Richard de Bury: differenze tra le versioni

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* Fu dunque grazie a questa nomea che mi si aprirono le librerie dei più antichi monasteri, si schiusero scrigni, si svuotarono i ripiani e ne uscirono manoscritti, risvegliati e storditi dalla luce improvvisa dopo tanti secoli di sonno passati in quei bui sepolcri. Lì, preziosissimi volumi un tempo splendidi giacevano senz'anima, lasciati per terra a marcire nell'incuria o a imputridire, coperti dai nidi dei topi e straziati dai morsi dei vermi. In quei luoghi ritrovai libri dimenticati, che pure una volta indossavan porpora e lino, ricoperti di polvere e crini buttati per terra a far da casa ai tarli. Non potevo resistere e, nei ritagli di tempo mi perdevo tra quelle povere carte con un piacere ancora più grande di un raffinato speziale che si aggiri tra gli aromi della sua farmacia: così ritrovavo la spinta e l'oggetto del mio amore. (cap. VIII, ''Come ci capitò l'occasione di acquistare un gran numero di libri'', pag. 109)
 
* ...più che estinguere, la [[Diritto|giurisprudenza]] porta ad alimentare il fuoco delle liti tra gli uomini, liti generate da un'infinita cupidigia, con una selva di leggi che ognuno può tirare dalla sua parte [...] chi professa quest'arte sarà più propenso alla lite che non alla pace e interpreterà il [[diritto]] non secondo l'intenzione del legislatore ma ne violenterà il senso fino a raggiungere con i suoi imbrogli il suo fine. La forza di queste ragioni, anche se mi ha posseduto fin da piccolo il morbo d'amore dei libri - un amore che mi ha posseduto come un languore voluttuoso - ha pesato nel distogliere la passione dai libri di diritto, così che ho fatto meno sforzi e speso meno soldi per comprarli. (cap. XI, ''I motivi che mi fecero preferire i libri delle arti liberali a quelli di diritto'', pag. 145-147)
 
* Anche se indubbiamente il desiderio di conoscere è naturale per tutti gli uomini, la voglia di imparare non è cosa da tutti; la maggior parte, anzi, assaggiato quanto lo [[studio]] sia fatica e provata la stanchezza sulla propria pelle, butta alla leggera la noce ancor prima di aver rotto il guscio per gustarne il gheriglio. (cap. XIII, ''Perché non ho trascurato le favole dei poeti'', pag. 153)