di letteratura italiana'')
*La volontà è più forte dell'intelletto. {{da controllare|citazione necessaria|Se sai qual è la fonte di questa citazione, inseriscila, grazie.}}
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*L'amore che io avevo ai libri mi era stato istillato nell'animo dal caro e benedetto padre mio, il quale era poeta, e aveva fatto versi improvvisi, e ne scriveva che mi piacevano tanto, ed era bel parlatore, e mi ragionava sempre di uomini grandi e della bellezza del sapere, e mi diceva sempre che nei libri si trova tesori inestimabili. "Quando tu leggerai e intenderai bene [[Virgilio]], [[Lucrezio]], [[Livio]], [[Cicerone]], e poi quando saprai il greco e leggerai [[Omero]], [[Sofocle]], [[Tucidide]], tu ti sentirai più che uomo, ci troverai bellezze divine, sapienza profonda; e se tu lavori, e Iddio ti benedice, tu potrai essere grande anche tu." (p. 6)
*Intanto venne l’agosto, vennero le nuove delle tre giornate di luglio a [[Parigi]]. Che salti, che allegrie, che propositi facevamo noi altri giovani! S’aspettava anche noi il giorno di pigliare le armi, e scoparla una volta per sempre questa razza borbonica nemica di ogni bene e di ogni libertà. Re [[Francesco I delle Due Sicilie|Francesco]] fu atterrito dalla novella. Corse voce che il giovane [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando]], che allora attendeva a riformare l'esercito, dicesse al padre: "Andiamo noi coi nostri soldati a rimettere l’ordine a Parigi". E Francesco rispose: "Che soldati! Ti puzza ancora la bocca di latte, e non sai che bestie sono i francesi". Se è vero, non so; né io ero lì in corte per udire cosiffatto discorso. Si diceva, e io lo ridico. Se è un’invenzione, dentro c’è la verità del carattere del padre e del figliuolo. Sul cominciare di novembre re Francesco morì dopo cinque anni regnati coi preti, con le spie e col carnefice. (p. 14)
*{{NDR|A [[Napoli]] dopo la salita al trono di [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]}} Dopo il 1830 nacque una nidiata di giornali, che sebbene parlassero solo di sole cose letterarie, e dicessero quello che potevanopotevan dire, pure ei si facevano intendere, erano pieni di vita e di brio, e toccavatoccavano quella corda che in tutti risponderispondeva. Era moda parlare d'[[Italia]] in ogni scritturella, si intende già l'Italia dei letterati: e sebbene molti avessero la sacra parola pure al sommo della bocca, nondimeno molti alrialtri l'avevano in cuore. (citato in [[Elena Croce]], ''La patria napoletana'', Mondadori,p. 197421)
*Oggi non si vuol sapere di sette, e va benissimo: ma una volta esse ci sono state, e per esservi dovevano avere la loro ragione. Non bisogna scandalezzarsene e biasimarle così a la cieca, ma considerare che in certi tempi e in certi popoli elle sono una necessità, e moltissimi uomini di virtù e di senno credettero bene di appartenervi. Nei paesi liberi ci sono le parti, le quali sono pubbliche, e adoperano mezzi se non sempre onesti almeno d’un’apparenza legale. Nei paesi servi ci sono le sette, che sono segrete, e che per ira e corruzione non badano troppo alla qualità dei mezzi. Le sette sono una necessità della servitù, e cessano quando l’idea che le ha formate non è più né segreta né di pochi, ma pubblica e generale, e deve diffondersi e volare per tutto. Se volete la farfalla, dovete avere prima il verme. Allora non potevamo in altro modo intenderci, accordarci, tentare libertà, e spargere il seme di quelle idee che han prodotto il frutto che ora apparisce. Non abbiate dunque a male se io vi parlo d'una setta. (p. 30)
*In tutte le cose del mondo un poco d'impostura ci vuole, ed è come il sale che da sapore se è poco, e rende amaro se è molto. L'è una cosa difficile, ma il più difficile e più bello. (p. 30)