Michele D'Avino: differenze tra le versioni

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==Il cantastorie''==
===[[Incipit]]===
AI MAGGIORENNI<br>ovvero<br>IL SUD E LA LINGUA<br><br>Un preside nordista, severo custode della [[buona]] [[salute]] della lingua italiana, richiama un insegnante sudista all'uso corretto di un termine.<br>– Non dica ''assegno'' – egli osserva. –Gli scolari potrebbero pensare agli assegni bancari.<br>Non prevede la confusione con l' ''assegno postale'': da buon cittadino della grassa Busto, il censore fa riferimento al [[Denaro|danaro]]. Per l'uso dell' ''assegno'', quello di carattere scolastico, un [[Energia|energico]] ''veto''.<br>''Veto'': sostantivo o verbo? Verbo diventato sostantivo.<br>Il tribuno della plebe si alzava, sollevava il braccio e dichiarava: ''veto hoc fieri'', «proibisco che ciò si faccia».<br>L'espressione per lungo uso diventò formula, si ridusse alla prima [[Parola|parola]] e naturalmente il verbo assunse valore di ''impedimento'', valore cioè di sostantivo, perdendo ogni articolazione e cristallizzadosi nella prima persona singolare del presente indicativo.<br>Fermo restando il presupposto, secondo cui il primo elemento del discorso a liberarsi del balbettio dell'[[uomo]] primitivo, fu quello che indicava l'[[azione]], legittimo mi sembra l'affermare che molti sostantivi siano scaturiti dal verbo.
 
===Citazioni===
*AI MINORENNI<br>Cari ragazzi, molti anni or sono pubblicai un [[libro]] nel quale si parlava dell'antica [[Pompei]], e un signore che si attendeva il riconoscimento stampato dei suoi meriti, si lamentò di essere stato dimenticato. Lo avevo fatto di proposito, non per malanimo, ma perché penso che i discorsi inopportuni muovono al riso. (p. 11)
*ANNO 1779, 8 [[AGOSTO]]<br>Il [[Vesuvio]] si infuriò come millesettecento anni prima, e molti, a [[Napoli]] e in [[Provincia]], ebbero una grande paura. L' abate Galiani, uomo spiritosissimo, prese a burla l'avvenimento, si mise a tavolino e scrisse.<br>Il [[giorno]] dopo diede alle stampe un opuscoletto intitolato<br>''Spaventosissima descrizione dello spaventoso<br>spavento che ci spaventò tutti con l'eruzione<br>del Vesuvio, di don Onofrio Galeota, [[poeta]] e<br> [[Filosofia|filosofo]] all'impronto''. (p. 13)
*''L'elettricità''<br>Adesso poi è uscita una nuova setta di filosofi, che hanno inventata una certa cosa che la chiamano elettricità, che io pur ci vado in [[pazzia]]. Basta dire che se uno, quando apre una tabacchiera, sternuta, non vogliono che sia sternuto, ma dicono che è il fluido elettrico sternutatorio, il quale, trovando fra il naso e la tabacchiera l'interruzione, salta non so bene se dal naso alla tabacchiera o dala tabacchiera al naso. Se uno paga un debito, non vogliono che sia un pagamento, ma dicono che sia la materia elettrica metallica che dalla sacca del debitore corre alla sacca del creditore. Se un innamorato bacia la [[mano]] dell'innamorata, dicono che è fluido elettrico amoroso; e mostrano una certa bottiglia piena di limatura di ferro che fa l'esperienza e carica e scarica a gusto loro. Questa è una [[filosofia]] da mandare uno agli Incurabili.<br>La sustanza è che con l'elettricità essi credono di dare la spiegazione di tutti i parossismi del Vesuvio ed io non ne credo niente. (p. 15)
 
==Bibliografia==