Rod Serling: differenze tra le versioni

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===''L'umanità è scomparsa''===
====''Il grande Casey''====
Esiste un grande stadio, fatiscente al massimo, coperto di erbacce d’ognid'ogni genere, chiamato, ogniqualvolta se ne parla (il che avviene di rado oggigiorno) il Campo Tebbet. È situato in un quartiere di New York di nome Brooklyn. Parecchi anni fa questo stadio ospitava una società sportiva chiamata i Brooklyn Dodgers, una squadra che faceva parte della National League. Oggi il Campo Tebbet, come abbiamo detto, non accoglie altro che memorie, qualche fantasma, una fila dopo l’altral'altra di gradinate in legno ormai marce e pavimenti in cemento pieni di crepe. Niente si muove più in questo spazio vuoto e squallido, tranne l’erbal'erba alta in quelli che un tempo erano “il"il diamante”diamante" e “l’outfield”"l'outfield", la zona esterna. Anche il vento soffia attraverso la gabbia dietro il piatto del battitore e ulula fra i travicelli della tribuna coperta.
 
====''Clausola di annullamento''====
Walter Bedeker era a letto e aspettava il dottore. Indossava una vestaglia pesante di lana, sopra un pigiama di lana altrettanto pesante. Aveva la testa avvolta in una sciarpa, anch’essaanch'essa di lana, legata sotto il mento con un grosso fiocco. Sul comodino c’erac'era un vassoio pieno di bottigliette: pillole, lozioni, antibiotici, spray nasale e per la gola, gocce per le orecchie e per il naso, tre scatole di Kleenex e un libro intitolato ''Come essere felici anche se costretti a letto''. Guardò cupamente verso il soffitto e strizzò gli occhi irritato, verso la porta dalla quale giungeva il rumore dei passi della moglie, in transito dalla cucina al soggiorno.
 
====''Solo una passeggiata''====
Si chiamava Martin Sloan, aveva trentasei anni. Mentre si guardava nello specchio del comò, provava quella sorpresa ricorrente ogniqualvolta vedeva riflessa la propria immagine: che quell’uomoquell'uomo alto, di bell’aspettobell'aspetto, fosse lui stesso e che quell’immaginequell'immagine non riflettesse affatto quello che c’erac'era sotto. Era Martin Sloan, altezza oltre un metro e ottanta, viso asciutto e abbronzato, naso diritto, mento volitivo, qualche filo grigio alle tempie, denti regolari. Nel complesso una bella faccia. L’inventarioL'inventario allo specchio continuava: vestito dei Brooks Brothers, negligentemente perfetto, camicia Hathway e cravatta di seta, orologio sottile d’orod'oro, tutto così intonato, così pieno di gusto.
 
====''Febbre''====
Le cose andavano in questo modo per Franklin Gibbs: conduceva una vita modesta, pianificata con cura, costruita con precisione. Questa prevedeva una riunione settimanale di ''Kiwanis'' il giovedì sera all’Hotelall'Hotel Salinas, un gruppo di studio per adulti patrocinato dalla sua Chiesa il mercoledì sera, funzioni religiose ogni domenica mattina, il lavoro di cassiere presso la banca locale e una sera alla settimana passata con gli amici a giocare a ''parchesi'' o a qualcosa di altrettanto eccitante. Era un ometto magro, diritto, di mezza età. Aveva le spalle strette e le teneva costantemente puntate indietro come una burba di West Point. Portava un gilet attillato che gli copriva il petto da piccione. Teneva all’occhielloall'occhiello lo spillo dei dieci anni di fedeltà dei ''Kiwanis'' e, sopra, quello dei quindici anni di servizio alla banca, conferitogli dallo stesso Direttore. Abitava con la moglie in via degli Olmi, in una piccola casa con due camere costruita venti anni prima. Aveva un giardino piccolo sul retro e sul davanti un pergolato di rose, passione del signor Gibbs.
 
====''L’umanitàL'umanità è scomparsa''====
Non aveva mai provato niente del genere. Si svegliò ma non ricordò di essere andato a dormire; e ciò che lo rese ancora più perplesso, fu il fatto di non essere a letto. Stava camminando su una strada a due corsie, nera, bitumata, con una striscia di un bianco vivo nel mezzo. Si fermò, osservò il cielo blu: era mattino inoltrato ed il sole bruciava. La campagna lo circondava, la strada era fiancheggiata da alberi alti con tutto il fogliame in rigoglio. Vedeva, al di là degli alberi, campi biondi di grano che ondeggiavano al vento.
 
====''Arrivano i mostri in Via degli Aceri''====
Era un sabato pomeriggio in Via degli Aceri e l’ultimol'ultimo sole conservava un po’po' del calore dell’estatedell'estate di San Martino che durava oltre il previsto. La gente in strada si meravigliava del ritardo dell’invernodell'inverno e ne approfittava; tagliavano l’erbal'erba dei prati davanti alle case, lustravano le auto, i ragazzi giocavano al ''mondo'' sul marciapiede. Il vecchio signor Van Horn, il patriarca della strada che viveva da solo, aveva tirato fuori la sega elettrica e preparava nuovi paletti per la staccionata. Il gelataio passò all’angoloall'angolo della via e fu sommerso dai ragazzi e da grida come “Aspetta"Aspetta un minuto!" lanciate da quelli che si affrettavano a spillare nichelini ai loro genitori. Erano le 16 e 40; una radio portatile su una veranda trasmetteva una partita di football e faceva un grande strepito. Il chiasso si fondeva con gli altri rumori di un sabato pomeriggio di ottobre. Via degli Aceri, 16 e 40: Via degli Aceri nei suoi ultimi momenti di calma e ragione, prima che arrivassero i mostri.
 
==Bibliografia==