Leonardo Sciascia: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 4:
 
==Citazioni di Leonardo Sciascia==
* Al di là dei temi, al di la dei contenuti, e che sono convinto che egli {{NDR|Mario Bardi}} è tra i pittori della sua generazione (che è poi la mia) uno dei più maturi e dei migliori.<ref>Da ''Mario Bardi'', Leonardo Sciascia, 1967 [http://www.mariobardi.it/bibliografia.htm#Gatto].</ref>
* A dar senso a questa considerazione occorrerebbe far discorso sul colore di Bardi, che è la sua più forte peculiarità. Un colore che nelle sue accensioni e preziosità dà il senso di provenire dal nero e di aspirare al nero: quasi “sviluppato” dal nero, insomma; e, svelato e sospeso per un momento, per un momento folgorato, dovesse di nuovo riassorbirsi nel nero.
*A pensarci bene, sono poi questi strumenti (l'ironia e il gusto) che impediscono lo scatto verso la grandezza. Un grande artista, un grande scrittore, non ha ironia e non ha gusto; e così anche i grandi momenti della letteratura, dell'arte, sono quelli che mancano di gusto e non sono governati dall'ironia. (citato in Paolo Nifosì, ''Leonardo Sciascia: la passione di un "incompetente"'', in ''La bella pittura''. Cfr ''Leonardo Sciascia e le arti figurative'', catalogo della mostra, Racalmuto 1999, a cura di Paolo Nifosì, Edizioni Salarchi Immagini, Comiso 1999, p. 19)
Riga 11:
[[File:Tomba di Sciascia 3.jpg|miniatura|Epitaffio di Sciascia]]
*Ce ne ricorderemo, di questo pianeta.<ref>Epitaffio sulla tomba a Racalmuto; la citazione è di [[Auguste de Villiers de L'Isle-Adam]]. In un manoscritto conservato dalla famiglia, Sciascia ha scritto: «Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Rouget de l'Isle Adam: "Ce ne ricorderemo, di questo pianeta". E così partecipo alla scommessa di [[Pascal]] e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano» (Matteo Collura, ''L'isola senza ponte. Uomini e storie di Sicilia'', Longanesi). Per approfondire, v. Matteo Collura, ''[https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2007/settembre/05/Sciascia_svelato_ultimo_enigma_co_9_070905042.shtml Sciascia, svelato l'ultimo enigma]'', ''Corriere della sera'', 5 settembre 2007, p. 41. {{Cfr}} [[:commons:File:Tomba di Sciascia 3.jpg|Tomba nel cimitero di Racalmuto (AG), Italia]].</ref>
*Ci sono, si, i suoi quadri: nelle case, nelle gallerie pubbliche, riprodotti a milioni di esemplari, sotto gli occhi di tutti, ad arricchire e ad abbellire la vita, a riscoprirla; ma sono come le terre al sole di don Gesualdo. «Ma egli è siciliano», dice ancora Lawrence di Gesualdo, «e qui salta fuori la difficoltà». La difficoltà, per [[Renato Guttuso|Guttuso]], per noi, per ogni uomo che è nato in quest'isola, di vivere dopo aver fatto, dopo avere accumulato quadri o libri o denaro; la difficoltà a resistere, a non soccombere «sotto il gruzzolo» della ricchezza o della gloria o soltanto e semplicemente delle cose fatte, delle cose in cui abbiamo messo e mettiamo la nostra passione.<ref>Da ''Mario Bardi'', Leonardo Sciascia, 1967 [http://www.mariobardi.it/bibliografia.htm#Gatto].</ref>(Citato in ''Renato Guttuso'', a cura di Natale Tedesco, ''Galleria. Rassegna bimestrale di cultura'', a.XXI, 1-5, gennaio-ottobre 1971.)
*Ci sono uomini che in determinate epoche arrivano alla perfezione, sciogliendosi dall'ambiente in cui vivono e dalle cose del loro tempo, assumendo coscienza della fine e salvandosene nel distacco, nella superiorità, nell'autosufficienza. E in questo senso, [[Lucio Piccolo|Piccolo]] partecipa di una tale perfezione, nella sua vita come nella sua poesia.<ref>Citato in Chiara Fratantonio, ''[http://www.flaneri.com/2013/01/12/lucio_piccolo_poeta_tra_le_ombre/ Lucio Piccolo, poeta tra le ombre]'', ''Flaneri.com'', 12 gennaio 2013.</ref>
* ... ci vuole ben altro per fare quel discorso che la pittura di Bardi merita.<ref>Da ''Mario Bardi'', Leonardo Sciascia, 1967 [http://www.mariobardi.it/bibliografia.htm#Gatto].</ref>
*{{NDR|Su [[Luigi Pirandello]]}} Comunque, per schematicamente abbreviare, i punti da cui partire per un più "attendibile " discorso su Pirandello, per una più libera e acuta lettura dell'opera sua, a me pare siano questi: 1) la Sicilia: non solo come "luogo delle metamorfosi" delle creature in personaggi, dei personaggi in creature, della vita nel teatro e del teatro nella vita – un luogo, insomma, in cui più evidente, concitato e violento si fa "el gran teatro del mundo"; ma il luogo, anche, di una cultura e di una tradizione da cui Pirandello decolla verso spazi vertiginosi (e qui bisogna tenere un certo conto della sua iniziale e poi alquanto persistente affinità al mondo realistico, fiabesco e anche "spiritistico" di Luigi Capuana); 2) la "religiosità": che, si capisce, non ha nulla a che fare con le religioni rivelate, con la chiesa e con le chiese, anche se molto ha a che fare con l'essenza evangelica del Cristianesimo, ma che soprattutto si riconosce in quella che tout court possiamo dire la sua religione dello scrivere, dello scrivere come vivere, dello scrivere invece di vivere ("la vita" diceva "o la si vive o la si scrive": e nella sua scelta di scriverla c'è evidentemente un religioso eroismo); 3) il suo rapporto con Montaigne, mai finora scrutato, e l'antagonistica attrattiva che certamente Pascal esercitò su di lui: e ci vorrebbe una ricerca da elaboratore elettronico – ma meglio se fatta da mente umana – per estrarre dall'opera di Pirandello i momenti diciamo pascaliani, di sentimento e sgomento cosmico particolarmente. E avendo fatto questi due nomi – Montaigne e Pascal, grandi pilastri nell'edificio della letteratura francese – ne discende in definitiva la necessità di esaminare e puntualizzare il rapporto di Pirandello con quella cultura: rapporto che finirà col rivelarsi molto più importante ed effettuale di quello, che è ormai luogo comune riconoscergli, con la cultura tedesca. Ed anche questo punto, cui ho voluto dare rilevanza a sé, in verità si appartiene al Pirandello "siciliano", poiché il rapporto con la Francia è un dato inalienabile della cultura siciliana, e di grande intensità particolarmente lo era negli anni formativi di Pirandello.<ref name=pirand>Dal discorso commemorativo pronunciato a Palermo nel 1986 per il cinquantenario della morte di Luigi Pirandello; riportato in ''[http://www.parodos.it/archivio/sciascia_pirandello.htm Sciascia: Pirandello]'', ''Parodos.it''.</ref>
*Continuo ad essere convinto che la [[Sicilia]] offre la rappresentazione di tanti problemi, di tante contraddizioni, non solo italiani ma anche europei, al punto da poter costituire la metafora del mondo odierno.<ref name=metaf>Da ''La Sicilia come metafora'', Mondadori, Milano, 1979, p. 78.</ref>
*Cosa rispondere, se non che il siciliano è il prodotto della sua storia? È colpa sua se non ha mai davvero deciso da solo, se sono gli altri che hanno sempre agito per lui, in sua vece e luogo, romani, bizantini, piemontesi?<ref name=metaf/>
*{{NDR|Su ''[[Federico De Roberto#I Viceré|I Viceré]]''}} Dopo I Promessi sposi, il più grande romanzo che conti la letteratura italiana.<ref>Citato in ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/11/10/croce-sbaglio-vicere-un-grande-romanzo.html Croce sbagliò "I Viceré" è un grande romanzo]'', ''la Repubblica'', 10 novembre 2007.</ref>
* {{NDR|Mario Bardi descrive}} fasci socialisti, il separatismo, Portella della Ginestra, la mafia – ma visti dal di dentro, nelle dolorose implicazioni della nostra responsabilità. A questi punti dolenti della realtà siciliana e della coscienza individuale e collettiva dei siciliani, Bardi ovviamente perviene attraverso un ordine di esperienze e di scelte diverse di quelle di uno scrittore, e più immediate (anche se avvertite e sostenute dalla partecipazione a quella particolare cultura di cui molto prematuramente Gentile stese l’atto di morte).<ref>Da ''Mario Bardi'', Leonardo Sciascia, 1967 [http://www.mariobardi.it/bibliografia.htm#Gatto].</ref>
*{{NDR|Su [[Piero Guccione]]}} E dunque la parola "astrologare", "strologare", può avere il senso proprio di scrutare e studiare gli astri, di indovinarne le leggi e quello, più abusato e comune, di indovinare negli astri – come in un sogno immenso – il destino degli uomini. In questo duplice senso, così cogliendone l'essenza, possiamo dire che Piero Guccione ha "astrologato" immagini dal ''Gattopardo'': come dalla volta notturna che don Fabrizio contempla e che una di queste immagini rende con misteriosa e ineffabile profondità. Ed è da dire che nella storia del libro illustrato, delle interpretazioni in immagini di opere letterarie, non molti esempi abbiamo di così stretta congenialità, di così immediata e sottile affinità, paragonabili a questo incontro del siciliano Guccione col romanzo del siciliano [[Giuseppe Tomasi di Lampedusa|Tomasi]]: onirico incontro su una irredimibile realtà.<ref>Da ''Guccione e "Il gattopardo"'', Citato in ''Piero Guccione opere 1957-1989'', a cura di Marco Goldin, Electa, 1989, p. 48. ISBN 88-435-3077-1</ref>
*{{NDR|Su Luigi Pirandello}} E voglio finire con un aneddoto che riguarda il Pirandello siciliano e che, nella dilagante stupidità di oggi, che tende a relegare la Sicilia in una particolare etnia (si ha il pudore di non usare la parola "razza": ma soltanto di non usarla), assume un grande significato. Nel 1932 Emilio Cecchi, che dirigeva la Cines, comunica a Pirandello l'intenzione di trarre un film dalla novella Lontano. Ma ha uno scrupolo: "nella novella come sta scritta, il marinaio norvegese si sente irresistibilmente attratto da una vita più vasta, e dai ricordi della patria, per il fatto di trovarsi legato, con il matrimonio, ad un ambiente meno che meschino; in fondo è in lui l'insofferenza dell'uomo appartenente a civiltà più energiche e libere, naufragato in un'isola abitata da gente ristretta, fra la quale egli sente mancarsi il fiato". Cecchi, scrittore che tuttora amo, era affetto da una invincibile idiosincrasia nei riguardi della Sicilia, dei siciliani: e la si può più immediatamente riscontrare nei suoi Taccuini, oltre che in questa sua lettura della novella Lontano. La novella non sta scritta come lui la leggeva; e Pirandello infatti così risponde: "Caro Cecchi, il contrasto non è tra due civiltà; ma tra due vite naturalmente diverse, quella di un uomo del Nord e quella di una donna del Sud; e il dramma che ne nasce, il dramma di restar "lontano" tra i vicini più vicini: la propria donna, il proprio figlio. Non c'è dunque da farsi scrupoli sulla natura di quelli a cui Lei mi accenna. Tutt'altro! Non era, né poteva essere nelle mie intenzioni di rappresentar barbara o di civiltà inferiore la Sicilia...". Naturalmente, il film non si fece. Ma queste parole di Pirandello restano, ci restano.<ref name=pirand/>