Leonardo Sciascia: differenze tra le versioni

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aggiunte citazioni da "La scomparsa di Majorana". Ho tolto l'incipit perché anomalo: è una lettera di Gentile a Bocchini
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*Poiché nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini, se la letteratura non glielo apprende. (da ''La strega e il capitano'', Adelphi)
*{{NDR|Su [[Antonio Veneziano (poeta)]]}} Perché questo è il punto che fa della poesia del Veneziano un caso assolutamente unico: per circa due secoli e mezzo (fino all'edizione, peraltro scorrettissima, dell'Arceri, nel 1859) ha avuto una ristretta circolazione manoscritta ma una vastissima diffusione e tradizione nella memoria del popolo fin quasi ai nostri giorni, e anzi la tradizione manoscritta indubbiamente è stata influenzata dalla tradizione mnemonica in cui, attraverso un continuo processo di cristallizzazione, veniva a realizzarsi quella tendenza a ''reputare da lui ogni cosa bella'' già abbastanza evidente nei primi decenni del Seicento. Ma questo non è, fortunatamente, problema nostro. Noi abbiamo voluto raccontarne la vita, cosí appassionata, tribolata e drammatica che degnamente avrebbe potuto trovar posto in quelle «di avventure di fede e di passione» del [[Benedetto Croce|Croce]] (il quale, notizia di non scarso rilievo, aveva pensato ad una edizione delle opere del Veneziano negli «Scrittori d'Italia» del Laterza) e che è rimasta, appunto perché cosí travagliata e tragica, nella leggenda e nella fantasia del popolo siciliano.<ref>Da ''Introduzione'' a [[Antonio Veneziano (poeta)|Antonio Veneziano]], ''Ottave'', Testo e traduzione a cura di Aurelio Rigoli, Einaudi, Torino, 1967, p. 28.</ref>
*Pubblicata, tra il 1909 e il 1928, da editori come Sandron e Treves, recensita con attenzione da [[Giuseppe Antonio Borgese]], [[Maria Messina]] è stata finora dimenticata anche nel fervente recupero della letteratura femminile e femminista che si è avviato in Italia negli ultimi anni.<ref>Citato in Salvatore Silvano Nigro, ''Una spia tyra le righe'', Sellerio, Palermo, 2021, p. 237. ISBN 88-389-4201-3</ref>
*{{NDR| In risposta al concetto di [[Otto Weininger]] sulla città di Siracusa}} Niente di meno vero: [[Siracusa]] non solo è una città in cui si può vivere, ma da vivere: nessun'altra città al tempo stesso che come città si nega, si dissimula, si fa segreta e visionaria; da scoprire. (''Opere, 1984.1989'', p. 664)
*In ''Rome, Naples, et Florence en 1817'' dice di trovarsi ad Ancona il 27 maggio e a Loreto il 30. In ''Rome, Naples, et Florence en 1817'' del 1826, alla data 29 maggio 1817, dice di trovarsi a Reggio Calabria. La verità è che dai primi di maggio alla fine di luglio di quel 1817 se ne stette a Parigi. A Reggio Calabria non andò quell'anno, né mai andrà. La sua visione, dalle finestre dell'albergo di Reggio, delle case di Messina; il suo desiderio di attraversare quel braccio di mare e di arrivare in Sicilia – l'ottica, insomma, e lo stato d'animo, sembrano provenire da una lettera, che probabilmente non gli era ignota, di [[Paul Louis Courier]] (del 15 aprile 1806, appunto da Reggio): "Noi la vediamo come dalle Tuileries voi vedete il faubourg Saint-Germain; il canale non è, in fede mia, più largo; e tuttavia abbiamo difficoltà ad attraversarlo. Lo credereste? Se soltanto mancasse il vento, noi faremmo come Agamennone: sacrificheremmo una fanciulla. Grazie a Dio, ne abbiamo in abbondanza. Ma non abbiamo una sola barca, ecco il guaio. Ci dicono che arriveranno; e fino a quando avrò questa speranza, credetemi, signora, che non volgerò lo sguardo indietro, verso i luoghi dove voi abitate, anche se tanto mi piacciono. Voglio vedere la patria di Proserpina, e sapere perché il diavolo ha preso moglie proprio in quel paese". (''[[Stendhal]] e la Sicilia'' in ''Fatti diversi di storia letteraria e civile'', Opere 1984.1989, p. 696, Bompiani)