Leonardo Fioravanti (medico): differenze tra le versioni

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*Volendo noi osservare questa regola, la prima cosa da fare dev'essere quello che ci insegnano i medici razionali che sono i cani, i gatti, e infiniti altri animali che hanno la medicina per dono della natura, che quando si sentono gravati di alcuna infermità, ricorrono al vomito e mangiano alcune sorte di erbe che li fanno vomitare ed ancor evacuare per secesso e con tal rimedio si sanano senza altro; e così noi ad imitazione di questi medici della natura dovessimo avere questo specchio davanti agli occhi ed osservare questa regola santa: cioè di far sempre vomitare gli amalati prima che li facessimo altro rimedio. Io per me osservo questo ordine e sempre veggio miracoli in tutte le infermità. (p. 27)
 
==Citazioni su Leonardo Fioravanti (medico)==
*Leonardo Fioravante, espertissimo empirico, la dava [la pietra lazula] per far vomitare liberando perciò molti dalle quartane. Nelle febri maligne la calcinava e dopo l'estingueva in acqua vita finissima, nella quale dice solversi mirabilmente e dava essa soluzione; liberava anche da molti morbi, riducendo ancora in buonissimo stato, quasi miracolosamente, l'ulcere, benché maligne; cavava anche da essa pietra l'oglio, col quale conciliava il sonno, inducendo riposo. E facendone ungere il capo e il ventricolo toglieva l'infiammazione e il dolore delle podagre. ([[Giuseppe Donzelli]])
 
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*Anche quando scrive rivolgendosi ai colleghi (o fingendo che siano loro i destinatari dei suoi pungenti avvertimenti) non resiste alla tentazione d'abbandonarsi a graffianti considerazioni tali da mandare in bestia i destinatari delle sue frecciate. I dottori togati e i medici collegiati – c'era da aspettarselo – lo fecero tribolare tutta la vita, a Roma, a Venezia, a Milano dove nel 1573 riuscirono perfino a buttarlo in carcere sotto la falsa accusa d'esercizio abusivo della professione. Per il "cavaliere aurato" Fioravanti la rabbia e l'umiliazione dovettero essere smisurate.
*Eppure era proprio fra le calli e i canali del labirinto veneziano che si acquattavano i suoi più velenosi nemici. Fioravanti sentiva che qualcosa si stava preparando contro di lui, lo fiutava nell'aria densa di salsedine e di aromi che impregnava campielli e sestieri. Sapeva che molti medici diffidavano di lui, che molti speziali lo odiavano a morte pronti a qualunque calunnia pur di eliminare un medico che disprezzava la [[teriaca]], la panacea universale che impinguava i forzieri delle loro botteghe rinomate in tutto il mondo.
*La lettera-dedicatoria ad [[Alfonso de Ulloa|Alfonso Ulloa]] (1529-1570?) posta subito dopo quella indirizzata al futuro duca d'Urbino [[Francesco Maria II Della Rovere|Francesco Maria della Rovere]], costituisce un significativo omaggio allo storico e poligrafo spagnolo che a Venezia aveva trovato la sua seconda patria. Indefesso traduttore (fra l'altro voltò in castigliano anche l'''[[Orlando furioso|Orlando Furioso]]'' e il ''[[Canzoniere]]'' di Petrarca) fu particolarmente attivo nello scambio culturale fra le due penisole. Il pubblico riconoscimento rivoltogli da Fioravanti sottolinea proprio questo aspetto dell'attività di Ulloa, grande importatore e diffusore di cultura iberica fra i lettori italiani. Il ''Signor Alfonso'', cui si rivolge Fioravanti con deferente familiarità, era da lui personalmente conosciuto e frequentava quel circolo di letterati ([[Girolamo Ruscelli|Ruscelli]], [[Ludovico Dolce|Dolce]], Atanagi, Borgarucci...) che aveva accolto anche il medico bolognese.
*Nella nuova «cosmografia dell'uomo» tracciata da Leonardo Fioravanti, il professionista delle tecniche empiriche e sperimentali della salute e del corpo, il conoscitore dei segreti dell'arte chimica e distillatoria (lo spaginico) e soprattutto delle proprietà delle erbe, diventa il protagonista emergente della nuova medicina. Per questo, accanto al divino [[Paracelso]] e all'incomparabile principe della botanica rinascimentale, [[Pietro Andrea Mattioli]], maestro «unico e raro al mondo» che «nella medicina ha passato di gran lunga tutti gli altri» e «in materia dell'erbe – riconosceva Fioravanti nella ''Fisica'' – ha dato vita la vera luce del mondo» e «ha mostrato al mondo la vera arte di medicare e di destillare», trovano onorevole posto le umili, misconosciute, anonime figure di «semplici empirici», di villani, di pastori, di donnicciole.
*Nemmeno nei momenti di maggior successo e di presumibile agiatezza, Fioravanti aveva voluto acquistare una casa di sua proprietà a Venezia. [...] Non è chiaro se si recasse anche a Siviglia dove abitava il più esperto conoscitore delle meraviglie naturali che affluivano dal Nuovo Mondo, ma è certo che la lettura delle opere fresche di stampa del dottor [[Nicolás Monardes|Nicolas Bautista Monardes]] e in particolare della ''Historia medicinal de las cosas que se traen de nuestras Indias Occidentales, que sirven en medicina'', uscita a Siviglia nel 1574 (rapidamente tradotta in italiano da Amilcare Briganti da Chieti e pubblicata a Venezia nel 1576), insieme alla possibilità d'incontrare indiani e testimoni oculari provenienti dai paesi d'oltreatlantico stimolò la sua sempre accesa curiosità invitandolo a un serrato confronto fra la farmacopea italiana e quella americana.