Bruno Bongiovanni: differenze tra le versioni

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''Storia della guerra fredda''
 
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==''Storia della guerra fredda''==
*Il 1917 era il prodotto di tre rivoluzioni (l'occidentalista-liberale di febbraio, la proletaria dei Soviet e delle città industriali, la contadina delle immense campagne, nessuna delle quali effettuata dai bolscevíchi, tutte e tre assecondate e poi affossate dai bolscevichi), ma non era riuscito a innescare la rivoluzione socialista internazionale, generando anzi la reazione internazionale e conservando, quasi per intera, l'eredità imperiale e territoriale dello zarismo. La qual cosa fu in seguito tra i fattori che costrinsero l'URSS a una politica estera dispendiosissima, sempre sproporzionata rispetto alle capacità economiche e produttive interne, com'era stata già quella zarista, ma in misura ancora maggiore. (p. 6)
*Ma, certo, il sistema tendenzialmente bipolare del 1945 fu, pur nel contrasto tra i due, e solo due (a lungo, ma mai in modo esclusivo), centri di potere, assai più simile a quello programmaticamente unipolare di Vienna che a quello necessariamente multipolare di Versailles. Fu infatti nel complesso, con le dovute e colossali differenze tra i due blocchi, autoritario, insofferente nei confronti dei soprassalti indipendentístici o nazionali, disponibile all'intervento diretto o indiretto – si pensi alla politica lei congressi della Santa Alleanza – là dove vi erano aree li disobbedienza reale o potenziale, disponibile infine a fare dell'[[ideologia]] un potente mezzo di confronto. Eppure, come Vienna, e a differenza di Versailles, nonostante i conflitti armati nelle aree periferiche del pianeta (dovuti essenzialmente all'inserirsi nel sistema del grandioso processo della decolonizzazione), ebbe, dal punto di vista del mantenimento della pace, una tenuta tutto sommato buona. Nei due campi, e nelle metropoli, del pianeta, vi fu infatti un assetto internazionale che si può definire «pax armata sovietico-americana dei quarantacinque anni» (1946-1991), succeduta appunto alla seconda guerra dei trent'anni (1914-1945). (p. 13)
*Dopo la fine della guerra fredda, la guerra fredda stessa, gran teatro endoconflittuale di un mondo scomparso, è diventata a sua volta ideologia; essa si è presentata come il fioco, e tuttavia al momento incancellabile, baluginare di quelle stelle ormai morte, che pure continuano a mandarci la loro luce, una luce vera e insieme, per quel che riguarda la sua fonte, ingannevole. E ciò si è verificato, come postumo contraccolpo appunto «ideologico», proprio in virtù di un unico denominatore, vale a dire in virtù dell'interpretazione del quarantacinquennio in questione come esclusivo, atletico e intrepido contrapporsi delle superpotenze: una contrapposizione senza soluzione di continuità, e senza un attimo di respiro. Il fenomeno fu subito evidente. Vennero infatti pubblicati, sin dall'inizio degli anni '90, articoli e libri che con il termine «guerra fredda» coprivano in modo totalizzante tutto l'arco di tempo che si dipartiva dal maggio del 1945 (capitolazione di Berlino) e arrivava all'agosto 1991 (fallito golpe <<sovietico>> nell'URSS di fatto già implosa). (p. 21)
*È stato vero piuttosto il contrario: il bolscevismo stalinizzato, in crisi nei tardi anni '30, è uscito mondializzato e potente dalla seconda guerra mondiale; e ciò è avvenuto in conseguenza della risposta, non psicologica e ideologica, ma militare e materiale, all'aggressione hitleriana del 1941, un'aggressione seguita peraltro a un'alleanza. (p. 40)