Gaio Lucilio: differenze tra le versioni

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*<ref>Giove, padre degli déi, presunto "presidente" della seduta, esprime i suoi amari rimorsi per il ritardo nel riunire l’assemblea, essendo consapevole del fatto che in quel mentre la situazione di Roma sta precipitando. L’estrema umanità degli déi, propria della religione greco-romana, si manifesta anche nei vincoli imposti dal tempo (vedi ''priore''/prima) indistintamente ai mortali e agli immortali; cosa, questa, non propria del paradiso cristiano, per esempio.</ref> '''Giove''': O abitanti del cielo, dalla vostra assemblea vorrei sapere ciò di cui discutete da tempo.<br />Vorrei, dico, che ci fossimo riuniti a consiglio prima!
:'''''Iuppiter''''': ''Vellem consilio vestrum quod dicitis olim,<br />Caelicolae. Vellem, inquam, adfuissemus priore<br />consilio.'' (1830)
 
*<ref>Al termine del suo discorso, Giove da la parola agli altri dei.</ref> Quando così ebbe parlato, pose fine al suo dire. (2003)
:''Haec ubi dicta dedit, fecit pausam ore loquendi.'' (18 Marx)
 
*<ref>Per bocca di Apollo - dio della medicina, della musica, della profezia e della poesia - Lucilio deride l'epiteto di "pater" che si suole attribuire indistintamente a tutti gli dèi.</ref> '''Apollo''': Non c’è nessuno di noi che non sia o l’ottimo padre degli déi<br />o il padre Nettuno o il padre Libero o il padre Saturno o il padre Marte,<br />Giano, Quirino, e non venga chiamato con questo nome. (1968)
:'''''Apollo''''': ''Nemo sit nostrum quin aut pater optimus Divum,<br />aut Neptunus pater, Liber, Saturnus pater, Mars,<br />Ianus, Quirinus pater siet ac dicatur ad unum.''
 
*<ref>Lucio Cornelio Lentulo Lupo è il principale colpevole della situazione di degrado politico e giuridico, e pertanto va punito. Bisogna anzitutto individuarlo: ne segue un ritratto tanto impietoso quanto rapido. La punizione scelta è ingloriosa: il corrotto e goloso politico morirà d'indigestione a un banchetto! E quello che è considerato il verso conclusivo è uno sberleffo, che ruota attorno al doppio significato di ''Lupus'', che è sia nome di persona maschile, sia il nome di un pesce pregiato, la spigola o il branzino (nel qual caso ''lupus'' sarebbe da considerarsi sinonimo di ''acarnae'', parola traslitterata dal greco ''acharnē'').</ref> '''Dio 1''': Che aspetto ha l'uomo, com'é l'espressione del volto?<br />'''Dio 2''': Il volto è così come l'aspetto: il resto è morte, malattia, veleno.<br />'''Dio 3''': Li farò venire a cena, e agli intervenuti per prima cosa<br />darò a ciascuno ventresche di tonno e filetti di branzino.<br />'''Dio 4''': Ti uccidono, Lupo, sardelle e salsa di pesce siluro. (2003)
:'''''Deus I''''': ''Quae facies, qui vultus viro?'' (43 Marx)<br />'''''Deus II''''': ''Vultus item ut facies, mors cetera, morbus venenum.'' (44 Marx)<br />'''''Deus III''''': ''Ad cenam adducam, et primum hisce abdomina tunni<br />advenientibus priva dabo cephalaeaque acarnae.'' (49-50 Marx)<br />'''''Deus IV''''': ''Occidunt, Lupe, saperdae te et iura''<ref>Con significato di «salse», non di «leggi». (1968)</ref>'' siluri.'' (54 Marx)
 
===Libro VII===
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*Tu non conosci l'esatto significato di «poesia», nè che differenza passi fra «poesia» e «poema».<br />Incominciamo da quello che noi chiamiamo «poema»:...<br />«poema» è anche una qualsivoglia lettera non lunga;<br />«poesia» invece è un'opera considerata nel suo complesso (una composizione unica nel suo complesso come l'[[Iliade]],<br />come gli annali di [[Quinto Ennio|Ennio]]) ed è un'opera unica,<br />ed è molto più ampia, come ho già detto, di un poema.<br />Perciò dico: chi vuol criticare [[Omero]] non è che lo critichi tutto,<br />e neppure critica ciò che ho chiamato prima la sua «poesia»;<br />ne critica un verso solo, una parola, un concetto, un passo isolato. (1968)
:''Non haec quid valeat, quidve hoc intersiet illud<br />cognoscis. Primum hoc, quod dicimus esse poema...<br />...Epistula item quaevis non magna poema est.<br />Illa poesis opus totum, (tota Ilias una<br />est, una ut θέσιςthesis''<ref name=gr>Lucilio, abusando di termini greci, attira contro di sé gli strali di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]].</ref>'' annales Enni) atque opus unum<br />est, maius multo est quam quod dixi ante poema.<br />Qua propter dico: nemo qui culpat Homerum,<br />perpetuo culpat, neque quod dixi ante poesin;<br />versum unum culpat, verbum, entymema''<ref name=gr/>'', locum unum.''
 
===Libro XXVI===
 
*<ref>L'aristocrazia senatoria offrì a Lucilio un importante incarico politico nella provincia d'Asia, ma quegli si rifiutò, preferendo l'''otium'' di Roma ai saccheggi di terre lontane. Puoi inoltre ritrovare in questo brano il ''soggettivismo'' luciliano: al proposito leggi la voce di Gaio Lucilio in Wikipedia.</ref> Che io debba diventare un pubblicano dell'Asia, un esattore di imposte,<br />invece che essere Lucilio, questo io non lo voglio, e al posto di questa cosa sola non vorrei in cambio tutto l'oro del mondo. (671-672 Marx; 2005)
:''Publicanus vero ut Asiae fiam, ut scripturarius<br />pro Lucilio, id ego nolo, et uno hoc non muto omnia.'' (671-672 Marx)
 
===Libro incerto===
 
*O preoccupazioni degli uomini! Quanta inutilità c'é nelle loro cose! (9 Marx; 2005)
:<ref>Attribuito a Lucilio, presente in [[Aulo Persio Flacco|Persio]], ''Satire'', libro I, verso 1.</ref> ''O curas hominum! O quantum est in rebus inane!'' (9 Marx)
 
*<ref>Lucilio attacca la corruzione dei cittadini romani.</ref> Ora dalla mattina presto a tarda notte, nei giorni di festa e di lavoro,<br />tutto il popolo e i senatori, senza distinzione,<br />si agitano per il fòro, e non se ne vanno mai;<br />tutti si sono dedicati a un'unica attività, a un'unica arte:<br />riuscire a imbrogliarsi senza darlo a vedere, combattersi con la frode,<br />gareggiare in complimenti, fingersi galantuomini,<br />tendersi trabocchetti, come se fossero tutti nemici l'uno dell'altro. (1228-1234 Marx; 2005)
:''Nunc vero a mani ad noctem, festo atque profesto,<br />totus item pariterque die populusque patresque<br />iactare indu foro se omnes, decedere nusquam,<br />uni se atque eidem studio omnes dedere et arti,<br />verba dare ut caute possint, pugnare dolose,<br />blanditia certare, bonum simulare virum se,<br />insidias facere, ut si hostes sint omnibus omnes.'' (1228-1234 Marx)
 
*<ref>Corre l'anno 121 a.C., e Quinto Muzio Scevola, detto Augure, è pretore ad Atene. Incontra per caso Tito Albucio, e lo saluta in greco (''Χαῖρεchaere'' (Χαῖρε), che equivale al ''vale'' latino, significante: ''stammi bene! Salute a te!''), come se Tito non fosse un cittadino romano, e quindi non capisse il latino. Il che sarà preso come un'offesa da Tito, il quale, l'anno successivo, accuserà il pretore Scevola di estorsione: quegli dovrà tornare in Italia, a Roma, per pronunciare la propria difesa davanti a un tribunale, ed essere assolto in tempo per candidarsi al consolato e ottenerlo nel 117 a.C.; si andrà formando tra i due, col tempo, un divario sempre maggiore, e una lunga serie di incidenti deteriorerà i rapporti tra i due.</ref> '''Quinto Muzio Scevola Augure''': O Albucio, tu hai preferito essere detto greco, invece che romano o sabino,<br />concittadino di Ponzio<ref>Cittadino di probabili origini sannitiche.</ref>, di Tritano<ref>Uomo di forza erculea, di probabili origini sannitiche.</ref>, concittadino di centurioni,<br />di uomini insigni, di primipili<ref>Il ''primus pilus'' è il capo di tutti centurioni che operano all'interno della sua legione.</ref> e di alfieri<ref>Il ''signifer'' è il portainsegne romano.</ref>.<br />Perciò ad Atene, al tempo che ero pretore<ref>Il ''praetor'' era un magistrato romano. Era investito di un pieno potere in ambito militare (detto ''imperium''), ma il suo ruolo più importante era svolto in materia giuridica: doveva impostare in termini giuridici le controversie, correggere e colmare le lacune dello ''ius civile'', presiedere ai processi penali, supplire ai consoli assenti in Roma, sovrintendere talvolta alle manutenzioni delle reti idriche della capitale. (vedi [[Wikipedia:it:pretore (storia romana)|pretore]] in Wikipedia)</ref>,<br />visto che tu lo preferivi, quando ti sei presentato a me, ti ho salutato in greco:<br />«ΧαῖρεChaere, o Tito.». E i littori<ref>Il ''littor'' era tutore dell'ordine ed era soprattutto assegnato alla difesa personale degli alti magistrati.</ref> e tutta la coorte<ref>La ''cohors'', secondo la riforma dell'esercito di Gaio Mario, consta di tre manipoli, dei quali uno di ''hastati'', un secondo di ''principes'', e un ultimo di ''triarii'', per un totale di 600 uomini.</ref> e la folla:<br />«ΧαῖρεChaere, o Tito.». Fu da quel momento che Albucio mi divenne nemico, da allora mi fu avversario. (1968)
*<ref>Lucilio attacca la corruzione dei cittadini romani.</ref> Ora dalla mattina presto a tarda notte, nei giorni di festa e di lavoro,<br />tutto il popolo e i senatori, senza distinzione,<br />si agitano per il fòro, e non se ne vanno mai;<br />tutti si sono dedicati a un'unica attività, a un'unica arte:<br />riuscire a imbrogliarsi senza darlo a vedere, combattersi con la frode,<br />gareggiare in complimenti, fingersi galantuomini,<br />tendersi trabocchetti, come se fossero tutti nemici l'uno dell'altro. (1228-1234 Marx; 2005)
:'''''Quintus Mucius Scaevola Augur''''': ''Graecum te, Albuci, quam Romanum atque Sabinum,<br />municipem Ponti, Tritani, centurionum,<br />praeclarorum hominum ac primorum signiferumque,<br />maluisti dici. Graece ergo praetor Athenis,<br />id quod maluisti, te, cum ad me accedis, saluto:<br />«ΧαῖρεChaere''<ref name=gr/>'', - inquam - Tite!». Lictores, turma omnis chorusque:<br />«ΧαῖρεChaere, Tite!», hinc hostis mi Albucius, hinc inimicus.'' (citato in Cicerone, ''De finibus bonorum et malorum'', 1, 9)
:''Nunc vero a mani ad noctem, festo atque profesto,<br />totus item pariterque die populusque patresque<br />iactare indu foro se omnes, decedere nusquam,<br />uni se atque eidem studio omnes dedere et arti,<br />verba dare ut caute possint, pugnare dolose,<br />blanditia certare, bonum simulare virum se,<br />insidias facere, ut si hostes sint omnibus omnes.''
 
*<ref>C.f.r. [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], ''Satire'', libro I, satira I, verso 62: ''«nil satis est - inquit - quia tanti quantum habeas sis»'' (Non basta mai niente - disse - perché sei ciò che possiedi);<br />c.f.r. [[Petronio Arbitro|Petronio]], 77, 6: ''Assem habeas, assem valeas: habeas, habeberis.'' (Hai un soldo? Vali un soldo: possiedi, e avrai stima.).</ref> Quello che hai è quello che tu sei,<br />quello che sei stimato. (2003)
*<ref>Corre l'anno 121 a.C., e Quinto Muzio Scevola, detto Augure, è pretore ad Atene. Incontra per caso Tito Albucio, e lo saluta in greco (''Χαῖρε'', che equivale al ''vale'' latino, significante: ''stammi bene! Salute a te!''), come se Tito non fosse un cittadino romano, e quindi non capisse il latino. Il che sarà preso come un'offesa da Tito, il quale, l'anno successivo, accuserà il pretore Scevola di estorsione: quegli dovrà tornare in Italia, a Roma, per pronunciare la propria difesa davanti a un tribunale, ed essere assolto in tempo per candidarsi al consolato e ottenerlo nel 117 a.C.; si andrà formando tra i due, col tempo, un divario sempre maggiore, e una lunga serie di incidenti deteriorerà i rapporti tra i due.</ref> '''Quinto Muzio Scevola Augure''': O Albucio, tu hai preferito essere detto greco, invece che romano o sabino,<br />concittadino di Ponzio<ref>Cittadino di probabili origini sannitiche.</ref>, di Tritano<ref>Uomo di forza erculea, di probabili origini sannitiche.</ref>, concittadino di centurioni,<br />di uomini insigni, di primipili<ref>Il ''primus pilus'' è il capo di tutti centurioni che operano all'interno della sua legione.</ref> e di alfieri<ref>Il ''signifer'' è il portainsegne romano.</ref>.<br />Perciò ad Atene, al tempo che ero pretore<ref>Il ''praetor'' era un magistrato romano. Era investito di un pieno potere in ambito militare (detto ''imperium''), ma il suo ruolo più importante era svolto in materia giuridica: doveva impostare in termini giuridici le controversie, correggere e colmare le lacune dello ''ius civile'', presiedere ai processi penali, supplire ai consoli assenti in Roma, sovrintendere talvolta alle manutenzioni delle reti idriche della capitale. (vedi [[Wikipedia:it:pretore (storia romana)|pretore]] in Wikipedia)</ref>,<br />visto che tu lo preferivi, quando ti sei presentato a me, ti ho salutato in greco:<br />«Χαῖρε, o Tito.». E i littori<ref>Il ''littor'' era tutore dell'ordine ed era soprattutto assegnato alla difesa personale degli alti magistrati.</ref> e tutta la coorte<ref>La ''cohors'', secondo la riforma dell'esercito di Gaio Mario, consta di tre manipoli, dei quali uno di ''hastati'', un secondo di ''principes'', e un ultimo di ''triarii'', per un totale di 600 uomini.</ref> e la folla:<br />«Χαῖρε, o Tito.». Fu da quel momento che Albucio mi divenne nemico, da allora mi fu avversario. (1968)
:''Tantum habeas, tantum ipse sies''<ref>Variante di ''sis''.</ref>'' tantique habearis.'' (1120 Marx)
:'''''Quintus Mucius Scaevola Augur''''': ''Graecum te, Albuci, quam Romanum atque Sabinum,<br />municipem Ponti, Tritani, centurionum,<br />praeclarorum hominum ac primorum signiferumque,<br />maluisti dici. Graece ergo praetor Athenis,<br />id quod maluisti, te, cum ad me accedis, saluto:<br />«Χαῖρε''<ref name=gr/>'', - inquam - Tite!». Lictores, turma omnis chorusque:<br />«Χαῖρε, Tite!», hinc hostis mi Albucius, hinc inimicus.'' (citato in Cicerone, ''De finibus bonorum et malorum'', 1, 9)
 
==Citazioni su Gaio Lucilio==