Fausto Coppi: differenze tra le versioni

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* Riesco solo a ricordare Fausto senza alcun difetto. ([[Adriano De Zan]])
* La struttura morfologica di Coppi, se permettete, sembra un invenzione della natura per completare il modestissimo estro meccanico della bicicletta. ([[Gianni Brera]])
Livio suo fratello: Fausto, un fratello splendido! Le gioie che mi ha procurato sono indescrivibili.
Ero in Russia, sul Don, quando ha deciso di tentare il record dell'ora.
La combinazione ha voluto che il tentativo l'abbia fatto il giorno in cui tornavo.
Avevo ottenuto l'avvicinamento alla famiglia perchè eravamo tre fratelli a militare: io, Fausto e Serse.
Quando il treno si è fermato a Tarvisio, dove avvenivano certi controlli, ho comperato " La Gazzetta dello Sport " e ho letto in prima pagina che Fausto aveva battuto il record.
Non vedevo l'ora di arrivare a casa.
A Tortona ho potuto abbracciare Fausto.
Abbiamo dormito nella stessa camera d'albergo a San Marzano.
Ricordo che mi ha detto: " è stata molto dura e non lo farò mai più! ".
Mi ha commosso.
Per me, però, la più grande impresa, Fausto l'ha fatta nella tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d'Italia del 1949.
Sapevo già alla vigilia delle sue intenzioni.
Quando Fausto era convinto, si poteva essere sicuri.
Che giornata! La gente, vedendolo solo al comando, sembrava impazzita.
Un altro episodio che mi torna sempre alla mente riguarda il Giro dell'Appennino del 1955.
L'organizzatore della corsa, Luigi Ghiglione, era venuto da Pontedecimo per pregarlo di correre.
Fausto assicurò: " vengo per vincere, ma alla sola condizione che si provveda, con un servizio d'ordine speciale, ad impedire ai tifosi di spingere. Nessuno, dico nessuno, dev'essere spinto ".
Alla partenza disse ai compagni di squadra: " ragazzi, lavorate come sapete fare voi per i primi chilometri e ritiratevi pure che al resto ci penso io ".
Seguivo la corsa e quando, a Ronco, si presentò solo davanti al passaggio a livello chiuso, fummo io e l'amico Guido Gianni ad alzare le sbarre.
Fu la sua ultima vittoria importante per distacco in una corsa in linea.
Un'altra cosa che ricordo bene riguarda Zambrini.
Era direttore commerciale della Bianchi e quando è venuto a Tortona per convincere Fausto ad andare alla Bianchi, mi ha fatto una certa impressione.
Fausto non voleva andare alla Bianchi perchè diceva che chi correva per la Bianchi non vinceva il Giro d'Italia.
Lui il Giro lo aveva vinto, ma correva per la Legnano.
Alla fine si decise e la felicità di Zambrini fu grandissima.
Altro bel ricordo: la sera dell'incontro con Patterson al Vigorelli, dopo il vittorioso mondiale di Lugano, qualcuno era preoccupato.
Il massaggiatore Cimurri fra questi.
Fausto, con il morale alle stelle, disse ridendo che avrebbe battuto l'australiano con una gamba sola.
Tutta quella gente in delirio fu uno spettacolo fantastico.
Fausto era superstizioso.
Quando gli andava male una corsa, eliminava definitivamente la maglia che aveva indossato.
Per anni, il suo numero preferito fu il 36.
Fausto era un uomo corretto.
La sua parola valeva più di un contratto scritto.
Per questo tutti gli organizzatori trattavano volentieri con lui.
Il mio è il parere di un fratello, ma credo proprio che uno come lui non verrà mai più.
 
Gino Bartali: Al suo passaggio al professionismo, Coppi era stato ingaggiato dalla Legnano, della quale ero da anni capitano.
Alla partenza del Giro d'Italia del '40, il primo di Coppi, ero al comando della squadra.
Nella tappa di Genova, scendendo dalla Scoffera, un cane mi ha attraversato la strada e sono caduto.
Mi sono incrinato il femore destro.
All'ospedale, i medici mi hanno detto che avrei fatto bene a non ripartire.
Avevo molto male, ma ho voluto continuare.
Mi curavano la sera, ma non potevo nemmeno farmi fare i massaggi.
Noi della Legnano avevamo Favalli in maglia rosa.
Nella tappa Arezzo-Firenze, sulla salita della Consuma, è partito Volpi.
Io mi sono portato su di lui.
Coppi attraversava un momento di difficoltà e non forzai.
Fausto rinvenne e provò a scattare più di una volta.
Sparito Favalli dalla classifica, era Coppi il corridore della Legnano meglio piazzato.
Nella Firenze-Modena, Volpi, Cecchi, Bizzi e altri sono partiti all'offensiva.
Ero con loro e avevamo un paio di minuti di vantaggio.
Coppi era staccato.
Sono stato costretto a ritirarmi per la rottura del movimento centrale della bicicletta.
Mentre i meccanici facevano la riparazione, è passato Coppi.
Sono ripartito dopo sei minuti.
Prima di arrivare in cima all'Abetone, Fausto era tornato in testa verso la Sestola, quando Coppi era già in in fuga da solo.
Avevamo 55" di ritardo e io non ho ovviamente collaborato, proteggendo così Fausto.
Se lo avessimo raggiunto, Bizzi si sarebbe impadronito della maglia rosa.
Dopo Modena, dove era passato al comando della classifica, io e Mario Ricci abbiamo salvato Coppi che aveva rotto le pedivelle.
Grazie a noi è infatti tornato davanti.
Se non ci fossi stato io anche sulle Dolomiti, Coppi non avrebbe vinto il Giro.
Sulle Palade e sulla Mauria, Fausto era in crisi.
L'ho aspettato e mi sono anche fermato per procurargli acqua.
Tornato su di lui, ho capito che si stava riprendendo.
Questa è la storia vera che ha consentito a Coppi di vincere il primo dei suoi cinque Giri d'Italia.
 
Fiorenzo Magni: Era convinzione generale che il Giro d'Italia del '55 si dovesse considerare finito a Trento, a due giorni dall'arrivo a Milano.
Alcuni giornalisti avevano lasciato la corsa convinti di dover fare il commento sulla vittoria di Nencini.
Io avevo partecipato alla Vuelta allo scopo di preparare il Giro e non ero ancora rassegnato alla sconfitta.
Telefono a mia moglie e l'invito a venire a San Pellegrino perchè voglio tentare ancora.
Dico a Martini, mio luogotenente, e agli altri della squadra di tenersi pronti.
Come tutte le sere leggo il comunicato sullo stato delle strade diramato dalla " Gazzetta dello Sport " e apprendo che dopo Tione la strada non è asfaltata e ci sono tratti di ghiaia.
Faccio mettere le gomme pesanti.
Appena scollinato, mi lancio senza mai toccare i freni.
Il solo che mi viene dietro e Koblet e in discesa facciamo follie.
Hugo fora.
Mi volto e vedo che ad inseguire sono Coppi e Nencini.
Continuo sparato, come se fossi impegnato in un match d'inseguimento al Vigorelli.
Vengo ripreso, ma Nencini non tira e Coppi nemmeno.
Insisto ugualmente e ci troviamo con un vantaggio di due minuti.
Non sentivo la catena.
Volavo.
Nencini fora.
Ci dò dentro a tutta.
Coppi non collabora.
Vado avanti come se non ci fosse.
Sul Sant'Eusebio, Fausto fora.
Mi rialzo e lo aspetto.
Poi, giu a settanta all'ora verso Brescia.
Finalmente, Coppi si decide a collaborare.
Non avevamo bisogno di andare dal notaio per fare un accordo.
Ci scambiavamo favori senza dover tirar fuori il libretto degli assegni.
Quando leggevamo sulla lavagna del motociclista che eravamo in vantaggio di 5'50" tiravamo il fiato, quando il vantaggio scendeva a 4'40" acceleravamo.
A San Pellegrino mi sono rialzato a venti metri dal traguardo.
E' stata senz'altro la più bella corsa della mia vita.
Il giorno dopo, Coppi si avvicina e mi dice: " Fiorenzo, stai tranquillo.Non mi muovo.Mi hai fatto soffrire tanto ieri e mi basta ".
Mi sono sentito nuovamente un leone.
 
Charly Gaul ( intervista del 1990 ): Fausto è stato un vero gentleman.
Chi non avrebbe voluto essere grande come lui?
Non c'era corridore che non lo stimasse per il suo modo di fare sia in corsa sia fuori.
A trent'anni dalla sua morte, non si può non pensare a tutto quello di eccezionale che ha fatto con la massima naturalezza.
Vederlo andare in salita, quando spiccava il volo, era bellissimo.
La gente ha fatto bene ad amarlo.
Ed è bello che, a trent'anni dalla sua morte, ci si ricordi ancora di lui.
 
Raymond Poulidor: Nel '59 Coppi è venuto nella mia regione e la gente, per vederlo, era partita da molto lontano.
Io appartenevo alla categoria degli indipendenti, ma potevo partecipare alla gara.
Appena data la partenza, mi sono messo alla ruota di Coppi e la prima cosa di lui che mi ha impressionato, è stata la posizione in bicicletta: mi sono detto che era splendida.
La corsa l'ha vinta Dacquai, ma a me non importava.
Ero tutto preso nel cercare di capire il più possibile Coppi.
Un'altra cosa che mi ha impressionato di lui, è stata la calma con la quale ha accettato di firmare gli autografi, con migliaia di persone che facevano ressa per venirgli vicino.
Ricordo ancora che faceva la firma con la C larga.
Ero campione del Limousin.
Sono diventato professionista due mesi più tardi.
Ho continuato a pensare a Coppi e all'impressione che mi aveva fatto.
 
Gino Bartali: Lui è stato grande perchè ha corso nel mio periodo.
Ci siamo fatti una guerra spietata, masempre una guerra tra sportivi.
Quando andava, però, andava sul serio ed erano dolori per tutti.
Nessuno meglio di me lo può dire.
Se dici che Coppi è primo, io sono secondo.
E non venirmi a parlare degli altri che sono venuti dopo! Altra categoria, abbiate il coraggio di dirlo!
 
Rino Negri: Chi non ha avuto la fortuna di vedere Coppi volare, in piedi sui pedali, ha perso qualcosa di veramente incacellabile.
Atleti di tale caratura ne nasce uno ogni secolo.
Più grande o no di tutti, Coppi fu il protagonista di imprese che nessuno riuscì mai ad eguagliare.
Quando si vuol fare un paragone si fa il suo nome.
Se si parla di uno scalatore, di un passista, di un inseguitore, di un corridore che ha vinto le prove più impegnative, si parla di lui.
Per Coppi il tempo non passa mai.
 
CITAZIONI DI FAUSTO COPPI:
Il parere di Fausto Coppi su Gino Bartali: Se dicessi che non è stato un grande, non sarei sincero.
E dico questo non per valorizzare le mie vittorie: Gino aveva davvero qualità eccezionali.
Allorchè mi venne chiesto se fosse davvero difficile essere Coppi, me la cavai rispondendo che mi sarei comportato così anche se mi fossi chiamato Bartali.
Con l'Italia divisa in due, una per Bartali e una per me, non potevo aspettarmi applausi dappertutto.
 
 
 
==Note==