Domenico Losurdo: differenze tra le versioni

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'''Domenico Losurdo''' (1941 – vivente), storico italiano della filosofia italiano.
 
==''Controstoria del liberalismo''==
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*Si verifica però un fenomeno paradossale. Mentre da un lato coltiva nostalgie pre-moderne, dall'altro il [[liberalismo]] contrasta il movimento impegnato nella rivendicazione dei diritti politici e di quelli economici e sociali, accusandolo di sostanziale incapacità a comprendere e ad accettare la modernità. (cap. VI, 9, p. 204)
*Una vena [[Darwinismo sociale|socialdarwinistica]] attraversa il pensiero liberale fin dai suoi inizi. Sono eloquenti gli argomenti con cui, nell'Inghilterra della seconda metà del Settecento, [[Joseph Townsend]] polemizza contro ogni tentativo di introdurre una legislazione a favore dei poveri: essa finirebbe soltanto col distruggere l'equilibrio della natura, cancellando la «pressione pacifica, silenziosa, incessante della fame» e favorendo la crescita di una sovrappopolazione oziosa e ridondante. [...] Fin dagli inizi, la tendenza a naturalizzare il conflitto sociale e a presentare la ricchezza e il potere delle classi dominanti come espressione di un'immutabile legge naturale (in questo senso Burke parla di «aristocrazia naturale», consacrata dalla «Natura») comporta un elemento socialdarwinistico ''ante litteram''. (cap. VI, 11, p. 212)
*Benché il vasto paese fosse abitato da numerose tribù d'indigeni, si può affermare a ragione che al momento della scoperta esso non era che un deserto. Gli indiani lo occupavano, ma non lo possedevano, poiché solo con l'agricoltura l'uomo si appropria del suolo e i primi abitatori dell'America del Nord vivevano dei prodotti della [[caccia]].<br>Già per Locke, a fondare il diritto di proprietà può essere solo il lavoro, di cui risulta incapace un popolo dedito esclusivamente alla caccia. (cap. VII, 5, p. 228)
*Resta fermo che il termine «liberale» nasce da un'auto-designazione orgogliosa, che ha al tempo stesso una connotazione politica, sociale e perfino etnica. Siamo in presenza di un movimento e di un partito che intendono chiamare a raccolta le persone fornite di un'«educazione liberale» e autenticamente libere, ovvero il popolo che ha il privilegio di essere libero, la «razza eletta» – per dirla con Burke –, la «nazione nelle cui vene circola il sangue della libertà». Tutto ciò non è stupefacente. Come è stato chiarito da eminenti studiosi delle lingue indoeuropee, «liberi» è una «nozione collettiva», è un segno di distinzione che compete ai «ben nati» e solo a loro. Proprio per questo, al di fuori della comunità dei liberi e dei ben nati, la servitù o la schiavitù non solo non è esclusa ma è perfino presupposta. Agli occhi di Cicerone, alla testa dei ''liberi populi'' è Roma, che pure procede alla schiavizzazione in massa dei popoli sconfitti e considerati indegni della libertà. In modo analogo, nell'Inghilterra liberale del XVIII secolo, una canzone divenuta assai popolare (''Rule Britannia'') così inneggia all'impero che ha da poco strappato alla Spagna l'''asiento'', il monopolio della tratta dei neri: «Questo fu il suo privilegio divino, / che gli angeli cantarono in coro: / Oh Britannia, comanda alle onde, / Mai gli inglesi saranno schiavi». (cap. VIII, 1, p. 242)
*Fin dagli inizi l'auto-proclamazione della comunità dei liberi avverte a bisogno di far ricorso a miti genealogici che diano un fondamento a questo gesto di distinzione. <ref>Seguono citazioni da Montesquieu, Sidney, Hume, J.S.,. Burke, Lieber.</ref> (cap. VIII, 9, p. 264)