Patricia Cornwell: differenze tra le versioni

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==[[Incipit]] di alcune opere==
===''Causa di morte''===
Accesi il fuoco e sedetti dirimpetto alla finestra di oscurità che al sorgere del sole avrebbe inquadrato il mare: era l'ultimo mattino dell'anno più sanguinoso che la Virginia ricordasse dai tempi della guerra civile. In vestaglia, nel cono di luce della lampada, sfogliavo le statistiche annuali di incidenti automobilistici, suicidi, risse, sparatorie, accoltellamenti redatte dal mio ufficio, quando, alle cinque e quindici, il telefono si mise a squillare.<br>
 
{{NDR|Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Anna Rusconi}}
 
===''Il Cimitero dei senza nome''===
LA NOTTE PRIMA DI NATALE<br>
Si addentrò a passo sicuro nella neve alta di Central Park. Era tardi, ormai, anche se non sapeva esattamente che ore fossero. Le rocce in direzione del Ramble erano una massa nera sotto le stelle. Riusciva a udire e a vedere il proprio respiro: Temple Gault non era come tutti gli altri. Era sempre stato un essere magico, un dio incarnatosi in un corpo umano. Camminava là dove chiunque altro avrebbe scivolato, e non conosceva la paura. Da sotto la visiera del cappello da baseball, i suoi occhi scandagliavano l'oscurità.<br>
{{NDR|Mondadori, traduzione di Anna Rusconi}}
 
===''La fabbrica dei corpi''===
Davanti alla mia finestra ombre di cervi balenavano al limitare della scura boscaglia, mentre il sole faceva capolino dal confine della notte. Era il sedici ottobre. Intorno a me le tubature gemevano, e a una a una anche le altre stanze si illuminarono, mentre secche esplosioni provenienti da poligoni di tiro invisibili crivellavano l'alba. Ero andata a letto e mi ero alzata accompagnata da un sottofondo di spari.
{{NDR|Mondadori, traduzione di Anna Rusconi}}
 
===''Il nido dei calabroni''===
L'[[estate]] incombeva fosca su Charlotte. Tremuli luccichii balenavano sull'asfalto bollente. Il traffico del [[mattino]] premeva verso le lusinghe del [[futuro]], nuovi edifici spuntavano, il [[passato]] si arrendeva ai bulldozer. Dal centro[[città]] si impennavano i sessanta piani dell'USBank Corporate Center, sormontati da una corona di canne d'organo inneggianti al dio [[denaro]]. Capitale dell'ambizione e del cambiamento, Charlotte era cresciuta così in fretta da non riuscire piùa orientarsi nelle sue stesse [[Via|strade]]. Il suo sviluppo non conosceva tregua spesso era goffo come quello di un adolescente, o troppo pieno di ciò che i suoi primi coloni avevano chiamato [[orgoglio]].<br>
 
{{NDR|Patricia Cornwell, ''Il nido dei calabroni'', (''Hornet's Nest''), traduzione di Anna Rusconi, Arnoldo Mondadori Editore 1999.}}
 
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Chiudo gli occhi e respiro lentamente.
 
Ricordo quando rastrellavo il fieno, sotto il sole cocente, e in confronto ai bianchi non mi davano niente. Sogno di abbrustolire noccioline in una latta, e di sgranocchiare pomodori come mele mature. Immagino di guidare il camioncino, la faccia rigata di sudore in quel posto odiato che giuravo avrei lasciato.<br>
 
{{NDR|Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Anna Rusconi}}
 
===''L'ultimo distretto''===
Il freddo dà una sfumatura livida al buio del crepuscolo e sono contenta che le tende di camera mia siano abbastanza pesanti da nascondere l'ombra riflessa sui vetri mentre faccio le valigie. La vita non potrebbe essere più assurda, in questo momento.<br>
"Ho voglia di bere" dichiaro aprendo un cassetto del comò. "Ho voglia di accendere il camino, di bere qualcosa e di farmi una pasta. Tagliatelle paglia e fieno con i peperoni e la salsiccia. È da un sacco di tempo che ho intenzione di prendermi un anno sabbatico e andare in Italia, imparare l'italiano per davvero. Imparare a parlarlo, non solo a pronunciare il nome di qualche piatto. Oppure in Francia. Sì, in Francia. Ci andrei anche adesso" aggiungo con un tono di rabbiosa impotenza. "Potrei andare a stare a Parigi. Senza problemi." È il mio modo di rifiutare la Virginia e tutti quelli che ci vivono.<br>
 
{{NDR|Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Annamaria Biavasco}}
 
===''La fabbrica dei corpi''===
Davanti alla mia finestra ombre di cervi balenavano al limitare della scura boscaglia, mentre il sole faceva capolino dal confine della notte. Era il sedici ottobre. Intorno a me le tubature gemevano, e a una a una anche le altre stanze si illuminarono, mentre secche esplosioni provenienti da poligoni di tiro invisibili crivellavano l'alba. Ero andata a letto e mi ero alzata accompagnata da un sottofondo di spari.<br>
{{NDR|Mondadori, traduzione di Anna Rusconi}}
 
===''Oggetti di reato''===
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Dear M.<br>
sono passati trenta giorni di delicate sfumature di sole e di cambi di vento. Penso troppo e non sogno.
Trascorro quasi tutti i pomeriggi in veranda da Loui's, a scrivere e a guardare il mare. Sopra il mosaico di lingue di sabbia l'acqua è color smeraldo screziato, verde azzurra dove si fa più profonda. Il cielo continua all'infinito, le nuvole sono bianchi batuffoli in perenne movimento, come fumo. Una brezza costante si porta via i rumori della gente che nuota e delle barche a vela che gettano l'ancora appena oltre gli scogli.<br>
{{NDR|Mondadori, traduzione di Lucio Angelini}}
 
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Venerdì 6 giugno a Richmond pioveva.
 
L'acquazzone incessante, cominciato all'alba, aveva infierito sui [[giglio|gigli]] riducendoli a nudi steli e sparso foglie sull'asfalto e sui marciapiedi. Rivoli d'acqua correvano per le strade; nei campi da gioco e nei prati si allargavano grandi pozze. Andai a dormire con il sottofondo della pioggia che scrosciava sulle lastre di ardesia del tetto e, mentre la notte sfumava nella nebbia dell'aurora del sabato, feci un sogno orribile. Al di là dei vetri della finestra striati di pioggia apparve un volto livido, dai tratti informi e inumani come quelli delle bambole fatte con le calze di nailon. La finestra era buia quando la sagoma apparve, simile a uno spirito maligno, intenta a scrutare all'interno. Mi svegliai e fissai l'oscurità. Soltanto quando il telefono squillò di nuovo capii cosa mi aveva destato. Trovai la cornetta senza annaspare.<br>
 
{{NDR|Mondadori, traduzione di Marco Amante}}