Alessandro Manzoni: differenze tra le versioni

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*«Queste cose,» disse {{NDR|Fra' Cristoforo}}, «non fanno più per me; ma non sarà mai ch'io rifiuti i suoi doni. Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un [[pane]], perché io possa dire d'aver goduto la sua [[carità]], d'aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo [[perdono]]». ({{Source|I promessi sposi/Capitolo IV|queste cose|cap. IV}})
*«Non rivangare quello che non può servire ad altro che a inquietarti inutilmente.» {{NDR|Fra' Cristoforo a Renzo}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo V|Non rivangare|cap. V}})
*«Escimi di tra' i piedi, villano temerario, poltrone incappucciato.» {{NDR|Don Rodrigo a fra' Cristoforo}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VI|escimi di tra' piedi|cap. VI}})
*{{NDR|Agnese}} «Ascoltate e sentirete. Bisogna aver due testimoni ben lesti e ben d'accordo. Si va dal curato: il punto sta di chiapparlo all'improvviso, che non abbia tempo di scappare. L'uomo dice: signor curato, questa è mia moglie; la donna dice: signor curato, questo è mio marito. Bisogna che il curato senta, che i testimoni sentano; e il matrimonio è bell'e fatto, sacrosanto come se l'avesse fatto il [[papa]]. Quando le parole son dette, il curato può strillare, strepitare, fare il diavolo; è inutile; siete marito e moglie.» {{NDR|Agenese a Renzo e Lucia}} ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VI|Ascoltate e sentirete|cap. VI}})
*«Carneade! Chi era costui?» ruminava tra se don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l'imbasciata. «Carneade! questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?» Tanto il pover'uomo era lontano da prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo! ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VIII|Carneade! Chi era costui|cap. VIII}})
*"Carneade! Chi era costui?", ruminava tra sé don Abbondio seduto sul suo seggiolone (cap. VIII, 1)
*Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. ({{Source|I promessi sposi/Capitolo VIII|Addio, monti|cap. VIII}})
*Tutt'a un tratto, in vece di lui {{NDR|Menico}}, e con ben altro tono, si fa sentir quel primo tocco di [[campana]] così fatto, e dietro una tempesta di rintocchi in fila. Chi è in difetto è in sospetto, dice un proverbio milanese: all'uno e all'altro furfante parve di sentire in que' tocchi il suo nome, cognome e soprannome, lasciano andar le braccia di Menico, ritirano le loro in furia, spalancan la mano e la bocca, si guardano in viso. (cap. VIII, 237)
*{{NDR|[[Dio]]}} Non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. (cap. VIII)