Léon Bloy: differenze tra le versioni

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[[Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena|Maria Antonietta]] nacque il Giorno dei Morti. La Chiesa cantava l'Ira e le assise tremende del Giudice Giusto. I santuari cattolici tutti echeggiavano delle lamentazioni dei vivi che pregavano per i defunti.<br>Maria Antonietta, la bionda ''Cavaliera'' di una Morte più spaventosa e più bella della simbolica falciatrice di Alberto Dürer, Maria Antonietta, arciduchessa del Sacro Impero dei Sette Dolori, venne alla luce del giorno in quel lutto dei giorni, precipitandosi dal seno materno alle fasce funebri del suo destino.<br>I suoi primi vagiti dovettero sembrare un'eco della Sequenza terribile, e mai quest'eco si spense nella sua povera anima.
===Citazioni===
*Il Libro, il Trono, il Giudice, la sicurezza precaria dei giusti, lo stupore sovrumano della natura e della morte: fu questo il canto della natività, questo l'epitalamio eseguito in un tristissimo modo minore, nell'oscurità della notte nuziale, dall'invisibile coro delle centotrentadue persone calpestate in piazza Luigi XV.<br>Quando la Regina di Francia andrà a farsi assassinare, potrà udirlo un'ultima volta, e sarà l'epitalamio delle nozze eterne al suo ingresso nei cieli.<br>Davvero allora sarà venuto il giorno delle lacrime, del cuore contrito come cenere, della separazione dai maledetti e della speranza erta verso Dio, come torre solitaria, nella fiamma inestinguibile dell'olocausto! (da ''Dies irae'', p. 14)
*Che straordinario destino, e che portentoso onore! È vero che altre grandi vittime erano già state deposte sul candelabro delle Espiazioni, e si sa che ogni secolo di storia è scavato nel centro, come se fosse un borro, dal fiume di sangue degli innocenti scannati per il riscatto dei rei. Ma io credo che nessun'altra sventura umanamente patita abbia mai serbato tanta bellezza in mani di alabastro come queste, le più pure e le più stupidamente stritolate dal maglio insanguinato delle mutilazioni rivoluzionarie. (da ''Dies irae'', p. 15)
*Fino a quel giorno, 16 ottobre 1793, era stato dato di vedere regine decapitare regine, ma una regina ghigliottinata giuridicamente dalla Canaglia, questa becera maestà dei tempi attuali, non si era vista mai. (da ''Dies irae'', p. 15)
*Maria Antonietta ha fatto come san Dionigi. Ha raccattato la sua testa mozzata e si è messa a camminare e a regnare da sola, con la sua testa in mano. (p. 15)
*La Regina Ghigliottinata, la prima di questo nome, regnerà sopra tutti i diademi degli imperatori e dei re, e sopra la corona di abiezioni dei nostri burgravi parlamentari, sino a che in Europa non si saranno estinti l'ultimo cuore dell'ultimo uomo, l'ultimo pudore dell'ultima donna, e la suprema scintilla delle cavalleresche indignazioni della coscienza cristiana! (da ''Dies irae'', p. 15)
*Se Maria Antonietta ci tocca così profondamente e signoreggia le anime con un potere di commozione tanto sovrano, è solo perché ''non è una santa''.<br>Non lo è, almeno, nel senso in cui l'intende la Chiesa, e perciò i suoi formidabili tormenti di regina, di sposa e di madre non possono propriamente essere chiamati un martirio. (''Dies irae,'' p. 16)
*Il mondo di allora, anzi, andava alla filosofica conquista della disperazione con la sicurezza più inaudita, e con tutto l'entusiasmo possibile scambiava per un delizioso fior di pubertà il temibile e osceno balbettio dell'ultima fanciullezza. (da ''Le bucoliche di Moloch'', p. 24)
*Le celebri parole dell'abate [[Henri Edgeworth de Firmont|Edgeworth]] ai piedi del patibolo di [[Luigi XVI]]<ref>«Figlio di [[Luigi IX di Francia|san Luigi]], salite al cielo.»</ref>sono vere in tutti i sensi e sembrano ispirate dal sovrannaturale; ma sono parole che avevano bisogno di essere dette. Davanti al patibolo della regina sono inutili: poiché [[Maria Antonietta]], per suo infinito rammarico e sua infinita consolazione, sa una cosa che Luigi XVI non ha mai capito. Sa di essere la regina ''espiatoria'' di tutti i peccati della discendenza di [[Luigi IX di Francia|Luigi il Santo]], e che sotto la lama infame essa portorisce alla gloria del Paradiso gli antenati del suo sposo. (da ''Al popolo la leonessa'', p. 54)
*Cosa ne sarebbe stato della Francia se [[Maria Teresa d'Austria|Maria Teresa]] non avesse dato in sposa Maria Antonietta al delfino di Francia? Forse oggi vi regnerebbero ancora i Borboni in maniera assoluta e tutto sarebbe oggi come allora, si avrebbe una corte corrotta che venderebbe anche l'anima per poter in qualche modo possedere sempre più denaro, no non si poteva andare avanti così, anche lei stessa non sopportava tutto ciò, bisognava dare un taglio e il destino la prescelse, per dare un taglio a tutto ciò, ma con il proprio sangue, lei pagò per tutti quei secoli di oppressione, di tirannia da tutti coloro che furono i reali di Francia.
*Mia Signora e Sovrana,<br>allorché ho sollecitato l'onore di difendere Vostra Maestà, non ho certo pensato che una parola umana, per grande che fosse, potesse salvare una Regina già condannata.<br>Tutto l'apparato che ci circonda non è che una pomposa rappresentazione giuridica, simulacro tenebroso di un Giudizio che verrà, più temibile, alla fine dei tempi, quando tutti i giudici, fedeli o prevaricatori che siano, saranno a loro volta chiamati.<br>Sapevo con certezza l'assoluta inutilità della difesa e l'eccessiva temerità di un simile cimento. Sapevo che in questi tempi di fraternità e libertà l'innocenza degli accusati è la più audace delle presunzioni, e che la difesa non è che un bisbiglio all'orecchio impenetrabile del Crimine.<br>E dunque non ho parlato nella speranza di giustizia, ma per salvare l'onore del nome della Francia. Non ho voluto che fosse scritta nella storia l'incancellabile vergogna del silenzio di ''tutti'' i vostri sudditi. Non ho voluto che si potesse dire un giorno: "I francesi furono tanto vigliacchi che nessuno di loro volle esporsi per quella regina abbandonata!".<br>Sono venuto a portare qui la mia indignazione e la mia testa. La prenda chi vuole, io non la difenderò più di quanto non abbia difeso l'augusta testa di Maria Antonietta di Francia, poiché mi riterrei ripagato delle mie parole se ottenessi l'onore di condividere il suo patibolo. (da ''Un ultimo spettro'', p. 78-79)
*Ma prima che scada definitivamente il tempo che ho a disposizione, degnatevi di tollerare, o mia Sovrana, l'ardire mio di difendervi contro il solo nemico davvero formidabile che voi abbiate da temere in quest'aula. Mi riferisco a voi, alla vostra grandezza.<br>Abbiamo ancora bisogno della vostra pietà, nella nostra vigliaccheria e nel nostro avvilimento senza pari. Spegnete, se vi riesce, le fiamme del vostro legittimo risentimento, perdonate ai francesi, come il Re, vostro sposo, ha loro perdonato...<br>Ci protegga la vostra rassegnazione, e l'anima vostra dolorosa diventi l'ultimo rifugio degli assassini che l'hanno contrita!<br>Regnerete, così, più compiutamente e con più libertà che nella stessa Versailles, in seno alle magnificenze e alle schiavitù del potere supremo. Sarete potente nel fondo del feretro.<br>O Regina perseguitata! Se tutte le lacrime dei cuori formano un grande fiume che sfocia nei cieli, Vostra Maestà, portata sopra quelle onde, non ha motivo di temere un lungo viaggio, poiché questo fiume di dolore è come un torrente in piena in questi giorni terribili!<br>O Madre oltraggiata come mai fu madre dopo [[Maria|Colei]] le cui lacrime rinnovarono il diluvio, dai secoli chiamata Dolorosa, io vi domando, in nome di Dio misericordioso, la grazia e il perdono per questo povero popolo. (da ''Un ultimo spettro'', pp. 79-80)
*Alla vigilia della vostra nascita la terra si mise a tremare<ref>Il riferimento è al terremoto di Lisbona verificatosi il 1 novembre 1755, giorno precedente a quello della nascita di Maria Antonietta.</ref>, e in quel terremoto distrusse una delle più grandi città del mondo. Da quale innominabile catastrofe la vostra morte non sarà accompagnata adesso, se la nostra terribile miseria non avrà nemmeno il diritto di fare assegnamento sulla intercessione del vostro supplizio!<br>Questo è ciò che avevo da dire al vostro regale Dolore. Possa la vostra anima fiera esserne confortata in quel che sta per avvenire.<br>Quanto a me, scomparirò come una volgare fiaccola che abbia cercato di contrastare il soffio della tempesta. Vostra Maestà perdoni infine a me medesimo d'aver aggiunto l'intemperanza dei miei discorsi alla straordinaria lungaggine di questo opprimente dibattimento, e voglia ricordarsi del suo impotente servitore nel Regno prossimo dove l'aspettano i Principi fedeli, i disgraziati privi di terrena consolazione e la falange dei santi Martiri! (da ''Un ultimo spettro'', p. 80)
*Invano si darà da fare il branco esultante degli onagri apocalittici del Libero Pensiero e del Materialismo. Non si può cambiare la natura delle cose, e l'uomo sarà sempre lo schiavo appassionato del [[Dolore]]. Sempre ne farà la sua bellezza, la sua forza e la sua gloria. Ad esso sempre si affiderà quando dovrà produrre un atomo della sua libertà, come i prigionieri si affidano alle loro catene per sfondare le porte della prigione.<br>Il Dolore è un diamante di Golconda, sovrabbondante fino alla profusione più incredibile. Noi ne lastrichiamo le nostre città e le nostre strade, e finanche i nostri solitari sentieri nelle più remote campagne. Fabbrichiamo con esso le nostre case e i nostri palazzi. La [[Colonna Vendôme|colonna di place Vendôme]] è un monolito di questo inestimabile minerale umano. (da ''Dies natalis'', pp. 82-83)
*{{NDR|La [[Ragion di Stato]]}} Questa scannatrice è impenetrabile come l'inferno e al pari dell'inferno scimmiotta l'operato ineffabile della Provvidenza. Il suo velo è «intessuta notte», come diceva il vecchio [[Victor Hugo|Hugo]] parlando delle benedettine. Se ne sprigionano pallidissimi bagliori, freddi aghi di luce, che fanno supporre a volte la temibile complicità dell'Infinito.<br>Non appena un brav'uomo ne è toccato diventa una tenebrosa e sanguinaria canaglia. Le menzogne più atroci appaiono facili, e la norma dei sentimenti è abolita nelle suggestioni omicide di una politica dalla testa di morto, la quale esorta a governare il genere umano dal fondo degli abissi.<br>Ah, se la giustizia e la santa verità potessero mai un giorno trionfare, i potenti della terra dovrebbero andare nudi per le vie, con pesci marci appesi al collo, e al loro passaggio noi dovremmo gridare: Ecco l'abominio di Dio!... (da ''Il Principe Nero'', pp. 99-100)
 
==''La tristezza di non essere santi''==