Mario Gromo: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Su ''[[Cavalleria (film)|Cavalleria]]''}} Il conte Solaro [...] è un giovane [[Amedeo Nazzari|Nazzari]], alla sua prima interpretazione d'impegno; se dapprima ha qualche incertezza poi appare saldo e sicuro.<ref name=Scaglione/>
*{{NDR|Su ''[[La porta del cielo]]''}} Il film è assai nobile, rivela in ogni istante una scrupolosa cura, ha sequenze notevoli, ma è per lo più esteriore. Gli manca quel brivido umano e profondo che avrebbe dovuto far vibrare queste diverse ed uguali vicende; si compiace dell'inquadratura (e ve ne sono di bellissime), insiste su primi piani dolenti senza supporre che finiranno per elidersi a vicenda, e la stessa insistenza impiega in effetti sonori, dai canti alle preghiere.<ref>Da ''La Nuova Stampa'', 12 gennaio 1946; citato in ''[https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/la-porta-del-cielo/5140/ La porta del cielo]'', ''cinematografo.it''.</ref>
*{{NDR|Su ''[[La freccia nel fianco (film)|La freccia nel fianco]]''}} ll film è di uno dei nostri giovani meglio dotati, [[Alberto Lattuada]], che qui sembra aver rinunciato a parecchie ambizioni, per tendere a una regia soltanto attenta e sicura. Alle prese con i due protagonisti il giovane regista non ha saputo fare dei suoi due attori due interpreti: particolarmente la [[Mariella Lotti|Lotti]], eccettuato un suo ultimo primo piano, non è attrice da sostenere un personaggio ambiguo e artificioso come questo.<ref>Da ''La Nuova Stampa'', 4 novembre 1945; citato in ''[https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/la-freccia-nel-fianco/6736/ La freccia nel fianco]'', ''cinematografo.it''.</ref>
*[[María Denis|Maria Denis]] appare sobria e sicura come ancora non l'avevamo veduta; è un'attricetta sulla quale poter contare.<ref name=Scaglione/>
*{{NDR|Su ''[[La dolce vita]]''}} Non sempre la materia è decantata. Appartiene, ancora e sovente, alla cronaca. Non lievita, non vibra. Sono dati di fatto. Se gelidamente posti in una loro impeccabile prospettiva, avrebbero potuto avere una loro straordinaria efficacia; così, invece, appaiono qua e là pesti, quasi sfuocati, o ripetuti, ridondanti. C'è infatti una certa monotonia, sia pure assai colorita, di tipi, di scorci, di accenti. Se codesta monotonia fosse stata soltanto apparente, e allora calibrata in un suo ritmo rigoroso, dalla sordina sempre più ossessiva, tutto ciò avrebbe potuto avere un'altra sua non meno straordinaria efficacia. Così, invece, i tipi si stingono talvolta l'uno sull'altro, o si ricalcano. Dovrebbe giustificarli un loro minimo comun denominatore; ma questo è così esplicito che lungo il cammino, per forza di cose si attenua, e si fa risaputo.<ref>Da ''La Stampa'', Torino, 6 febbraio 1960; citato in Claudio G. Fava, ''I film di Federico Fellini'', Volume 1 di ''Effetto cinema'', Gremese Editore, 1995, [https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA96 p. 96]. ISBN 8876059318</ref>