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*Una persona intelligente deve dedicarsi ad acquisire quel che è strettamente necessario, per non dipendere da nessuno; ma se, raggiunta questa sicurezza, perde tempo per aumentare la sua ricchezza, è un poveraccio.
 
==''La certosaCertosa di Parma''==
===[[Incipit]]===
Il 15 [[maggio]] 1796 fece il suo ingresso in [[Milano]] il generale [[Napoleone Bonaparte|Bonaparte]] a capo del giovane esercito che, varcando il ponte di Lodi, aveva testé annunciato al [[mondo]] che dopo tanti secoli [[Giulio Cesare|Cesare]] ed [[Alessandro Magno|Alessandro]] avevano un successore. I [[miracolo|miracoli]] di valore e di [[genio]] a cui assistette l'[[Italia]] nel volgere di pochi mesi ridestarono un [[popolo]] addormentato; i [[Milano|Milanesi]], non più di otto [[giorno|giorni]] prima che arrivassero i [[Francia|Francesi]], li reputavano solo una acozzagliaaccozzaglia di briganti, abituati immancabilmente a scappare davanti alle truppe di Sua Imperial Regia Maestà: era comunque quanto si sentivano ripetere tre volte la settimana da un giornaletto grande un palmo, stampato su cartaccia.
 
===Citazioni===
*Quella specie di [[coraggio]] ridicolo che si chiama rassegnazione. (Libro Primo – capitoloCapitolo II)
*Soprattutto non bisogna formulare obiezioni mediante i vari pezzi della propria [[ignoranza]]." (capitoloLibro Primo - Capitolo VII)
*Un individuo anche mezzo scemo, ma che sia accorto, sempre prudente, assapora spesso il [[piacere]] di avere la meglio sugli uomini di immaginazione." (capitoloLibro Primo - Capitolo X)
*[Fabrizio] chiedeva perdono a Dio per molte cose; ma, fatto notevole, non pensò neppure ad annoverare tra i suoi peccati il progetto di diventare arcivescovo, per la semplice ragione che il conte Mosca era primo ministro e giudicava quel posto e i suoi svariati privilegi convenienti al nipote della duchessa. Fabrizio l'aveva desiderato senza eccessivo slancio, è vero, però ci aveva pensato spesso, proprio come avrebbe fatto per un posto di ministro o di generale. Non gli era mai passato per la testa che la sua coscienza potesse avere voce in capitolo nel progetto della duchessa: e questo è un esempio concreto della strana forma di religione imparata da Fabrizio presso i gesuiti di Milano. È una religione che ''toglie il coraggio di pensare alle cose che non rientrano nelle abitudini'', e vede nell'esame di coscienza il più grave di tutti i peccati, perché rappresenta un passo avanti verso il protestantesimo. Per sapere di cosa si è colpevoli, bisogna chiederlo al prete, oppure leggere la lista dei peccati così come appare nei libri intitolati "Preparazione al sacramento della Penitenza". Fabrizio sapeva a memoria la lista dei peccati redatta in latino; l'aveva imparata all'Accademia Ecclesiastica di Napoli. Mentre la recitava, arrivato alla voce "delitto", si era accusato davanti a Dio di avere ucciso un uomo, anche se per legittima difesa. Aveva rapidamente elencato, ma senza farci attenzione, i diversi articoli relativi al peccato di simonia (procurarsi attraverso il denaro le dignità ecclesiastiche). Se gli avessero chiesto cento luigi per diventare primo gran vicario dell'arcivescovo di Parma, avrebbe respinto la proposta con sdegno; ma, pur non mancando di intelligenza né di logica, non gli venne mai in mente che impiegare a suo vantaggio l'autorità del conte Mosca fosse una simonia. E qui trionfa l'educazione gesuitica: abituare la gente a non fare attenzione a cose più chiare della luce del sole. Un francese cresciuto all'insegna dell'interesse personale e nutrito di ironia parigina avrebbe facilmente, e in buona fede, accusato Fabrizio di ipocrisia, proprio nel momento in cui il nostro eroe apriva il suo cuore a Dio con la più grande sincerità e la più profonda commozione. " (capitoloLibro Primo - Capitolo XII)
*L'[[amore]] coglie sfumature invisibili a un occhio indifferente e ne trae conseguenze infinite." (capitoloLibro Secondo - Capitolo XVIII)
*L'amante pensa più spesso a giungere presso la sua diletta che non il [[marito]] a custodire la [[moglie]]; il prigioniero pensa più spesso a fuggire che non il carceriere a chiudere la porta; quali che siano dunque gli ostacoli, l'amante e il [[Prigione|prigioniero]] debbono riuscire." (capitoloLibro Secondo - Capitolo XIX)
*La sua {{NDR|di Clelia}} profonda fede e la fiducia nell'aiuto della Madonna, erano ormai le sue uniche risorse.
*Quale insolenza verso me stesso! Perché dovrei credere di essere più intelligente oggi di quando presi la decisione [per cambiarla]?" (capitoloLibro Secondo - Capitolo XXI)
*È esatto dire che, in mezzo ai bassi interessi del denaro e alla scolorita freddezza dei pensieri volgari che riempiono la nostra vita, le azioni ispirate da una vera [[passione]] mancano raramente di produrre il loro effetto, quasi che una divinità propizia si desse premura di condurle per mano." (capitoloLibro Secondo - Capitolo XXII)
 
{{NDR|Stendhal, ''Romanzi e frammenti (1819 – 1842)'', traduzione di Renato Pinzhofer, U. Mursia & C., Milano 1965}}
 
===[[Explicit]]===
Le prigioni di Parma erano vuote, il conte immensamente ricco, Ernesto V adorato dai suoi sudditi, che comparavano il suo governo a quello dei granduchi di Toscana.
<center> TO THE HAPPY FEW </center>
 
{{NDR|Stendhal, ''La Certosa di Parma'', traduzione di Annamaria Laserra, Gruppo Editoriale L'Espresso SpA, Roma, 2004}}
 
== ''Il rosso e il nero'' ==
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*L'aria malinconica non è di buon gusto; ci vuole l'aria annoiata. Se siete malinconico, è segno che qualcosa vi manca, che non siete riuscito in qualche cosa. È un segno manifesto d'inferiorità. Invece se siete annoiato, è inferiore ciò che ha cercato vanamente di piacervi. (1990)
*No, le persone che il mondo onora non sono che delle canaglie che hanno avuto la fortuna di non essere colte in flagrante. (1990)
 
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
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== Bibliografia ==
* Wendy Grisworld, ''Sociologia della cultura'' (''Cultures and Societes in a Changing World'', 1994), traduzione di Marco Santoro, Il Mulino, Bologna, 1997.
*Stendhal, ''La Certosa di Parma'', traduzione di Annamaria Laserra, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma, 2004.
*Stendhal, ''Il rosso e il nero'', traduzione di Diego Valeri, G. C. Sansoni, Firenze, 1967.
*Stendhal, ''Il rosso e il nero (Cronaca del 1830)'', traduzione di [[Massimo Bontempelli]], Istituto Editoriale Italiano, Milano, 1929.