Utente:Dread83/DreadBox6: differenze tra le versioni

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*Solo quando sono sicuro di me e non vado più in cerca di me stesso, sono veramente mia proprietà: io ho me stesso, per questo faccio uso e godo di me. Io non posso mai rallegrarmi di me, invece, finché penso che devo ancora trovare il mio vero io e che chi vive in me non sono io, ma è [[Gesù|Cristo]] o qualche altro io spirituale, cioè qualche fantasma, per esempio il vero uomo, l'essenza dell'uomo e simili. (p. 335)
*Che cos'è l'ideale se non l'io di cui si va in cerca e che resta sempre lontano? Si cerca se stessi, perciò non si ha ancora se stessi, si aspira a ciò che si ''dev'''essere, perciò non si è. Si vive nello ''struggimento'': per secoli si è vissuti in esso, si è vissuti nella ''speranza''. Ma ben altra sarà la vita di chi vive nel - ''godimento''! (p. 335)
*Povere creature che potreste vivere tanto felici soltantosaltando a modo vostro e che invece dovete ballare al suono della musica di questi pedagoghi domatori di orsi e produrvi in capriole artistiche che non vi verrebbe mai in menteinmente di fare! E non vi ribellate mai, sebbene vi si intenda sempre in modo diverso da come vorreste voi. No, voi ripetete sempre meccanicamente a voi stessi la domanda che avete sentito porre: "«A che cosa sono chiamato? Che cosa ''devo'' fare?"». Basta che vi poniate queste domantedomande e vi farete ''dire'' e ''ordinare'' ciò che dovete fare, vi farete prescrivere la vostra vocazione oppure ve la ordinerete ed imporrete voi stessi secondo le direttive dello spirito. Ciò comporta, per quel che riguarda la volontà, questo atteggiamento: io voglio ciò che ''devo''. (p. 340)
 
*Insomma, c'è una bella differenza nel considerarmi il mio punto di partenza o il mio punto di arrivo. Se mi considero in quest'ultimo modo, io non mi possiedo ancora, sono quindi ancora estraneo a me stesso, sono la mia essenza, la mia "vera essenza" e questa "vera essenza" a me estranea è un fantasma dai mille nomi che si prende gioco di me. Siccome io non sono ancora io, il mio io è un altro io (per esempio Dio, l'uomo vero, l'uomo veramente religioso o razionale o libero, ecc.). Ancora lontano da me stesso, io mi divido in due metà, una delle quali, quella non raggiunta e da realizzare, è la vera. L'una, la non vera, deve venir sacrificata: è quella non spirituale; l'altra, la vera, dev'essere l'uomo integrale: è lo spirito. Per questo si afferma: "Lo spirito è la vera essenza dell'uomo" oppure: "L'uomo esiste come uomo solo in spirito". E così ci si butta disperatamente ad acchiappar spiriti, come se in questo modo si potesse prendere se stessi e, andando a caccia di sé, si perde di vista se stessi, quali siamo realmente.
 
 
*Insomma c'è una bella differenza fra il considerarmi il mio punto di partenza o il mio punto di arrivo. Se mi considero in quest'ultimo modo, io non mi possiedo ancora, sono quindi ancora estraneo a me stesso, sono la mia essenza, la mia «vera essenza» e questa «vera essenza» a me estranea è un fantasma dai mille nomi che si prende gioco di me. Siccome io non sono ancora io, il mio io è un altro io (per esempio Dio, l'uomo vero, l'uomo veramente religioso o razionale o libero, ecc.).<br />Ancora lontano da me stesso, io mi divido in due metà, una delle quali, quella non raggiunta e da realizzare, è la vera. L'una, la non vera, deve venir sacrificata: è quella non spirituale; l'altra, la vera, dev'essere l'uomo integrale: è lo spirito. Per questo si afferma: «Lo spirito è la vera essenza dell'uomo» oppure: «L'uomo esiste come uomo solo in spirito». E così ci si butta disperatamente ad acchiappar spiriti, come se in questo modo si potesse prendere se stessi e, andando a caccia disé,
si perde di vista se stessi, quali siamo realmente.
 
 
 
 
*Povere creature che potreste vivere tanto felici soltanto a modo vostro e che invece dovete ballare al suono della musica di questi pedagoghi di orsi e produrvi in capriole artistiche che non vi verrebbe mai in mente di fare! E non vi ribellate mai, sebbene vi si intenda sempre in modo diverso da come vorreste voi. No, voi ripetete sempre meccanicamente a voi stessi la domanda che avete sentito porre: "A che cosa sono chiamato? Che cosa devo fare?". Basta che vi poniate queste domante e vi farete dire e ordinare ciò che dovete fare, vi farete prescrivere la vostra vocazione oppure ve la ordinerete ed imporrete voi stessi secondo le direttive dello spirito. Ciò comporta, per quel che riguarda la volontà, questo atteggiamento: io voglio ciò che devo.
*Insomma, c'è una bella differenza nel considerarmi il mio punto di partenza o il mio punto di arrivo. Se mi considero in quest'ultimo modo, io non mi possiedo ancora, sono quindi ancora estraneo a me stesso, sono la mia essenza, la mia "vera essenza" e questa "vera essenza" a me estranea è un fantasma dai mille nomi che si prende gioco di me. Siccome io non sono ancora io, il mio io è un altro io (per esempio Dio, l'uomo vero, l'uomo veramente religioso o razionale o libero, ecc.). Ancora lontano da me stesso, io mi divido in due metà, una delle quali, quella non raggiunta e da realizzare, è la vera. L'una, la non vera, deve venir sacrificata: è quella non spirituale; l'altra, la vera, dev'essere l'uomo integrale: è lo spirito. Per questo si afferma: "Lo spirito è la vera essenza dell'uomo" oppure: "L'uomo esiste come uomo solo in spirito". E così ci si butta disperatamente ad acchiappar spiriti, come se in questo modo si potesse prendere se stessi e, andando a caccia di sé, si perde di vista se stessi, quali siamo realmente.
*Chi non sa sbarazzarsi di un pensiero è, in questo, solo uomo, è schiavo del linguaggio [...] Il linguaggio o "la parola" ci tiranneggiano nel modo più brutale perché sollevano contro di noi un esercito di idee fisse. Osserva per una volta te stesso mentre pensi ad ogni istante senza pensieri e senza parole. Non solo, per esempio, nel sonno, ma persino nella più profonda concentrazione del pensiero, tu sei senza pensiero e senza parole, anzi: se così soprattutto allora. E solo grazie a quest'assenza di pensieri, a questa misconosciuta "libertà di pensiero", ossia libertà dal pensiero, tu appartieni a te stesso.
*Dio e l'umanità hanno posto la loro causa su nulla, su null'altro che su se stessi. Nello stesso modo io pongo la mia causa su di me. Io, che al pari di dio, sono il nulla di tutti gli altri, io che sono il mio tutto, io che sono l'unico.
 
===[[Explicit]]===
*''Proprietario'' del mio potere sono io stesso, e lo sono nel momento in cui so di essere ''unico''. Nell'''unico'' il proprietario stesso rientra nel suo nulla creatore, dal quale è nato. Ogni essere superiore a me stesso, sia Dio o l'uomo, indebolisce il sentimento della mia unicità e impallidisce appena risplende il sole di questa mia consapevolezza. Se io fondo la mia causa su di me, l'unico, essa poggia sull'effimero, mortale creatore di sé, che se stesso consuma, e io posso dire:<br />Io ho fondato la mia causa sul nulla.
 
==Citazioni su Max Stirner==