Fernand Braudel: differenze tra le versioni

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*[[Genova]], con i suoi colossali bastimenti famosi allora nel mondo intero, con le sue case ammonticchiate che spuntano come candele – l'ho amata e l'amo ancora.<br>Anche Genova bisogna incontrarla venendo dal mare. Avendo proclamato a gran voce che l'amavo, mi sono visto arrivare lettere, segni di amicizia. Ma anche delle domande: dicevo proprio quello che pensavo? Anche in tempo di maestrale, che cola come una sfilza di rivoletti ghiacciati per strade e stradette, Genova mi incanta. Dalla città alta un breve movimento delle spalle, una svolta ad angolo retto, ed eccovi nella città vecchia, nera, un altro universo, segreto, pieno di odori forti... Siete perduti. Ci si riprende, si torna alla ragione solo al termine del pendio, quando appare il mare.<ref>Da ''L'Italia che mi ha incantato'', in ''Corriere della Sera'', 31 ottobre 1982, p. 3.</ref>
*Impossibile, nondimeno, per me non vagheggiare per Napoli una sorte diversa da quella che le conosco oggi e non invitare i miei amici italiani, per assaporarne reazioni, tanto più inorridite in quanto siano originari di Milano, di Bologna o di Firenze, a immaginare quale avrebbe potuto essere il destino dell'Italia ed il volto attuale di questa città se essa fosse stata preferita a Roma come capitale del nuovo Stato. [[Roma]], che nulla qualificava a svolgere questo ruolo, salvo la sua leggenda e il suo passato, quando Napoli era – e di gran lunga –, malgrado i rapidi progressi di Torino, la sola città ad essere, verso il 1860-70, all'altezza del compito.<ref name=capitale />
*L'acqua, sempre l'acqua: è la materia, il materiale della città. E prima di tutto l'acqua della [[Laguna di Venezia|laguna]], che di [[Venezia]] è la matrice. Ma chi lo sa? I canali, anche i più gloriosi, la cui immagine canta nella nostra memoria, sono conseguenze, non la causa prima. La causa prima è quella piatta distesa liquida che circonda e circoscrive la città, al tempo stesso malamente aperta e malamente chiusa dalla parte dell'Adriatico. Senza di essa, nulla sarebbe stato possibile. Qui Venezia è cominciata [...]<br>Questo dominio, questa signoria della laguna, solo i veneziani li conoscono, e li hanno cantati o anche descritti in libri eruditi. Lo straniero, affascinato, monopolizzato dalla città, disdegna troppo facilmente il mare interno, che a essa fa capo, come una viva pianta al suo fiore. Rifiuta di perdersi nella malia di quelle distese d'acqua, tanto unite, tanto irreali, che la luce del giorno rende di volta in volta bianche, azzurre, rosa, grigie, più raramente viola e più raramente ancora verdi, come i canali della città e come le ha dipinte Abert Marquet. Lontano, all'orizzonte, la riva delle isole o delle lingue di sabbia disegna appena un filo di ocra sul pelo dell'acqua.<ref>Da ''Venezia'', in ''Il Mediterraneo, {{small|Lo spazio la storia gli uomini le tradizioni}}'', traduzione di Elena De Angeli, Bompiani, Milano, 1997<sup>7</sup>, p. 245. ISBN 88-452-1869-4</ref>
*Ma l'errore dell'Unità risiede probabilmente altrove: nella volontà di costruire ad ogni costo uno Stato centralizzato su un modello francese del quale noi francesi abbiamo tanta difficoltà a disfarci oggi, voltando le spalle a ciò che faceva la sua ricchezza, quella pluralità di città abituate a dominare e guardare lontano. Si vagheggia volentieri di una rotazione, di cinque anni in cinque anni. Ma Napoli avrebbe saputo attendere tranquillamente? Temo di no: essa ama troppo la vita e le gioie della potenza per cedere a simili generosità.... Facilmente la credo capace di un immenso coraggio, non del gusto del sacrificio. Non la vedo rientrare nei ranghi dopo avere occupato la prima pagina: per conservare questo posto, ha scelto di essere diversa.<ref name=capitale />
*Ne consegue l'obbligo di rivolgersi ai mercati d'oltremare. In una corsa di questo genere, l'Inghilterra è la meglio piazzata, in quanto ha utilizzato la via più sicura e veloce: quella dei legami della finanza. Da allora, legata a Londra, l'America latina resterà alla periferia dell'economia-mondo europea, dalla quale anche gli Stati Uniti, costituiti nel 1787, avranno, nonostante i precoci vantaggi, molte difficoltà a uscire del tutto. È alla Borsa di Londra, e secondariamente a quella di Parigi, che si registrano, con le quotazioni dei prestiti, gli alti e i bassi dei nuovi destini dell'America.<ref>Da ''Civiltà materiale: secoli XV-XVIII'', p. 446.</ref>
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*Se mai esiste una città diabolicamente capitalistica assai prima dell'età capitalistica europea e mondiale è proprio [[Genova]], opulenta e sordida al tempo stesso.<ref>Da ''Il secondo Rinascimento'', traduzione di Corrado Vivanti, Einaudi, Torino, 1986, p. 78. ISBN 88-06-59364-1</ref>
*Tutti, anche, hanno dovuto fare i conti con questa città enorme, che sfuggiva loro incessantemente e che controllavano solo in apparenza. Ma tutti hanno finito per lasciarsi prendere dal gioco; ed io capisco come Murat abbia cercato disperatamente di salvare il suo trono e di averlo preferito, non senza coraggio, alla propria vita. Quale governo, oggi, sarebbe capace di un simile atteggiamento? Tenere Napoli è correre un rischio, e accettare di pagarne il prezzo. Nessuno, di quei sovrani di ieri, che non abbia dovuto annegare nel sangue di molteplici rivolte; nessuno, neppure, che non abbia lasciato dei rimpianti, nemmeno gli spagnoli, nemmeno i Borboni, che a Napoli hanno ancora i loro seguaci inconsolabili.<ref name=capitale />
*Tutti da bambini, abbiamo sognato la fortuna di Robinson Crusoe, il naufragio davanti all'isola che tanto opportunamente lo priva di ogni suo bene [...] tutti abbiamo sognato le stranezze di una vita inedita in un regno inaccessibile, un'isola di libertà, frutto, in qualche modo, di una diversa distribuzione delle cose della vita.<br>Ebbene, anche [[Venezia]] è un'isola, un mondo altro, per persone adulte o quasi, per bambini troppo cresciuti ma ancora capaci di sognare. Un'isola certo non inaccessibile, ma che forse non si raggiunge mai veramente. La si è troppo immaginata, prima di conoscerla, per vederla così com'è. La amiamo attraverso noi stessi. Sortilegio, illusione, inganno, specchio deformante, ecco quel che è, quel che le chiediamo di essere. [...] Mondo a metà visto a metà sognato, si richiude su di noi come per virtù propria. Ed è quanto ci aspettiamo. Ciascuno di noi ha il suo modo di amare Venezia, che non è quello del vicino, e di racchiudervisi a piacer suo, di trovarvi ciò che vuole, la decrepitezza della morte, un attimo di tregua, un alibi, una stravaganza o il semplice intermezzo di una vita diversa.<ref>Da ''Venezia'', in ''Il Mediterraneo,'' p. 245. ISBN 88-452-1869-4</ref>
 
==''Il mondo attuale''==