Utente:Dread83/DreadBox6: differenze tra le versioni

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*Non l'uomo costituisce la tua grandezza, ma tu stesso la crei, perché tu sei più che uomo soltanto e più potente di altri - uomini. (p. 142)
*La critica dice precisamente: tu devi liberare completamente il tuo io da tutte le limitazioni, in modo che divenga un io ''umano''. Io dico: liberati quanto puoi e avrai fatto ciò che sta in tuo potere; infatti non è dato a tutti di superare ogni barriera, ossia, per parlare più chiaramente: non per tutti è una barriera ciò che lo è per alcuni. Perciò non preoccuparti delle barriere degli altri; è sufficiente che tu abbatta le tue. (pp. 150-151)
*Io aggiro l'ostacolo di una roccia finché non ho abbastanza polvere per farla saltare in aria e aggiro l'ostacolo delle leggi di un popolo finché non ho raccolto l'energia sufficiente per rovesciarle. (p. 176)
*Per lo Stato è assolutamente necessario che nessuno abbia una volontà propria e, se qualcuno dimostra di averla, lo Stato deve escluderlo (rinchiuderlo, esiliarlo, ecc.); se tutti dimostrassero di averla, essi abolirebbero lo Stato. (p. 205)
*Il comportamento dello Stato è espressione del suo potere, della sua violenza, ma questa egli la chiama «diritto», quella del singolo «delitto». (p. 207)
*Nelle ricchezze del [[banchiere]] io vedo tanto poco qualcosa d'di estraneo come [[Napoleone]] nelle terre dei re: noi non abbiamo alcun TIMORE''timore'' di "«''conquistarle"''» e anzi cerchiamo i mezzi per poterlo fare. Noi togliamo loro, dunque, questo SPIRITO''spirito'' di ESTRANEITÀ''estraneità'' di cui un tempo avevamo timore. (p. 291)
*La rivoluzione mirava a creare nuove ''istituzioni'', la ribellione ci porta a non farci più ''governare'' da istituzioni, ma a governarci noi stessi, e perciò non ripone alcuna radiosa speranza nelle «istituzioni». Essa non è una lotta contro il sussistente, poiché, se essa appena cresce, il sussistente crolla da sé, essa è solo un processo con cui mi sottraggo al sussistente. E se abbandono il sussistente, ecco che muore e si decompone. Ma siccome il mio scopo non è il rovesciamento di un certo sussistente, bensì il mio sollevarmi al di sopra di esso, la mia intenzione e la mia azione non hanno carattere politico e sociale, ma invece ''egoistico'', giacché sono indirizzate solo a me stesso e alla mia propria individualità.<br />La rivoluzione ordina di creare nuove ''istituzioni'', la ribellione spinge ''a sollevarsi'', ''a insorgere''. (pp. 330-331)
 
 
 
*Per lo Stato è indispensabile che nessuno abbia una sua volontà; se uno l'avesse, lo Stato dovrebbe escluderlo, chiuderlo in carcere o metterlo al bando; se tutti avessero una volontà propria, farebbero piazza pulita dello Stato.
*Io aggiro l'ostacolo di una roccia finché non ho abbastanza polvere per farla saltare in aria e aggiro l'ostacolo delle leggi di un popolo finché non ho raccolto l'energia sufficiente per rovesciarle.
*Nelle ricchezze del [[banchiere]] io vedo tanto poco qualcosa d'estraneo come Napoleone nelle terre dei re: noi non abbiamo alcun TIMORE di "conquistarle" e anzi cerchiamo i mezzi per poterlo fare. Noi togliamo loro, dunque, questo SPIRITO di ESTRANEITÀ di cui un tempo avevamo timore.
*Osservate un po' quel sultano, che provvede con tanto affetto ai suoi. Non è egli forse l'immagine più schietta del disinteresse? Non sacrifica egli forse incessantemente se stesso al bene dei suoi? Sì, proprio dei suoi! Prova un po' a fargli capire che non sei suo bensì tuo: in premio dell'esserti sottratto al suo egoismo, tu sarai gettato in carcere. Il sultano non conosce altra causa che la propria: egli è per sé il tutto nel tutto, è l'unico, e non consente ad alcuno di non essere dei "suoi". E da tutti questi esempi illustri non volete apprendere che il miglior partito è quello dell'egoista? Io per mio conto faccio tesoro di queste lezioni e piuttosto che servire disinteressatamente a quei grandi egoisti, voglio essere l'egoista io stesso. Dio e l'umanità non hanno riposto la loro causa che in se stessi. Epperciò voglio riporre anch'io in me stesso la mia causa, io, che, al pari di Dio, sono nulla per ogni altra cosa, e per me sono il mio tutto, l'unico. Se Dio e l'umanità son ricchi abbastanza per esser tutto a se stessi, io sento che a me manca ancor meno e che non potrò lagnarmi della mia [[vanità]]. Io non sono il nulla del vacuo, ma il nulla creatore, il nulla dal quale io stesso creo ogni cosa. Lungi dunque da me ogni causa, che non sia propriamente e interamente la mia! Voi pensate che la mia causa debba essere per lo meno la buona causa? Ma che [[bontà e cattiveria|buono]], ma che [[bontà e cattiveria|cattivo]]! Io sono per me stesso la mia causa, ed io non sono né buono né cattivo. Tutto ciò per me non ha senso alcuno. Il divino è cosa di Dio, l'umano dell'"uomo". La mia causa non è divina né umana, non è la verità, non è la bontà, né la giustizia, né la libertà, ma unicamente ciò che è mio: e non è una causa universale, bensì unica, come unico sono io. Nessuna cosa mi sta a cuore più di me stesso.
*Rivoluzione e Rivolta non devono essere presi per sinonimi. La prima consiste in un rovesciamento dello stato di cose esistente, dello statuto dello Stato o della Società: essa è dunque un atto politico o sociale. La seconda, pur comportando inevitabilmente una trasformazione dell'ordine costituito, non ha in questa trasformazione il suo punto di partenza. Essa deriva dal fatto che gli uomini sono scontenti di se stessi e di ciò che li circonda. Essa non è una levata di scudi, ma un sollevamento di individui, una ribellione che non si preoccupa assolutamente delle istituzioni che potrà produrre. La rivoluzione ha come obiettivo delle nuove istituzioni. La rivolta ci porta a non lasciarci più amministrare ma ad amministrare da soli. La rivolta non attende le meraviglie delle istituzioni future. Essa è una lotta contro ciò che esiste. Una volta riuscita, ciò che esiste crolla da solo. Essa non fa che liberare il mio Me dallo stato di cose esistente, il quale, dal momento in cui me ne congedo, viene meno e cade in putrefazione!