Volterra: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Quaro75 (discussione | contributi)
m grassetto...
Nessun oggetto della modifica
Riga 1:
Citazioni su '''Volterra''' e i volterrani.
 
*Ora la terra era tutta occupata da tumulti in forma di quelli ch’ella aveva intraveduto nella selva pisana, simili ai monumenti del castigo più o men caldi. ([[Dante Alighieri]])
*E seguiva il gemito quel lungo mugolio che sempre ha il vento nella campagna di Volterra, come
se si generasse dai sepolcreti. ([[Gabriele d'Annunzio]])
*Le nuvole andavano a oste contro Volterra, come un dì le genti del Montefeltro. ([[Gabriele d'Annunzio]])
*Dietro il colle la città di vento e di macigno drizzava contro l’incursione delle nuvole le sue torri i suoi campanili il suo mastio feroce, lo sprone formidabile della rocca vecchia le mura gigantesche costruite dagli scavatori di sepolcri e quelle cementate dal sangue civico. ([[Gabriele d'Annunzio]])
*Guardarono la città funesta de’ cui peccati troppe volte Iddio trasse vendetta col ferro e col fuoco con la fame e con la pestilenza. Mentre in basso l’aria era morta, lei Volterra, percoteva la sua bufera eterna; ché i cipressi di sotto la rocca svettavano, i lecci di sotto il castello tumultuavano. La fuga delle nuvole testimoniava la saldezza delle mura, delle torri, delle porte, che tra fumo e grumo ritenevano indelebili i colori dell’arsione e della strage. La torre del pretorio annerita dal solfo che soffocò Pecorino e il Barlettano gittati in piazza su le picche e le corsesche:l’immane prua di mattone appuntata a levante dallo smugnitore Gualtieri fatto tiranno; la Porta a Selci spalancata dai consanguinei dei fuorusciti ai mercenari di Federico Montefeltro; la Porta all’Arco che serrò tra valva e valva Bocchino Belforte scalcato dal figlio d’Inghiramo Inghirami e infunato come belva; la Porta di San Francesco dai tre merli ignudi onde penzolò impiccato il tamburino del Maramaldo; il bastione di
Docciòla ove a scherno di Fabrizio notte e dì miagolarono i gatti infissi negli spiedi lunghi; il mastio fortificato d’ingiustizia e di dolore, che disfece la bellezza di Caterina Picchena premuta dallo spettro sanguinoso del paggio; le case munite dalle cui finestre grandinarono le pietre pugnerecce moltiplicate da quella che Luisa Minacci scagliò al fante invece di pane; ogni casa ogni torre ogni muro ogni porta issava un fantasma di virtù, di eccidio, di rapina o di tradimento. ‘Sacco! Sacco!’ Notte e dì, senza tregua, la raffica vi simulava il selvaggio
urlo che tante volte aveva agghiacciato il cuore della città funesta. ‘Sacco! Sacco!’ ([[Gabriele d'Annunzio]])
*“Le Balze strapiombavano dal cielo come la stagliata rocca al cui piede si ritrovò scosso dalla schiena. ([[Gabriele d'Annunzio]])
*
di Gerione quel grande Etrusco colorato dalla bile atra
*Costruita di quella pietra etrusca che imprigiona il sole, sopra una voragine infernale che sembra scavata dall’irosa fantasia dantesca. ([[Gabriele d'Annunzio]])
*Isabella forse in quell'ora viaggiava per Volterra, a traverso le crete della Valdera, a traverso le biancane sterili; vedeva di là dalla collina gessosa riapparire all'improvviso su la sommità del monte come su l'orlo d'un girone dantesco il lungo lineamento murato e turrito, la città di vento e di macigno. ([[Gabriele d'Annunzio]])
*Era tutto buio. Non si udivano rumori di sorta. "Mio Dio, saranno appena l'una o le due", pensò Anna. Non poteva più pensare a dormire. La sera aveva rifiutato una coperta in più offertale dalla zia, senza considerare che tra Volterra e San Ginesio c'è uno sbalzo di trecento metri. Così, si era svegliata tutta infreddolita. E, a parte il freddo, non aveva più sonno. La mente era lucida e gli occhi si rifiutavano di tornare a chiudersi. ([[Carlo Cassola]])