Roberto Peregalli: differenze tra le versioni

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* Il concetto di incontaminato [...] è fondamentalmente falso. Tutto è contaminato dal tempo e dall'uomo. Nell'attimo stesso in cui mettere le sue radici in un luogo lascia un segno e l'incanto si sbriciola.
* Esistono nelle [[città]], nei paesi, nelle campagne, "[[rovine]] semplici"...Cascine abbandonate, un muro senza aperture, uno spiazzo solitario con una fabbrica dismessa, una vecchia ciminiera diroccata, una strada che non finisce, chiese, mausolei, tumuli lasciati al loro [[destino]], attraversati dal tempo. Luoghi che apparentemente non dicono nulla di più della loro [[solitudine]] e del loro abbandono e in cui il motivo delle loro condizioni non si legge più tra le pieghe dell'architettura. Le ferite, se mai ci sono state, non mostrano la loro origine.<br/>Troviamo queste rovine dappertutto nel mondo, sparse tra le nuove costruzioni, o isolate e lontane. Quello che colpisce è la [[tranquillità]], la pacatezza. Non servono più a nulla, non possono essere sfruttate, manipolate. Possono solo essere cancellate da una ruspa. Questa [[fragilità]] è la loro [[forza]]. Ci affascinano perché ci somigliano. Somigliano al nostro essere caduchi, alla nostra mortalità, alla sete dei nostri attimi di [[felicità]].
*Oggi si cerca di pettinare le rovine, forse per proteggerle o per proteggersi dalla loro forza. Si mette un ordine, una disposizione, in modo che le persone possono capire la loro storia. I siti archeologici vengono cintati, sbarrati con cancelli, i viottoli asfaltati per permettere alle folle di visitatori di incanalarsi in una sola direzione. I cespugli, gli alberi vengono estirpati. Si teme che le radici possano danneggiare le pietre. È un mondo in cui tutto deve essere spiegato. Non viene lasciato spazio al mistero, alla luce che vibra nell'aria del luogo. Passeggiare senza meta tra le rovine, di qualsiasi epoca esse siano, è un’esperienza entusiasmante. Il tempo è come improvvisamente sospeso. Il mondo quotidiano appare lontano. Il rapporto che si è creato tra la natura e l'opera ha generato un miracolo, un equilibrio fragile e sublime tra il tempo e la bellezza. Un racconto della solitudine e del silenzio. La presunzione di quest'epoca di distruggerlo per facilitare la comprensione ed evitare atti vandalici, cementando, pulendo, trasformando l’energia che si sprigiona dalle rovine in un compito difficile da decifrare, un cruciverba sterile, toglie alle cose la loro vita, le appanna, le trasforma in merce da digerire.<ref>Citato in Giampaolo Nuvolati, ''[https://media.fupress.com/files/pdf/24/2497/2497_23084 L'interpretazione dei luoghi: {{small|flânerie come esperienza di vita}}]'', Firenze University Press, 2013. ISBN 978-88-6655-239-0, ''media.fupress.com''.</ref> (p. 80)
* Nel mondo c'è un'ansia di [[eternità]]. L'idea che tutto debba tornare a risplendere com'era. [...] È un'epoca, questa, in cui da una parte si desidera l'[[infinito]] e dall'altra ci si spaventa per la fragilità delle persone e dei luoghi.
* Pensare che un luogo possa cristallizzarsi in un'eternità senza tempo è una chimera che denota, mascherato di [[umiltà]], un senso di [[presunzione]] infinito.
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==Bibliografia==
*Roberto Peregalli, ''I luoghi e la polvere'', Bompiani, Milano, 2010. ISBN 8845264114
*Roberto Peregalli, ''[https://www.google.it/books/edition/La_corazza_ricamata/i7ugDQAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&pg=PP1&printsec=frontcover La corazza ricamata: {{small|i Greci e l'invisibile]}}'', Bompiani, Milano, 2012. ISBN 9788858754610
 
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