Paolo Sylos Labini: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Automa: Sostituzioni normali automatiche di errori "tipografici"
m Automa: Correzione automatica trattini in lineette
Riga 3:
==''Le classi sociali negli anni '80''==
===[[Incipit]]===
''Liberté, egalité, fraternité'': il triplice ideale fa capo alla [[rivoluzione]] americana prima ancora che alla rivoluzione francese - ma le due rivoluzioni sono fortemente interdipendenti sul piano culturale e ideale. E se quella [[America|americana]] è per diversi aspetti [[Figlio|figlia]] della cultura [[Francia|francese]], nel formulare i progetti pratici quest'ultima subì a sua volta l'influsso degli ideali concretamente perseguiti dai pellegrini della Nuova [[Inghilterra]].<br/>''Liberté, egalité, fraternité'': il terzo ideale suona patetico, perfino retorico, giacché, a differenza dei primi due, ben difficilmente può essere istituzionalizzato. Ma può perdere quel suono se lo si considera come il corollario dei primi due: una [[società]] di uomini liberi e tendenzialmente eguali certamente favorisce le condotte e gli atteggiamenti ispirati alla [[solidarietà]] ed al reciproco rispetto piuttosto che all'[[istinto]] di [[Sacra Bibbia|Caino]] che pure, nella [[storia]], sembra spesso avere il sopravvento non solo fra società diverse ma anche nell'ambito di una stessa società. La ''fraternité'', in quanto ideale sociale, acquista un significato molto concreto quando la società è lacerata da conflitti etnici e [[Religione|religiosi]] piuttosto che da conflitti essenzialmente economici: ma in tale società tanto la ''liberté'' quanto l'''egalité'' sono in continuo pericolo e anzi, a rigore, per le minoranze perseguitate non sussistono neppure in prospettiva.
 
===Citazioni===
*Per venire ai commenti specifici, sulla [[giustizia]] e sulla crisi da cui oggi è investita gioca soprattutto l'eterogeneità ideologica e [[politica]]. In tempi recenti si è fatta strada l'[[idea]] perniciosa che non esiste e non può esistere una giustizia «obiettiva», che l'elemento ideologico è inevitabilmente presente in tutti gli uomini in quanto animali sociali e quindi anche nei giudici; così stando le cose, è necessaria una «scelta di campo», anche nell'amministrare la giustizia.<br>Come tutte le idee perniciose, anche questa ha una parte di [[verità]]. In quanto membro di una società ed anzi in quanto membro di una classe o di una categoria sociale, ciascuno di noi non può andare esente da condizionamenti ideologici. Ma se la rigorosa obiettività non è possibile, un [[uomo]] civile e soprattutto [[giudice]] deve rifuggire dal bieco settarismo, deve fare ogni sforzo per tenere sotto controllo le sue preferenze ideologiche e cercare di essere intellettualmente [[Onestà|onesto]]. Viceversa, oggi nella magistratura non sono più eccezioni coloro che si arrendono all'idea del fatale predominio dell'elemento ideologico: né sono pochi - è terribile a dirsi - coloro che per [[amore]] di carriera entrano in turpe commercio con influenti uomini politici e, nei fatti, si mettono al loro servizio usando la giustizia penale come [[arma]] di ricatto o di persecuzione per togliere di mezzo certe persone in lotte economiche e politiche condotte senza esclusione di colpi. Infine, nel preoccupante quadro della giustizia italiana, troviamo anche, come effetto della rapidissima e tumultuosa espansione delle classi medie, magistrati, fortunatamente non numerosi, che si comportano come liberti, i quali, per dar prova della promozione sociale e della raggiunta indipendenza rispetto agli antichi signori, incriminano uomini di grande notorietà e di elevata posizione sociale non solo quando commettono reati (il che è sacrosanto), ma anche quando gl'indizi sono labili e pretestuosi e si tratta, come poi spesso risulta dopo lunghe e penose vicende, d'intemerati gentiluomini. A volte una tale condotta si combina con quel turpe commercio di cui parlavo poco fa - il liberto perde il pelo, ma non sempre perde il vizio. (p. 36-37)