Al crepuscolo (antologia): differenze tra le versioni

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*La mia opera era anche la mia gioia. Nella maggior parte dei casi quei racconti mi sballavano, mi procuravano un viaggio. Sgorgavano uno via l'altro, come i successi dalla stazione rock AM che, quando scrivevo, ascoltavo sempre nel locale lavanderia che era anche il mio studio. <br />Li scrivevo di getto, raramente ci tornavo sopra dopo la seconda stesura e mai mi sarei sognato di domandarmi da dove saltassero fuori o in che modo la struttura di un buon romanzo differisca dalla struttura di un romanzo, o con quale tecnica si affrontino questioni come la psicologia di un personaggio, retroscena e cornice temporale. Mi lasciavo trasportare da puro istinto, mi facevo guidare da nient'altro che dalle mie intuizioni e da una totale, infantile fiducia in me stesso. Per me contava solo che mi venissero quelle idee. Solo di quello dovevo preoccuparmi. Di certo non riflettei mai sul fatto che scrivere racconti sia un'arte fragile, di quelle che, se non vengono esercitate con costanza, vengono presto dimenticate. (p. XI)
*Molte cose nella vita sono come andare in bicicletta, ma scrivere racconti non è una di esse. Ci si può veramente dimenticare come si fa. (p. XII)
*Sono buoni questi racconti? Sì, io credo di sì. È letteratura? Non lo so e non sono sicuro che m'importi; chiedetelo a un critico. Vi aiuteranno ad ammazzare la noia di un lungo viaggio? Spero di sì, perché quando succede è come essere toccati da una [[bacchetta magica]]. <br /> Di sicuro, a me è piaciuto a scriverli. E spero che a voi piacerà leggerli, anche questo so. Spero che vi portino via. E finché ricorderò come si fa, non smetterò. (p. XIV)
*Voglio ringraziarvi per esserci. Scriverei ancora se mi abbandonaste? La risposta è sì. Perché mi sento felice quando le parole si assommano e l'immagine si forma e le persone inventate fanno cose che mi deliziano. Però con te è meglio, Fedele Lettore. <br />Sempre meglio con te. (p. XIV)