Alessandro Manzoni: differenze tra le versioni

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===Citazioni tratte dall'opera===
* L'[[Storia|Historia]] si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. ({{Source|I promessi sposi/Introduzione|L'Historia si può veramente deffinire|Introduzione}})
* E veramente, considerando che questi nostri climi sijno sotto l'amparo del Re Cattolico nostro Signore, che è quel Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, con riflesso Lume, qual Luna giamai calante, risplenda l'Heroe di nobil Prosapia che pro tempore ne tiene le sue parti, e gl'Amplissimi Senatori quali Stelle fisse, e gl'altri Spettabili Magistrati qual'erranti Pianeti spandino la luce per ogni doue, venendo così a formare un nobilissimo Cielo, altra causale trouar non si può del vederlo tramutato in inferno d'atti tenebrosi, malvaggità e sevitie che dagl'huomini temerarij si vanno moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica, attesoché l'humana malitia per sé sola bastar non dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhij d'Argo e braccj di Briareo, si vanno trafficando per li pubblici emolumenti. ({{Source|I promessi sposi/Introduzione|E veramente|Introduzione}})
* Di [[Libro|libri]] basta uno per volta, quando non è d'avanzo. ({{Source|I promessi sposi/Introduzione|di libri basta uno per volta|Introduzione}})
* «Or bene,» gli disse il bravo all'orecchio, ma in tono solenne di comando, «questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai». ({{Source|I promessi sposi/Capitolo I|Or bene|cap. I}}, 263 – 264)
* «Orsù,» interruppe il bravo, «se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c'intende.» {{NDR|I Bravi a Don Abbondio}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo I|Orsù|cap. I}}, 224)
* La [[ragione]] e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo I|la ragione e il torto|cap. I}})
* Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva già date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che dovesse fare, la mattina. Don Abbondio in vece non sapeva altro ancora se non che l'indomani sarebbe giorno di battaglia; quindi una gran parte della notte fu spesa in consulte angosciose. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo II|Si racconta che il principe|cap. II}})
* «Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?» {{NDR|Renzo a Don Abbondio}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo II|Che vuol ch'io faccia|cap. II}})
* La venne finalmente, con un gran cavolo sotto il braccio, e con la faccia tosta, come se nulla fosse stato. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo II|La venne finalmente|cap. II}})
* I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo II|I provocatori|cap. II}})
* «All'[[avvocato]] bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle.» {{NDR|L'avv. Azzeccagarbugli a Renzo }} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo III|All'avvocato bisogna raccontar|cap. III}}, 128)
* «A noi poverelli le matasse paion più imbrogliate, perché non sappiam trovarne il bandolo.» ({{Source|I promessi sposi/Capitolo III|A noi poverelli|cap. III}})
* «Oh! signor dottore, come l'ha intesa? l'è proprio tutta al rovescio.» {{NDR|Renzo all'avv. Azzeccagarbugli}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo III|oh! signor dottore|cap. III}})
* «Perché noi {{NDR|i [[frate|frati]]}} siam come il [[mare]], che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi.» {{NDR|Fra' Galdino ad Agnese e Lucia}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo III|perché noi siam come il mare|cap. III}})
* E lo sposo {{NDR|Renzo Tramaglino}} se n'andò, col cuore in tempesta, ripetendo sempre quelle strane parole: «a questo mondo c'è [[giustizia]], finalmente!» Tant'è vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo III|e lo sposo se n'andò|cap. III}})
* C'è talvolta, nel volto e nel contegno d'un uomo, un'espressione così immediata, si direbbe quasi un'effusione dell'animo interno, che, in una folla di spettatori, il giudizio sopra quell'animo sarà un solo. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo IV|C'è talvolta|cap. IV}}, 138)
* È uno de' vantaggi di questo mondo, quello di poter [[odio|odiare]] ed esser odiati, senza conoscersi. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo IV|è uno de' vantaggi |cap. IV}})
* «Queste cose,» disse {{NDR|Fra' Cristoforo}}, «non fanno più per me; ma non sarà mai ch'io rifiuti i suoi doni. Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un [[pane]], perché io possa dire d'aver goduto la sua [[carità]], d'aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo [[perdono]]». ({{Source|I promessi sposi/Capitolo IV|queste cose|cap. IV}})
* «Non rivangare quello che non può servire ad altro che a inquietarti inutilmente.» {{NDR|Fra' Cristoforo a Renzo}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo V|Non rivangare|cap. V}})
* «Escimi di tra' piedi, villano temerario, poltrone incappucciato.» {{NDR|Don Rodrigo a fra' Cristoforo}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VI|escimi di tra' piedi|cap. VI}})
* «Ascoltate e sentirete. Bisogna aver due testimoni ben lesti e ben d'accordo. Si va dal curato: il punto sta di chiapparlo all'improvviso, che non abbia tempo di scappare. L'uomo dice: signor curato, questa è mia moglie; la donna dice: signor curato, questo è mio marito. Bisogna che il curato senta, che i testimoni sentano; e il matrimonio è bell'e fatto, sacrosanto come se l'avesse fatto il papa. Quando le parole son dette, il curato può strillare, strepitare, fare il diavolo; è inutile; siete marito e moglie.» {{NDR|Agenese a Renzo e Lucia}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VI|Ascoltate e sentirete|cap. VI}})
* «Carneade! Chi era costui?» ruminava tra se don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l'imbasciata. «Carneade! questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?» Tanto il pover'uomo era lontano da prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo! ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VIII|Carneade! Chi era costui|cap. VIII}})
* Tutt'a un tratto, in vece di lui {{NDR|Menico}}, e con ben altro tono, si fa sentir quel primo tocco di [[campana]] così fatto, e dietro una tempesta di rintocchi in fila. Chi è in difetto è in sospetto, dice unil proverbio milanese: all'uno e all'altro furfante parve di sentire in que' tocchi il suo nome, cognome e soprannome,: lasciano andar le braccia di Menico, ritirano le loro in furia, spalancan la mano e la bocca, si guardano in viso, e corrono alla casa, dov'era il grosso della compagnia. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VIII|tutt'a un tratto|cap. VIII}}, 237)
* Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VIII|Addio, monti|cap. VIII}})
*Tutt'a un tratto, in vece di lui {{NDR|Menico}}, e con ben altro tono, si fa sentir quel primo tocco di [[campana]] così fatto, e dietro una tempesta di rintocchi in fila. Chi è in difetto è in sospetto, dice un proverbio milanese: all'uno e all'altro furfante parve di sentire in que' tocchi il suo nome, cognome e soprannome, lasciano andar le braccia di Menico, ritirano le loro in furia, spalancan la mano e la bocca, si guardano in viso. (cap. VIII, 237)
* Chi dava a voi {{NDR|[[Dio]]}} Nontanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VIII|Chi dava a voi|cap. VIII}})
* Ben di rado avviene che le parole affermative e sicure d'una persona autorevole, in qualsivoglia genere, non tingano del loro colore la mente di chi le ascolta. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo X|ben di rado|cap. X}})
* Una delle più gran consolazioni delldi questa vita è l'[[amicizia]]; e una delle consolazioni dell'amicizia è quell'avere a cui confidare un segreto. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo XI|Una delle più gran consolazioni|cap. XI}})
*Costui {{NDR|il gran cancelliere Antonio Ferrer}} vide, e chi non l'avrebbe veduto? che l'essere il [[pane]] a un prezzo giusto, è per sé una cosa molto desiderabile; e pensò, e qui fu lo sbaglio, che un suo ordine potesse bastare a produrla. Fissò la ''meta'' (così chiamano qui la tariffa in materia di commestibili), fissò la meta del pane al prezzo che sarebbe stato il giusto, se il [[grano]] si fosse comunemente venduto a trentatré lire il moggio: e si vendeva fino ad ottanta. (cap. XII)
*Per grazia del cielo, accade talvolta anche nel male quella cosa troppo frequente nel bene, che i fautori più ardenti divengano un impedimento. (cap. XIII)