Silvio Ceccato: differenze tra le versioni

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*Nessuna [[gioia]] è più grande del sentire la propria [[mente]] che si espande. (da ''Mille tipi di bello'', Stampa alternativa, Milano, 1994)
*Occorre far incontrare [[bambini]] e ragazzi con l'eccezione, ché a fargli incontrare la normalità ci pensa la vita. (da ''Mille tipi di bello'')
*Se tu mi dai una moneta e io ti do una moneta ognuno di noi ha una moneta. Se tu mi dai un'idea e io ti do un'idea ognuno di noi ha due idee.{{c|Fonte?}}
 
==''Ingegneria della felicità''==
===[[Incipit]]===
''Dammi del tu''<br>Di solito, parlando di «sociale» e di socialità si pensa a qualcuno ben disposto verso gli altri, che li rispetta, anzi con essi scambia attenzioni, favori, etc.. Ma già la parola «[[società]]» allontana da questa intenzionalità positiva. Abbiamo le lotte sociali. Come potrebbe essere? Allora si è portati piuttosto a pensare a persone che si ragruppano. Ma la situazione, all'indagine più curiosa, ancora non può sentirsi soddisfatta. È un raggrupparsi per trovarsi insieme in un certo luogo. Con distanza di un metro, cento, mille? I gruppi di nomadi nel deserto formano tra loro una società? E poi, anche trovandosi vicini, siamo sicuri che in un miscuglio di bianchi e neri e gialli, si avvertirebbe tutti l'appartenenza ad «una» società, la stessa?<br>Viene in mente lo scambio. Ci si influenza reciprocamente? Ma come? Più [[Essere|esseri]] viventi in un luogo chiuso modificano certe proprietà dell'aria, componenti, temperatura, umidità etc. Ma questo verrebbe fatto anche se con gli [[Uomo|uomini]] convivessero gli animali. Basta dunque lo scambio a fare una società?
 
===Citazioni===
*La maggior [[forza]] dell'uomo a tutte le età è che egli si dia un [[futuro]]. E felice chi riesce a prospettarselo e se lo conquista passo passo, e per questo futuro se ne fa i meriti, che sono la salute conservata, lo studio condotto con convinzione, e simili. (p. 30)
*Il giovane diffida del futuro anche perché nella pluralità delle voci dell'[[etica]] non saprebbe quale scegliere e perché nell'esplosione dell'automazione non riesce a concepirsi se non nell'altenativa del [[tempo]] occupato lavorativamente e del tempo vuoto lavorativamente. (p. 31)
*La diffidenza costituisce forse il maggior attentato alla società e così alla [[gioia]] di un convivere, convergere. Ma vi ci si rifugia spesso per sfuggire alla tristezza di una confidenza che si riveli malriposta, tradita. (p. 35)
*[...] chi parla di giusto ed ingiusto, chi invoca giustizia, rimane per lo più interdetto se gli si chiede che cosa intende dire con quella parola. [[Eutifronte]], nel dialogo platonico, sentenzia: «È giusto e pio quello che faccio io!». Credo però che l'espressione più illuminante si trovi nelle [[Parola|parole]] del [[poeta]]: «Umano sei, non giusto». (p. 37)
*L'invidioso è destinato a non godere mai. (p. 54)
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*Una ricetta sicura di infelicità? Il sommarsi di due «rimedi». (p. 62)
* La differenza tra l'uomo della strada e lo scienziato è dunque questa, che se l'uno riprova lo fa per una immediata necessità, curiosità accidentale, diletto, mentre l'altro lo fa di mestiere. (p. 84)
 
==Bibliografia==
*Silvio Ceccato, ''Ingegneria della felicità'', Edizione CDE, [[Milano]] 1986.
 
== Altri progettiFilm==
*''[[32 dicembre]]'' (1988)
 
==Altri progetti==
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