* "La signorina Deledda fa benissimo di non uscire dalla sua Sardegna e di continuare a lavorare in questa preziosa miniera, dove ha già trovato un forte elemento di originalità. I suoi personaggi non possono esser confusi con personaggi di altre regioni; i suoi paesaggi non sono vuote generalità decorative. Il lettore, chiuso il libro, conserva vivo il ricordo di quelle figure caratteristiche, di quei paesaggi grandiosi; e le impressioni sono cosi forti, che sembrano quasi immediate, e non di seconda mano, a traverso un'opera d'arte." ([[Luigi Capuana]], da ''Gli ismi contemporanei'')
* "A mano a mano che si scendeva, la campagna si faceva più ampia. Ma era di nuovo brulla e senza alberi. Nelle ampie vallette infossate affiorava la pietra. Uomini a cavallo passavano sperduti, in lontananza. Uomini con fagotti aspettavano l'autobus agli incroci. Ci avvicinavamo a Nuoro. Erano le tre passate e faceva freddo, nella luce pallida. Il paesaggio appariva nudo e pietroso, ampio, diverso da tutti gli altri. Arrivammo alla valle dove passa il tronco ferroviario per Nuoro. Distinsi subito i caselli rosa solitari delle ferrovie nel fondo valle. Svoltammo bruscamente a destra e continuammo a correre silenziosamente sui pendii come brughiere; più avanti, in basso, si vedeva la città raggruppata al termine della lunga discesa, con i monti che le si ergevano intorno, improvvisi. Stava lì come al limite del mondo ed aveva dietro cupe montagne. Cosi ci fermammo al casello daziario. L'uomo in velluto dovette pagare l'imposta per la carne e il formaggio che portava con sé. Poi scivolammo nella fredda via principale di Nuoro. Mi viene in mente che questa è la patria della scrittrice Grazia Deledda. Vedo un negozio di barbiere. La Deledda. E grazie a Dio il viaggio è finito. Sono le quattro passate. L'autobus si fermò proprio davanti alla porta dell'albergo. Stelle d'Italia, credo si chiamasse. Entrammo dentro per la porta spalancata." ([[David Herbert Lawrence]])
