Luciano Zuccoli: differenze tra le versioni

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'''Luciano Zuccoli''', pseudonimo di '''Luciano Von Ingenheim''' (1868 – 1929), [[scrittore]] e [[giornalista]] italiano.
 
==''Per la sua bocca''==
===[[Incipit]]===
Non si stava male in quella pensione. Eravamo sette: sei uomini e una [[donna]]. La donna si chiamava Eulalia, mi pare; Eulalia Delfranco; non bella e non brutta, vestiva con accuratezza, compariva silenziosa all'ora di tavola e di rado faceva udir la sua voce, se non le si rivolgeva la [[Parola|parola]]. Usciva spesso, ritornava tardi, aveva abitudini guardinghe e [[Silenzio|silenziose]]. L'ho incontrata parecchie volte in istrada; e l'eleganza della sua linea, la disinvoltura del suo parlare quand'era accompagnata da un uomo o da un'[[Amico|amica]], mi sono sempre parse in contrasto curioso con l'atteggiamento cauto e dimesso in cui si ammantava quand'era con noi. Gli uomini: due impiegati, due ufficiali, il principe ed io.
 
===Citazioni===
*Io credo che chi non ha provato l'[[ansia]] dell'attesa, i lunghi tormenti del desiderio insoddisfatto, la [[paura]] di perdere la propria [[donna]], i dubbi dell'assenza, non possa dire fino a quale altezza sappia giungere la [[passione]].
*La [[vita]] della [[donna]] è irta d'[[insidia]]; e la donna se ne guarda con inesauribile [[astuzia]]. In tal modo l'[[arte]] dell'[[inganno]] le è propria, indissolubile dalla sua indole, come l'arte del vestire.
*Non ci sono doveri fra due che si amano. C'è la comunanza di tutto, dell'[[anima]], del corpo, del [[Denaro|danaro]], di tutto!
*Le sue labbra di pallido corallo si schiusero a un sorriso.
*È un errore credere che la donna sia vanitosa; ossia, bisogna dire che la donna è vanitosa, ma l'uomo è assai più vanitoso della donna. [...] Io non ero vanitoso se non per le [[Gioia|gioie]] che Foglia di rosa mi dava. Sentivo tutto il privilegio di poterla accompagnare in pubblico e godevo della invidia altrui...
*L'arte di dimenticare è, nella donna, potente, e giova a conservarle i denti bianchi e il colorito fresco...
 
==''La freccia nel fianco''==
===[[Incipit]]===
S'eran conosciuti, una settimana di vento e di sole, in un piccolo [[paese]] sulle rive del lago.<br>Egli aveva otto anni e si chiamava Brunello. Un giorno doveva essere il conte Bruno Traldi di San Pietro, con un largo stemma, varii titoli d'antichi dominii perduti e quel tanto di patrimonio che Fabiano suo [[padre]], giocatore, avrebbe potuto lasciargli.<br>Ella si chiamava semplicemente Nicoletta Dossena, apparteneva a [[famiglia]] borghese arricchitasi nell'industria: contava diciotto anni, era dritta nell'anima come nel corpo; alta e formosa.
 
===Citazioni===
*Egli era tutto preso da un [[desiderio]] d'essere diverso, che lo studio dei classici e la biografia degli uomini grandi gli avevan messo in [[cuore]] non appena aveva potuto comprendere che ciascun uomo, come gli diceva Salapolli, teneva chiuso nel pugno il proprio [[destino]]. Ciascun uomo serrava nella sinistra la [[debolezza]] e la volgarità; nella destra la [[virtù]] e la grandezza. Non valeva lagnarci della nostra [[sorte]]; era un lagnarci di noi medesimi; era un confessare che non avevamo voluto essere ciò che desideravamo.
 
==''Roberta''==
===[[Incipit]]===
La prima volta che Cesare Lascaris entrò in [[casa]] delle due sorelle, il [[cielo]] sfarfallava di lampi infaticabili a levante e a ponente, come per un'alternativa di colori liquefatti e largamente diffusi sopra una cupola immensa.<br>Roberta era stata ripresa dal suo [[male]]. Una leggera spuma rosea le era sgorgata dalla [[bocca]], mentre innanzi alla finestra seguiva col binocolo un vapore, che all'ultima linea delle acque passava sotto il tumulto dei lampi, sotto il cumulo più nero delle nubi. Aveva deposto sùbito il cannocchiale, e volgendosi a Emilia con la pezzuola umida di [[sangue]], aveva detto:<br>– Ecco! – rispondendo alla sorda inquietudine, che dalla prima comparsa del morbo le aveva confitto gli artigli nel cuore.
===Citazioni===
*Nella cabina drizzata a ridosso delle rocce sovrastanti alla spiaggia, Emilia vestì l'abito pel [[mare]]; un abito tutto candido, costellato di fioretti d'oro con le foglioline d'oro; i piccoli piedi ricoverati nei sandali, ella tentò studiosamente lo scoglio che li afferrava come nel pugno d'un innamorato; s'avanzò, cercò il proprio riflesso nell'onda, si buttò a capofitto, sparve, riapparve lontana, tagliando con le braccia nude l'[[acqua]] ritmicamente.<br>L'acqua! Emilia l'aveva sempre temuta e vi si abbandonava con un [[piacere]] non privo di fremiti.... L'acqua che poteva essere la [[morte]], l'onda che aveva la forza di dieci leoni scatenati, l'acqua e l'onda l'attiravano, le parlavano, la cullavano perfidamente, ed Emilia non sapeva se un giorno non sisarebbero chiuse sopra la sua testa, eternando la conquista giovanile. (pagg. 18-19)
*Emilia non era più fanciulla, ma era stata [[donna]] per così poco tempo, che i guanciali del suo letto avevan dimenticato l'impronta d'una testa maschile e la luce del suo corpo risplendeva nell'alcova deserta. Era vedova da due anni; ma il desiderio di chiudere la [[solitudine]] dell'[[anima]] le faceva sembrar quel tempo assai lontano.<br>Aveva gli occhi grigi; i capelli neri avvolti intorno alla testa e attorti presso le orecchie, davano qualche riflesso d'acciaio.<br>Ella entrava sola nel talamo e sola riposava. Le era avvenuto forse di svegliarsi nella [[notte]] e d'irritarsi per uno di quegli arguti sogni, che non lascian tregua, popolano la [[mente]] di fiamme, soffiano sulle carni; le era avvenuto forse di stendere le braccia disperatamente nell'[[ombra]], e di piegarsi ad arco sotto lo spasimo del sogno che sfiora e sfugge.... Ma giungeva l'alba a quietarla, e il torpore invece del [[sonno]].... Si guardava nello specchio al [[mattino]], e vedeva sotto gli [[Occhio|occhi]] puri un livido cerchio. (pagg. 20-21)
*Sembravano due ragazzi accaniti in una gara ingenua, ed eran due [[Odio|odii]] che si cercavano, una coppia che travisava la [[lotta]] dei [[Sesso|sessi]], la quale finisce con un abbraccio, e qui non aveva [[speranza]] di finire se non con qualche imprevveduta [[violenza]]. Tale era diventata a poco a poco l'[[intimità]] fra Cesare e Roberta, che il [[dottore]] e la fanciulla non si chiamavano più coi nomi loro, ma con nomignoli bizzarri. (pag. 121)
*Illuminata dal male, Roberta appariva certi giorni veramente bella: un viso bianco e giovanile, che già si piegava a scrutare i vuoti abissi del nulla, un corpo fragile di cui Cesare conosceva quasi intere la forma e l'attraenza.... Poi, la giovinetta, anelante la [[bellezza]], si faceva di ora in ora più seduttrice, con molta incoscienza, la quale era un'altra [[seduzione]]; e nel giuoco sfoggiava una naturale arte femminea, dando alla voce alcuni coloriti di [[preghiera]] e d'[[ironia]], che vibravano a lungo e sembravano commuovere lei medesima. (pagg.122-123)
 
==Bibliografia==
*Luciano Zuccoli, ''Per la sua bocca'', Fratelli Treves Editori, [[Milano]] 1930.
*Luciano Zuccoli, ''La freccia nel fianco'', Gherardo Casini Editore, [[Roma]] 1963.
*Luciano Zuccoli, ''Roberta'', Garzanti, 1945.