Giuseppe Genna: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Giuseppe Genna==
*Sono qui. Avverto la presenza. Il cielo è l’enorme volto tumefatto di mio padre morto, le fosse nere dei suoi occhi decomposti osservano sul pianeta me, ritto nel prato, e urlo.<br/>Come una scimmia urlo, nella notte, cieco, come un primate, scaglierei un osso nell’aria buia, urlo, tutto il dolore che non c’è, la storia sciacquata e ripulita come il cadavere di mio padre, urlo come un macaco, gli arti flessi male, nella piazza vuota di notte, tutto è buio, solamente, tutto è buio continuamente. (''Medium'')
*Le storie sono solo storie di poveri. Fuori della povertà, "radicalmente", non esiste umanità. (''Assalto a un tempo devastato e vile'')
*Questa propensione al rischio. La mia vera natura, selvatica, iridescente. Io sono l’arcaico cacciatore che all’alba uscì a sventrare velocissime gazzelle, tenendo lontani dalle sue piste i pardi pericolosi. E ritornai a sera nella puzza della spelonca, dividemmo il pasto con i cuccioli, crudo, nel buio ci addormentammo e sognammo i demoni dai volti deformati, colorati di vernice rossa, con le pupille gialle. Mangiavamo dolcissimi tapiri... (da ''L'anno luce'')
*La carne che suppura, non più viva e non ancora putrefata, che alimenta, che viene venduta, e scambiata, che propaga la vita in ogni direzione, traslata dove c’è necessità, intorno a cui vertiginosi flussi immateriali di denaro – cioè di sogni e ambizioni, cioè di sottilissima materia – ondulano e s’intersecano e aggiungono voracia a voracia? La carne fatta di filamenti luminosi, prodigiosi. La carne che si mastica. Con i denti, col corpo. La carne ultracorpo. (''Non toccare la pelle del drago'')
*Dal momento in cui io stesso ho tentato di sfondare questa finzione dall’interno della finzione, usando il genere monarca del regno ''fiction'' e cioè il thriller, il morbo ha iniziato a corrodere l’unica zona in cui mi salvavo. Che è dove chiunque mi abbandonava senza che io provassi alcun senso di colpa o angoscia per questo abbandono: la zona fantastica del ''Dies Irae'', questa impossibile storia di storie distorte e monche e indecrittabili che accompagnano il destino futuro della specie per salti enigmatici e di nessun interesse o rilievo collettivo. Qui la mente è unificata e la natura è questa unificazione. Che io ho incrinato per meri motivi economici, di sopravvivenza. L’equivalenza è compiuta: i miei spettri, lo spettro precarietà e lo spettro solitudine, hanno divorato la zona di ancoraggio. Sono iscritto in un protocollo, sono ''lo scrittore di thriller Giuseppe Genna''. (''Dies Irae'')
*Il governo nazionalsocialista può fare quanto vuole, impunemente. La Germania è nazista. Il ''Völkischer Beobachter'' la definisce “una giornata storica. Il sistema parlamentare capitola di fronte alla nuova Germania. In quattro anni, Hitler potrà fare tutto ciò che ritiene necessario: lo sradicamento di tutte le forze corruttrici del marxismo e la costituzione di una nuova comunità popolare. La grande impresa ha avuto inizio! È giunto il giorno del Terzo Reich!”. L’impresa ha avuto inizio: è giunto ''il giorno dei libri''. Che cos’è un libro? Domanda abissale: un libro è un santo eretico, un impiccio che fa scivolare i re, la condensazione di visuali alternative e soprannaturali, la morale in azione travolgente, il virus della libertà. Esso agisce per contagio. Tale contagio fu sempre avvertito e si tentò di debellarlo: infezioni e cure simili ebbero luogo in Cina nel III secolo a.C., nel corso del Medioevo a opera dell’Inquisizione, dopo la distruzione dell’Impero Azteco, nella Spagna della ''Reconquista'', fino ai nostri giorni. Laddove il contagio è appiccato, si appicca il fuoco. Lo scrittore è un untore, si sa. Per fare fronte alla diffusione della peste in Venezia devastata dai bubboni, si dispose il rogo di molti libri, strumento di contagio a causa del contatto con le pagine. Quando alcuni umanisti scrissero al vescovo Ghislieri di evitare questa azione, egli rispose che, al pari della peste reale, bisognava debellare la “peste dell’eresia”. Nel 1644 John Milton scrisse nell’opera ''Areopagitica'': “Uccidere un buon libro equivale a uccidere un essere umano; chi uccide un essere umano uccide una creatura ragionevole, l’immagine di Dio; ma chi distrugge un buon libro uccide la ragione medesima”. Nella ''Tempesta'' di Shakespeare, Calibano consiglia Trinculo e Stefano per sottrarre il potere a Prospero: “Egli è abituato a fare un pisolino nel pomeriggio, cosicché, dopo esserti impadronito dei suoi libri, potrai strappargli le cervella; oppure con un bastone potrai spezzargli il cranio, o sventrarlo con una pertica, o tagliargli un’arteria col tuo coltello. Però ricordati di impadronirti prima dei suoi libri; senza di essi egli è solo uno sciocco come me, e nessuno spirito potrebbe obbedirgli. Solo i suoi libri devi bruciare”. (''Hitler - Romanzo'')
*Il cortisonico non è virtuoso. A fare vedere se stessi è la virtù che progredisce verso il perfezionamento, disciogliendo le scorie psichiche e i nodi di cui è ricco l’uomo interiore. La virtù è annullata dal cortisone, che difende il corpo, quindi difende l’“io”. I suoi effetti collaterali sono gli antagonisti del Buddha, del Cristo, di Shankhara. Quindi, costoro sono gli avversari dell’“io” o, piuttosto, l’“io” è il loro avversario e non è virtuoso. Il cortisone è mente liquida. La mente è cortisonica. A contatto col mondo, si fa difensiva, incattivita, avvelenata e velenosa. La mente è una malattia che disvela la salute. Escludetela. (''Italia De Profundis'')
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*E’ quindi vero che la parte più vivace della nostra letteratura è quella che non scaturisce da intenti letterari. Essa comprende i resoconti, gli epistolari, i diari che hanno visto la luce nelle grandi battute di caccia, negli accerchiamenti, nei mattatoi del nostro mondo. In un mondo in cui il vero e l’improbabile si scambiano freneticamente i ruoli, nessun reportage che nasca fuori dal cerchio della violenza prestabilita ha senso.
*I cospirazionisti addivengono a uno stato di nichilismo poco invidiabile. Essi sono convinti che nulla si può fare per interrompere il gioco e che, in fine dei conti, conviene tacere e chiudersi nel proprio disincanto. La loro odiosa impotenza si rovescia in un’altrettanto odiosa lezione di vita. Essi conoscono fin troppo bene come funzionano i meccanismi dello spettacolo e la morte di Dio, per loro, ha il sinistro suono del fruscio della celluloide.
*Le storie sono solo storie di poveri. Fuori della povertà, "radicalmente", non esiste umanità. (''Assalto a un tempo devastato e vile'')
 
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*La letteratura sa essere pericolosa, ha un arco di durata più lungo di ogni altro medium o prodotto, una carica di memorabilità che sul lungo periodo straccia quello di cui sono capaci film e tv. Lui è consapevole di questa potenza. La utilizza come un’arma. E’ sfrontato. E’ dissociato: in difesa rannicchiato dietro lo scudo, va all’attacco sfrontatamente sventolando questa spada di cartapesta che è la letteratura.
*Le palestre: il tempio del decennio. Rambo ha mutato l’epoca, gli Ottanta sono suoi. Il tipo fisico dell’intellettuale è diventato un nerd. Siamo bollati come Generazione X. E’ umiliante. Non frega a nessuno. Le emozioni sono diventate importanti. La casa è importante. I giovani sono importanti, essi adesso esistono sulla stampa e in tv in questo decennio. L’''italian dream'' ulula, la bocca distorta, il suo orgasmo collettivo al mondo e si compiace (siamo cadaveri eretti, impulsati da elettricità e metabolismi).
*Dal momento in cui io stesso ho tentato di sfondare questa finzione dall’interno della finzione, usando il genere monarca del regno ''fiction'' e cioè il thriller, il morbo ha iniziato a corrodere l’unica zona in cui mi salvavo. Che è dove chiunque mi abbandonava senza che io provassi alcun senso di colpa o angoscia per questo abbandono: la zona fantastica del ''Dies Irae'', questa impossibile storia di storie distorte e monche e indecrittabili che accompagnano il destino futuro della specie per salti enigmatici e di nessun interesse o rilievo collettivo. Qui la mente è unificata e la natura è questa unificazione. Che io ho incrinato per meri motivi economici, di sopravvivenza. L’equivalenza è compiuta: i miei spettri, lo spettro precarietà e lo spettro solitudine, hanno divorato la zona di ancoraggio. Sono iscritto in un protocollo, sono ''lo scrittore di thriller Giuseppe Genna''. (''Dies Irae'')
 
===[[Explicit]]===