Enrico Bellone: differenze tra le versioni

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==''Molte nature''==
 
* {{NDR|Esiste}} una convinzione che è popolare in gran parte della filosofia e del senso comune, e che colloca gli umani in una posizione privilegiata rispetto agli altri corpi viventi […] Essa sostiene […] che solo gli umani possiedono una [[mente]] immateriale – una variante dell'anima – dove alloggiano le idee […] Le idee, quindi, formerebbero quel mondo spirituale che indichiamo con il nome ''cultura'' e al quale solo gli umani possono accedere […] Il mentalismo non è tuttavia in grado di rispondere ai quesiti più elementari che si presentano a chiunque seriamente accetti la distinzione tra mente e corpo […] Dire che la mente è ''misteriosamente'' in grado di regolare il corpo equivale insomma a dire che un arcangelo è ''misteriosamente'' in grado di regolare l'orbita di Marte. Il mentalismo, quindi, va lasciato ai mistici... (Avvertenza per il lettore, pag. 3-4)
 
* Nel respingere il mentalismo si abbandona anche l'illusione che l'uomo sia la misura di tutte le cose […] Ma nel negare questa illusione antropocentrica non si compie un'operazione di svilimento della nostra specie. Al contrario, si coglie la bellezza dell'attività conoscitiva che si produce negli umani e negli altri corpi viventi, tutti insieme indaffarati nelle loro specifiche azioni di adattamento all'ambiente che li ospita. (Avvertenza per il lettore, pag. 4)
 
* Le varie e variabili descrizioni di quel qualcosa di esterno che tutti noi chiamiamo ''[[natura]]'' dipendono dalle operazioni attive che si effettuano nei nostri sensori e nelle nostre reti neurali, e la comunicazione di dati tra gli umani è possibile non perché ci si scambiano idee, ma perché i cervelli e i sensi degli individui della nostra specie sono simili. (Avvertenza per il lettore, pag. 6)
 
* Tutti i corpi viventi – noi compresi – si scambiano informazioni, e queste informazioni sono essenziali per sopravvivere. Lo scambio è governato da norme o categorie che sono innate: l'[[evoluzione]] le ha incardinate nei corpi, e grazie a esse i corpi riescono a interagire con l'ambiente e con altri corpi […] Per quanto riguarda il cervello, si deve sempre tener conto di due circostanze. La prima dice che nelle nostre reti neurali l'evoluzione ha inciso delle norme di base che di solito qualifichiamo in termini di istinto […]. La seconda dice che le nostre reti neurali sono plastiche: imparano dall'esperienza, insomma. Ma la somma di queste due circostanze sfocia in un finale che recide la fonte stessa dell'antropocentrismo, in quanto sottolinea l'assenza di differenze interessanti tra i neuroni e le sinapsi di un pittore, di una lumaca o di un calamaro. (cap. 3, pag. 39)
 
* Se affermiamo che nel cervello di un animale appena nato esistono circuiti innati o regole innate per parlare o per vedere, allora diciamo che gli animali possiedono già dall'inizio un gruppo di norme comportamentali che l'evoluzione ha inserito nei loro corpi e che sono più o meno utili per l'adattamento a un ambiente di cui quegli animali ''non hanno ancora esperienza''. Lo stesso argomento può essere esposto dicendo che da un cervello appena uscito da un utero o da un uovo ''ha un bagaglio di conoscenze elementari che sono necessarie per risolvere problemi che l'ambiente presenta e che quel cervello non ha mai affrontato in precedenza''. (cap. 3, pag. 45-46)
 
* La scoperta della scrittura fu in grado di risolvere problemi fondamentali di sopravvivenza della nostra specie che sorsero quando si effettuò la transizione dalla caccia all'agricoltura e apparvero i primi conglomerati urbani. Quella scoperta fu, sin dall'inizio, correlata a capacità numeriche e geometriche che precedettero nettamente la didattica delle norme elementari di calcolo: da questo punto di vista, l'impiego ''naturale'' di quelle capacità presenta sorprendenti analogie con la ''naturale'' predisposizione umana a emettere stringhe di suoni prima di studiare grammatica e sintassi, e questa nostra predisposizione a parlare ci rinvia direttamente ai codici ''innati'' per la comunicazione che l'evoluzione biologica ha immesso negli esseri umani e negli altri corpi viventi sul nostro pianeta. L'evoluzione culturale della nostra specie ha, quindi, radici biologiche che ci spingono a ''cercare ordine nel brulichio di stimoli che irritano i nostri organi di senso e che i nostri cervelli non possono che riorganizzare con categorie innate''. (cap. 4, pag. 63-64)
 
* "Tutta quanta la nostra vita conoscitiva, biologicamente intesa, fa parte del processo di adattamento". E, come già scriveva Darwin, questi processi non sono regolati da un disegno trascendente e non hanno alcuno scopo prefissato da cogliere. Le prospettive aperte dalla biologia odierna gettano nuove luci sulla nostra storia, e ci possono aiutare a reinterpretare le varie fasi di sviluppo della cultura umana. (cap. 4, pag. 67)
 
* Abbiamo una folla di sensori. Alcuni sono attivi nel selezionare stimoli che arrivano da porzioni di mondo che sono esterne ai nostri corpi. Altri, invece, operano per filtrare stimoli interni di varia origine […] Da sempre tentiamo di descrivere ciò che sta fuori e ciò che sta dentro, e le nostre descrizioni cercano di rappresentare al meglio "ciò che vi è" e che costituisce la fonte degli stimoli. Così fabbrichiamo schemi teorici, grazie ai quali elaboriamo immagini della natura. Ma gli schemi variano e le relative immagini evolvono continuamente. Così mutano le nostre ontologie. Ma la congerie delle varianti non è preordinata dalle nostre intenzioni, e non è irreggimentata da disegni trascendenti […] Le scoperte più importanti sono quasi sempre l'esito imprevisto delle nostre fatiche. Traffichiamo insomma per vedere qualcosa che rientra nelle nostre aspettative, e poi ci troviamo fra le mani qualcosa di completamente diverso. (cap. 7, pag. 111)
 
* Se teniamo conto di quanto risulta dalla storia della scienza, allora troviamo molti motivi per accettare, come ragionevole, un punto di vista che si regge su due argomenti. Il primo asserisce che attorno a noi c'è una congerie di cose che esistono per conto loro, indipendentemente da noi. Il secondo invece sostiene che ciò che indichiamo abitualmente con il nome ''natura'' è una variabile costruzione umana. E questa variabilità dipende dall'evoluzione delle teorie, la quale coinvolge di continuo l'introduzione o l'eliminazione di oggetti intermedi – orbi celesti, fluidi calorici o magnetici, eteri luminiferi, atomi vorticosi, elettroni – la cui esistenza è, di volta in volta, indispensabile per collegare gli schemi teorici e i risultati sperimentali con i dati di senso comune. (cap. 8, pag. 129)
 
* ...nessuna conclusione è certa: ogni asserto umano, quale che sia la sua struttura, è provvisorio e suscettibile di controversie. [[Relativismo]]? Certamente. Solo gli dei promulgano verità non negoziabili. Gli umani, invece, fabbricano teorie per meglio adattarsi al loro ambiente. (cap. 8, pag. 131)
* La [[conoscenza]] è un bricolage, e le forme della conoscenza non si esauriscono nella scienza, ma si estendono a ogni manifestazione culturale […] Il [[cervello]] di un essere umano non è un cronista, ma è un generatore di innovazioni che debbono poi sottostare al tribunale della selezione. (cap. 8, pag. 131-132)
 
==[[Incipit]] di ''Spazio e tempo nella nuova scienza''==
* La [[conoscenza]] è un bricolage, e le forme della conoscenza non si esauriscono nella scienza, ma si estendono a ogni manifestazione culturale […] Il [[cervello]] di un essere umano non è un cronista, ma è un generatore di innovazioni che debbono poi sottostare al tribunale della selezione. (cap. 8, pag. 131-132)
La prima via d'ingresso alla conoscenza è unica e stretta. Passa infatti per quelle sole zone della nostra superficie corporea che sono il risultato dell'evoluzione biologica e che abbiamo battezzato con l'espressione recettori sensoriali. Unica, certo: non possiamo far altro, all'inizio, che percepire il mondo esterno mediante un corredo dato di recettori biologici. All'inizio, certo. E poi? Molte cose sono dovute accadere prima che gli adulti imparassero a fabbricare con le mani quegli oggetti che chiamiamo manufatti, e moltissime altre cose sono poi successe prima che dal mondo dei manufatti emergessero infine quelle strutture materiali che funzionano come amplificatori del nostro comune corredo di recettori sensoriali o come veri e propri sensori artificiali: occhiali e radiotelescopi, termometri e orologi.
 
==Bibliografia==
*Enrico Bellone, ''Molte nature. Saggio sull'evoluzione culturale'', Raffaello Cortina Editore, Milano 2008, ISBN 9788860302151
*Enrico Bellone, ''Spazio e tempo nella nuova scienza'', La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1994. ISBN 884300137X ([http://www.liberliber.it www.liberliber.it])
 
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