Gaio Lucilio: differenze tra le versioni

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*<ref>Corre l'anno 121 a.C., e Quinto Muzio Scevola, detto Augure, è pretore ad Atene. Incontra per caso Tito Albucio, e lo saluta in greco (''chaere'' (Χαῖρε), che equivale al ''vale'' latino, significante: ''stammi bene! Salute a te!''), come se Tito non fosse un cittadino romano, e quindi non capisse il latino. Il che sarà preso come un'offesa da Tito, il quale, l'anno successivo, accuserà il pretore Scevola di estorsione: quegli dovrà tornare in Italia, a Roma, per pronunciare la propria difesa davanti a un tribunale, ed essere assolto in tempo per candidarsi al consolato e ottenerlo nel 117 a.C.; si andrà formando tra i due, col tempo, un divario sempre maggiore, e una lunga serie di incidenti deteriorerà i rapporti tra i due.</ref> '''Quinto Muzio Scevola Augure''': O Albucio, tu hai preferito essere detto greco, invece che romano o sabino, concittadino di Ponzio<ref>Cittadino di probabili origini sannitiche.</ref>, di Tritano<ref>Uomo di forza erculea, di probabili origini sannitiche.</ref>, concittadino di centurioni<ref>Il ''[[w:Centurione|centurio]]'' comanda una [[w:Centuria|centuria]], il cui numero di armati si aggira intorno al centinaio.</ref>, di uomini insigni, di primipili<ref>Il ''[[w:Primus pilus|primus pilus]]'' è il capo di tutti centurioni che operano all'interno della sua legione.</ref> e di alfieri<ref>Il ''[[w:Signifer|signifer]]'' è il portainsegne romano.</ref>. Perciò ad Atene, al tempo che ero pretore<ref>Il ''[[w:pretore (storia romana)|praetor]]'' era un magistrato romano. Era investito di un pieno potere in ambito militare (detto ''[[w:Imperium|imperium]]''), ma il suo ruolo più importante era svolto in materia giuridica: doveva impostare in termini giuridici le controversie, correggere e colmare le lacune dello ''[[w:Ius civile|Ius civile]]'', presiedere ai processi penali, supplire ai consoli assenti in Roma, sovrintendere talvolta alle manutenzioni delle reti idriche della capitale.</ref>, visto che tu lo preferivi, quando ti sei presentato a me, ti ho salutato in greco: «Chaere, o Tito.». E i littori<ref>Il ''[[w:Littore|littor]]'' era tutore dell'ordine ed era soprattutto assegnato alla difesa personale degli alti magistrati.</ref> e tutta la coorte<ref>La ''[[w:Coorte|cohors]]'', secondo la riforma dell'esercito di Gaio Mario, consta di tre manipoli, dei quali uno di ''hastati'', un secondo di ''principes'', e un ultimo di ''triarii'', per un totale di 600 uomini.</ref> e la folla: «Chaere, o Tito.». Fu da quel momento che Albucio mi divenne nemico, da allora mi fu avversario. (1968)
:'''''Quintus Mucius Scaevola Augur''''': ''Graecum te, Albuci, quam Romanum atque Sabinum,<br />municipem Ponti, Tritani, centurionum,<br />praeclarorum hominum ac primorum signiferumque,<br />maluisti dici. Graece ergo praetor Athenis,<br />id quod maluisti, te, cum ad me accedis, saluto:<br />«Chaere''<ref name=gr/>'', – inquam – Tite!». Lictores, turma omnis chorusque:<br />«Chaere, Tite!», hinc hostis mi Albucius, hinc inimicus.'' (citato in [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], ''De finibus bonorum et malorum'', 1, 9)
 
*<ref>C.f.r. [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], ''Satire'', libro I, satira I, verso 62: ''«nil satis est – inquit – quia tanti quantum habeas sis»'' (Non basta mai niente – disse – perché sei ciò che possiedi);<br />c.f.r. [[Petronio Arbitro|Petronio]], 77, 6: ''Assem habeas, assem valeas: habeas, habeberis.'' (Hai un soldo? Vali un soldo: possiedi, e avrai stima.).</ref> Quello che hai è quello che tu sei,<br />quello che sei stimato. (2003)