Umberto Galimberti: differenze tra le versioni

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{{intestazione|''Socrate e Gesù di fronte alla morte'', 16 febbraio 2008}}
*Dal luogo in cui era stato rinchiuso in attesa della condanna, Socrate è invitato dai discepoli a fuggire. Ma la sua risposta è perentoria: "Vi ho insegnato per tutta la vita a ubbidire alle leggi e voi mi invitate a trasgredirle al termine della mia esistenza. Quello che avevo da insegnarvi ve l'ho comunicato. Il mio ciclo si è concluso". Non c'è traccia d'angoscia, senso di disperazione, malinconia per una vita giunta alla fine, c'è solo coerenza tra un insegnamento e una vita. Anche la drammaticità del momento viene asservita alle esigenze dell'insegnamento per renderlo più persuasivo, più efficace. E se il momento è vigilia di morte, lo si affronti in tutta dignità. "Ma infine, Socrate, dicci in quale modo dobbiamo seppellirti?", incalzano i discepoli. "Come volete", rispose. E, ridendo tranquillamente, proseguì: "O amici, io non riesco a convincere Critone che il vero Socrate è quello che ora qui discute con voi e non quello che, da qui a poco, egli vedrà morto" (Fedone 115 e). I discepoli lo pregano di attendere, come altri avevano fatto, il tramonto del sole. Ma Socrate vuole evitare di rendersi ridicolo aggrappandosi alla vita quando ormai non ce n'è più. Beve d'un fiato il veleno "senza temere, senza alterare il colore né l'espressione del viso, ma, guardando com'era solito i discepoli con i suoi occhi da toro, disse: 'Che ne pensi? Con questa bevanda è lecito fare libagione a qualcuno o no?'" (Fedone 117 b). Indi riprese a passeggiare finché non sentì le gambe pesanti, allora si sdraiò, e quando le parti del corpo cominciarono a farsi fredde disse: "'Critone, dobbiamo un gallo ad Esculapio; dateglielo e non dimenticatevene'dimenticatevené. 'Sarà fatto', rispose Critone, 'ma vedi se hai qualcos'altro da dire'. A questa domanda Socrate non rispose più nulla" (Fedone 118 a).
*E infatti i [[cristiani]] non sanno morire. Basti in proposito un confronto tra la morte di [[Socrate]] e la morte di [[Gesù]]. [...] A differenza di Socrate, Gesù ha paura, non degli uomini che lo uccideranno, né dei dolori che precederanno la morte, Gesù ha paura della morte in sé, e perciò trema davvero dinanzi alla "grande nemica di Dio" e non ha nulla della serenità di Socrate che con calma va incontro alla "grande amica".
*Noi viviamo nell'ambito della tradizione giudaico [[cristianesimo|cristiana]] e non sappiamo affrontare la [[morte]] se non affidandoci a speranza ultraterrene. Abbiamo un concetto molto alto di noi, meritevoli di immortalità. Ma questa credenza è rivelatrice di una verità o di uno spropositato amore di sé? Perché, nel secondo caso, forse varrebbe la pena di consegnarci con largo anticipo al nostro limite, seguendo la saggezza greca là dove insegna: "Chi conosce il suo limite non teme il destino".
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*La [[sessualità]] non appartiene al racconto dell'Io, perché, in sua presenza, l'[[anima]] subisce una dislocazione che, spostando il regime delle sue regole, indebolisce il possesso di sé. La sua trama viene interrotta da qualcosa di troppo che, spezzando la continuità del dire e l'ordine del discorso, porta verso itinerari di fuga che l'Io e la [[ragione]] che lo governa non riescono a inseguire. Pulsioni e [[desiderio|desideri]], infatti, irrompendo come significanti incontrollati nell'ordine dei significati statuiti, portano alla luce altri nessi, altri orditi, altri intrecci i cui nodi affondano nell'altra parte di noi stessi. (p. 207)
*Le [[case chiuse]] sono state veramente chiuse, non dalla legge Merlin ma dallo spostamento della domanda che non chiede più scambio sessuale, ma compra-vendita dell'immaginario. Nelle grandi città le prostitute sono state sostituite quasi per intero dai ''veados'', travestisti per lo più brasiliani, importati per una stagione e poi rispediti alle loro ''favelas''. Segno che ciò che per le strade si vende non è il [[sesso]] e tanto meno lo scambio sessuale, quanto la ''rappresentazione'' del sesso e lo sfavillio delle immagini che produce.
*Poi venne il [[cristianesimo]] e con esso la maledizione della carne. Il cristianesimo ha spezzato il mandala, i quattro che compongono l'armonia. Tre si trovano raccolti e separati dal quarto, il [[diavolo]], che l'iconografia prese a dipingere con i tratti di Pan, il dio greco del sesso che, nell'ora meridiana da lui preferita, rincorreva con i suoi zoccoli da capra e le sue corna mozze le ninfe del bosco. Il cristianesimo tenne le filafile della sessualità in Occidente, dove il cielo era separato dalla terra e lo spirito dalla carne. Se un bel giorno si smettesse di esecrare la [[pornografia]], che poi altro non è se non la carne nella sua solitudine, e si incominciasse a esecrare chi ha ridotto la carne in solitudine, separandola dal cielo per farne l'anticamera dell'inferno, il primo girone della ''Commedia''. (p. 220)
 
{{NDR|Umberto Galimberti, ''Il gioco delle opinioni'', Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 2007}}