Lev Tolstoj: differenze tra le versioni

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*Un alleato deve essere sorvegliato proprio come un [[nemico]].
*Un [[sacrificio]] compiuto per esigenza di onestà è la più alta gioia dello spirito.
*Un uomo è come una frazione il cui numeratore è quello che è, e il cui denominatore quello che pensa di sé. Più grande è il denominatore, minore la frazione.
 
==''Resurrezione''==
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Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra su cui si accalcavano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto estirpassero qualsiasi filo d'erba che riusciva a spuntare, per quanto esalassero fiumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, – la primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava, l'erba, riprendendo vita, cresceva e rinverdiva ovunque non fosse strappata, non solo nelle aiuole dei viali, ma anche fra le lastre di pietra, e betulle, pioppi, ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie vischiose e profumate, i tigli gonfiavano i germogli fino a farli scoppiare; le cornacchie, i passeri e i colombi con la festosità della primavera già preparavano nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri, scaldate dal sole.<br>Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, e i bambini. Ma gli uomini – i grandi, gli adulti – non smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene di tutte le creature, la bellezza che dispone alla pace, alla concordia e all'amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi l'un l'altro.
 
===CitazioniParte prima===
*Allora era un giovane onesto, altruista, pronto a dedicarsi a ogni buona causa, adesso era un corrotto, raffinato egoista, amante solo del suo piacere. [...] E tutto questo terribile mutamento si era compiuto in lui solo perché aveva cessato di credere a se stesso e aveva cominciato a credere agli altri.
*In Nechljudov, come in tutti, c'erano due uomini. L'uomo spirituale, che cerca per sé solo quel bene che possa essere un bene anche per il prossimo, e l'altro, l'uomo animale, che cerca il bene solo per sé e per questo bene è pronto a sacrificare il bene del mondo intero.
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*Ogni [[uomo]], per agire, ha bisogno di credere importante e buona la propria attività. E per questo, qualunque sia la sua condizione, egli non mancherà di crearsi una visione della vita umana in genere, alla luce della quale la sua attività possa apparirgli importante e buona.<br>Di solito si pensa che il ladro, l'assassino, la spia, la prostituta, riconoscendo cattiva la propria professione, debbano vergognarsene. Invece accade esattamente il contrario. Gli uomini che il destino e i loro peccati o errori hanno posto in una determinata condizione, per quanto sbagliata sia, si creano una visione della vita in genere alla luce della quale questa condizione possa apparir loro buona e rispettabile. Per sostenere poi tale visione gli uomini si appoggiano istintivamente a una cerchia di persone in cui venga riconosciuto il concetto che si sono creati della vita e del loro posto in essa. La cosa ci sorprende quando i ladri si vantano della loro destrezza, le prostitute della loro depravazione, gli assassini della loro crudeltà. Ma ci sorprende solo perché la cerchia, l'ambiente di queste persone è circoscritto, e soprattutto perché noi ne siamo al di fuori. Ma non capita forse lo stesso fenomeno fra i ricchi che si vantano delle loro ricchezze, cioè di ladrocinio, fra i capi militari che si vantano delle loro vittorie, cioè di omicidio, fra i sovrani che si vantano della loro potenza, cioè di sopraffazione? Noi non vediamo in queste persone un concetto distorto della vita, del bene o del male, volto a giustificare la loro condizione, solo perché la cerchia di persone con tali concetti distorti e più vasta, e noi stessi vi apparteniamo.
*Una delle superstizioni più frequenti e diffuse è che ogni [[uomo]] abbia solo certe qualità definite, che ci sia l'uomo buono, cattivo, intelligente, stupido, energico, apatico, eccetera. Ma gli uomini non sono così. Possiamo dire di un uomo che è più spesso buono che cattivo, più spesso intelligente che stupido, più spesso energico che apatico, e viceversa: ma non sarebbe la verità se dicessimo di un uomo che è buono o intelligente, e di un altro che è cattivo, o stupido. E invece è sempre così che distinguiamo le persone. Ed è sbagliato. Gli uomini sono come i fiumi: l'acqua è in tutti uguale e ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora tranquillo, ora limpido, ora freddo, ora torbido, ora tiepido. Così anche gli uomini. Ogni uomo reca in sé, in germe, tutte le qualità umane, e talvolta ne manifesta alcune, talvolta altre, e spesso non è affatto simile a sé, pur restando sempre unico e sempre se stesso.
===Parte seconda===
*Per Nechljudov quella notte era più che allegra. Era per lui una notte gioiosa, felice. La fantasia rinnovava per lui le impressioni di quell'estate felice che aveva trascorso lì, giovane innocente, e adesso si sentiva come era stato non solo allora, ma in tutti i momenti migliori della sua vita. Non solo si ricordò, ma si sentì come quando, ragazzo di quattordici anni, pregava Dio che gli rivelasse la verità, come quando bambino piangeva sulle ginocchia della madre, prima di separarsi da lei, promettendole di essere sempre buono e di non darle dispiaceri, – si sentì come quando lui e Nikolen'ka Irtenev avevano deciso che si sarebbero sempre aiutati a vivere una vita buona e avrebbero cercato di rendere felici tutti gli uomini.
*Nechljudov ricordò che a Kuzminskoe aveva cominciato a meditare sulla sua vita, a chiedersi cosa avrebbe fatto e in che modo, e ricordò come si fosse smarrito in quelle domande senza trovare una risposta: tante erano le considerazioni che accompagnavano ognuna di esse. Ora si pose le stesse domande e si stupì di quanto tutto fosse semplice. Era semplice perché adesso non pensava a cosa sarebbe stato di lui, e neppure gli interessava, ma pensava solo a ciò che doveva fare. E, stranamente, non riusciva proprio a decidere che cosa fosse necessario per sé, mentre che cosa doveva fare per gli altri lo sapeva con certezza. Sapeva adesso con certezza che doveva dare la terra ai contadini, perché tenerla era male. Sapeva con certezza che non doveva abbandonare Katjuša, ma aiutarla, essere pronto a tutto per riscattare la sua colpa verso di lei. Sapeva con certezza che doveva studiare, approfondire, chiarire a se stesso, capire tutte quelle questioni di tribunali e pene, in cui sentiva di vedere qualcosa che non vedevano gli altri. Non sapeva quale ne sarebbe stato il risultato, ma sapeva con certezza che tutte e tre le cose gli erano indispensabili, e doveva farle. E questa assoluta sicurezza gli dava gioia.
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*Mentre preparava le valigie e le carte, Nechljudov si soffermò sul suo diario, ne rilesse alcuni passi e le ultime cose scritte. Prima di partire per Pietroburgo aveva annotato: «Katiuša non vuole il mio sacrificio, ma il suo. Lei ha vinto, e io ho vinto. Mi riempie di gioia per il mutamento interiore che mi pare (non oso ancora crederci) stia avvenendo in lei. Non oso ancora crederci, ma mi pare che torni a vivere». Sulla stessa pagina, di seguito, era scritto: «Ho passato un momento molto difficile e molto gioioso. Ho saputo che si era comportata male in infermeria. E a un tratto ho provato un dolore terribile. Non mi aspettavo un dolore simile. Le ho parlato con ripugnanza e odio e poi mi sono ricordato di me, di quante volte anche ora, sia pure nei pensieri, sono stato colpevole di ciò per cui la odiavo, e a un tratto nello stesso momento ho trovato disgustoso me stesso e pietosa lei, e mi sono sentito molto bene. Se solo sapessimo vedere in tempo la trave nel nostro occhio, quanto saremmo più buoni». Alla data di quel giorno scrisse: «Sono stato da Nataša e proprio perché ero contento di me sono stato cattivo, aggressivo, e me ne è rimasta una sensazione penosa. Ebbene, che devo fare? Da domani comincia una nuova vita. Addio vecchia vita, per sempre. Molte impressioni si sono accumulate, ma non riesco ancora a ricondurle a unità».
*Inspirando la frescura umida e l'odore di pane della terra che da tempo aspettava la pioggia, guardò i giardini e i boschi che correvano via, i campi gialli di segale, le strisce ancora verdi dell'avena e i solchi neri con le macchie verde scuro delle patate in fiore. Tutto pareva ricoperto da una vernice: il verde diventava più verde, il giallo più giallo, il nero più nero.<br>– Ancora, ancora! – diceva Nechljudov, lieto dei campi, dei giardini e degli orti che riprendevano vita sotto la pioggia benefica.
===Parte terza===
*Simonson, in giacca di guttaperca e calosce di gomma, fissate sopra le calze di lana con pezzi di spago (era vegetariano e non usava pelli di animali uccisi), era anche lui in cortile, in attesa della partenza del convoglio. Ritto davanti alla scaletta, stava annotando sul suo taccuino un pensiero che gli era venuto in mente. Il pensiero era il seguente:<br>«Se un batterio, – scriveva – osservasse e studiasse l'unghia di un uomo, potrebbe crederla sostanza inorganica. Allo stesso modo noi, osservandone la crosta, consideriamo sostanza inorganica il [[terra|globo terrestre]]. Ed è sbagliato».
*Le capacità intellettuali di quest'uomo – il suo numeratore – erano grandi; ma la sua opinione di sé – il suo denominatore – era così sproporzionatamente alta che aveva da tempo superato le sue capacità intellettuali. La vita spirituale di quest'uomo era diametralmente opposta a quella di Simonson.
 
===[[Explicit]]===