Fernando Pessoa: differenze tra le versioni

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*''Amo come l'[[amore]] ama. | Non conosco altra ragione di amarti che amarti. | Cosa vuoi che ti dica oltre a dirti che [[dichiarazioni d'amore dalle poesie|ti amo]], | se ciò che ti voglio dire è che [[ti amo]]?''<ref>Da ''Faust'', a cura di Teresa Sobral Cunha, traduzione di Maria José de Lancastre, Einaudi, 1989.</ref>
*Credo che ciò che produce in me il profondo sentimento in cui vivo, di incongruenza con gli altri, sia il fatto che la maggior parte della gente pensa con la sensibilità, mentre io sento con il pensiero. Per l'uomo comune sentire è vivere e pensare è saper vivere. Per me pensare è vivere e sentire non è che il nutrimento del pensare.
:''Aquilo que, creio, produz em mim o sentimento profundo, em que vivo, de inconguência com os outros, é que a maioria pensa com a sensibilidade, e eu sinto com o pensamento. Para o homem vulgar, sentir é viver e pensar é saber viver. Para mim, pensar é viver e sentir não é mais que o alimento de pensar''.<ref>Bernardo Soares nel ''Libro dell'inquietudine''.</ref>
*Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d'offendere, un [[cuore]] eccessivamente spontaneo che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio pensiero canta, tristi canzoni, come le strade strette quando piove.<ref>Da ''Poesie inedite''.</ref>
*L'origine mentale dei miei eteronomi è nella mia organica e costante tendenza alla spersonalizzazione e alla simulazione.<ref>Citato in: Marcello Veneziani, ''Imperdonabili'', Venezia, 2017, ISBN 978-88-317-2858-4, p. 223</ref>
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*La [[vita]] è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. (1992, p. 98)
*È in noi che i paesaggi hanno [[paesaggio]]. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. (1992, p. 98)
*Sorge dalle parti dell'Oriente la luce bionda della [[luna]] d'oro. La scia che lascia nel fiume largo apre serpenti nel mare. (2001, p. 103)
*D'improvviso come se un destino chirurgo mi avesse operato di una vecchia cecità con immediati grandi risultati, sollevo il capo, della mia anonima vita, verso la conoscenza nitida di come esisto. E vedo che tutto ciò che ho fatto, tutto ciò che ho pensato, tutto ciò che sono stato, è una specie di inganno e di follia. Mi meraviglio di non essere riuscito a vederlo. Mi stupisco di quello che sono stato, vedendo che alla fine non sono. (1992, p. 120)
*Non sono stato l'attore, non i suoi gesti. (1992, p. 120)
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*Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell'emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di respirare con l'anima. (1992, p. 142)
*[...] Ho una intima paura dei gesti da abbozzare, una timidezza intellettuale delle parole da dire. Tutto mi sembra sordido in anticipo.<br/> L'insopportabile tedio di tutti questi visi, ebeti di intelligenza o della mancanza di essa, grotteschi fino alla nausea da quanto sono felici o infelici, orrendi perché esistono, marea separata di cose vive che mi sono estranee... (2001, p. 145)
:La vita è un gomitolo che qualcuno ha aggrovigliato. Essa ha un senso se è srotolata e disposta in linea retta, o ben arrotolata. Ma, così com'è, è un problema senza nucleo, un avvolgersi senza un dove attorno a cui avvolgersi. (1992, p. 185).
*I [[sentimento|sentimenti]] più dolorosi e le [[emozione|emozioni]] più pungenti, sono quelli assurdi: l'ansia di cose impossibili, proprio perché sono impossibili, la [[nostalgia]] di ciò che non c'è mai stato, il [[desiderio]] di ciò che potrebbe essere stato, la pena di non essere un altro, l'insoddisfazione per l'esistenza del mondo. (1992, p. 195)
*Il peso del sentire! Il peso del dover sentire! (1992, p. 197)