Paul Ginsborg: differenze tra le versioni

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*Il progetto di Berlinguer, infine, rimaneva assai vago. Per tutti questi anni egli insisté sul contributo unico che la «terza via» del Pci dava al socialismo, una via che non intendeva seguire né il modello socialdemocratico né quello sovietico. [...] Nei suoi discorsi ci sono sí richiami alla necessità di introdurre «alcuni elementi dell'ideale socialista », ma non sono mai accompagnati da un'elaborazione teorica. [...] Il compromesso storico, cosí, anche se testimonia la «tensione etica rara» della direzione di Berlinguer, non portò alcun contributo alla differenziazione tra riforme di struttura e riforme correttive. Proprio qui risiedeva una delle sue piú grandi debolezze. (cap. 10, p. 482)
*Sia per Lombardi nei primi anni '6o, che per Berlinguer alla metà degli anni '70, l'alleanza con la Dc non veniva dunque considerata come un semplice strumento per delle riforme correttive, bensí un trampolino per profonde trasformazioni strutturali. (cap. 10, p. 511)
*Nei trent'anni di vita della Repubblica gli attivisti del Pci erano sempre stati presi di mira dalle misure repressive della polizia; dal 1976 in poi, invece, il partito divenne il piú zelante difensore delle tradizionali misure di legge e di ordine, anziché farsi campione delle campagne per i diritti civili. Un esempio emblematico di tale atteggiamento fu l'appoggio acritico dato al governo per il rinnovo della legge Reale sull'ordine pubblico, contro la quale il Pci aveva votato nel 1975. Sui temi cruciali che riguardavano i giovani politicizzati - il diritto a manifestare, i poteri della polizia, la detenzione preventiva, la riforma carceraria - i comunisti mantennero un silenzio che non lasciava presagire niente di buono. [...]<br />Qualsiasi opposizione al compromesso storico veniva spesso qualificata semplicemente come atteggiamento deviante. [...]<br /> Si generò un terribile paradosso: i comunisti volevano prevenire l'estendersi della violenza, ma la loro politica creava un terreno piú fertile per i terroristi. (cap. 10, pp. 512 sg.)
*I brigatisti si erano mostrati risoluti ed efficienti, ma la loro non fu una vittoria. La decisione di uccidere Moro creò gravi dissensi al loro interno, mentre all'esterno si diffuse un profondo sentimenti di ripulsa per quanto avevano fatto. È generalmente riconosciuto che la crisi del terrorismo italiano prese l'avvio dall'uccisione di Moro. A posteriori sembra quindi corretto riconoscere che avevano ragione i paladini dell'intransigenza: se Moro fosse stato scambiato con uno o piú terroristi in prigione, le Brigate Rosse sarebbero apparse allo stesso tempo invulnerabili e propense al compromesso, col risultato che il loro fascino sarebbe quasi certamente cresciuto. [...] Dopo la morte di Moro la democrazia italiana non solo si difese ma si rafforzò. (cap. 10, pp. 519 sg.)
*La conseguenza piú grave della linea dell'Eur fu la crescente delusione tra la base della Cgil, il diminuito impegno della classe operaia, e il conseguente indebolimento sia del Pci sia del sindacato nelle trattative con i loro alleati-oppositori. Ancora una volta, come nel 1945-47, il Pci fu incapace e riluttante a usare il considerevole peso della mobilitazione di massa per costringere la Dc a fare concessioni effettive, e accettò la logica capitalista di salvare l'economia senza una strategia economica alternativa. (sui tentativi di riforma del 1977; cap. 10, 8b; p. 524)