Gualberto Alvino: differenze tra le versioni

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Quaro75 (discussione | contributi)
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*Fa bene Alvino a opporsi, ad opporre i buoni motivi di chi è cosciente di quanto ancora può dirci una narrazione che impegna ogni organo della testa: dall'orecchio alle narici, dagli occhi alla lingua. Ecco: attenti alla lingua di Pizzuto. Giustamente Alvino gliela fa tirar fuori. Fra l'altro ci sta bene pure lo sberleffo sul volto di questo scrittore dotato di finissima ironia. Alla lingua! alla lingua di Pizzuto! dice Alvino. Che deve metterci tutti i sensi e ogni atomo del cervello per impedire che restino puro suono le sostanziose parole di Pizzuto. ([[Walter Pedullà]])
*Il discorso è alacremente intenso e inventivo, trascorrendo dal distacco ironico del commento e della critica alla rappresentazione d'orrore e di morte. L'opera è di straordinaria originalità, e la pubblicherei subito, con entusiasmo: ne potrà derivare un salutare scontro con la banalità e la povertà della letteratura di moda. Io sono con Gualberto Alvino, appassionatamente. Egli ha ridato verità al tragico e al "grande Stile". ([[Giorgio Bàrberi Squarotti]])
*In mezzo a una montagna di libri inutili, fasulli, dalle copertine ammiccanti e senza vita, sempre più raramente spunta inaspettata la chicca che ti fa di nuovo credere nella potenza della scrittura, della narrativa. Ultimamente mi è capitato con ''Là comincia il Messico'' di Gualberto Alvino, edizioni Polistampa. Alvino è un filologo e uno dei critici letterari più preparati della letteratura italiana. Per presentarlo ai lettori del ''Taccuino'' mi basta citare i suoi puntuali ed autorevoli studi sul nostro Gianfranco Contini, e soprattutto su Sandro Sinigaglia, uno degli "irregolari" più illustri della poesia italiana di fine Novecento. Uno dei suoi ultimi lavori è stata la pubblicazione presso la Sellerio di uno dei libri più belli di Antonio Pizzuto: ''Si riparano bambole''. Un lavoro, questo di Alvino, da certosino della critica alle prese con gli autori più ostici della letteratura italiana. Mentre gli altri critici passeggiano su strade asfaltate, lui s'inerpica su pareti scoscese cercando un minimo appiglio per le sue originali ricerche. ([[Franco Esposito]])
*In ogni caso l'opera esclude accostamenti formalistici o moralistici ed ha piuttosto il merito di saper porre domande. Il singolo "impazzimento" di cui si narra può facilmente essere catalogato in chiave paradigmatica, ma risulta evidente che l'opera di Alvino rovescia lo schema novecentesco secondo cui da un certo momento in poi della sua evoluzione il "romanzo di formazione" debba per forza di cose raccontare storie di "formazioni mancate". Qui invece la formazione, sia pure in un contesto da incubo, avviene. La "voce" risulta avere una forza per cosi dire "maieutica" e spinge il protagonista a ritrovare un se stesso più autentico, anche se più inquietante. Ed è per questo che, fuori da implicazioni moralistiche, ogni pagina di ''Là comincia il Messico'' ha una possente e "insostenibile" forza turbativa. ([[Alfonso Lentini]])
*L'edizione postuma di ''Giunte e virgole'' (1996), tratta da Alvino con immensa fatica da una scrittura «impervia» e munita di indispensabile glossario (edizione critica che l'autore non esita a battezzare «avventura»), ci presenta un testo «impenetrabile a qualsivoglia tentativo di lettura orizzontale, nuda, diretta» senza risalire il calvario delle progressive approssimazioni, documentato dal complesso apparato. Tanta confessata fatica del più devoto ed esperto curatore di Pizzuto ci dà oggi speranza che egli possa e voglia tracciare quel profilo sistematico della sua lingua che, riducendo l'apparente arbitrarietà dei testi, apra un accesso non deterrente alla loro lettura. ([[Giovanni Nencioni]])