Kingsley Davis: differenze tra le versioni

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→‎Le migrazioni delle popolazioni umane: nazioni forti e emigrazione
→‎Le migrazioni delle popolazioni umane: perdita di manodopera qualificata
 
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*Superficialmente si potrebbe ritenere che l'introduzione dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame, avvenuto all'incirca tra 10 000 e 12 000 anni fa, riducesse la migrazione rendendo le popolazioni «sedentarie». I reperti mostrano il contrario. Non soltanto alcune pratiche dell'età neolitica come l'agricoltura basata sul «tagliare e bruciare» e la pastorizia del tipo nomade avevano bisogno di spostamenti su territori piuttosto grandi, ma in generale i mutamenti del periodo neolitico crearono un abisso tra le popolazioni che avevano operato questa trasformazione e quelle che non l'avevano operata. (p. 66)
 
*L'emigrazione di oggi presenta degli inconvenienti anche per i paesi di origine, oltre che per quelli di arrivo. Questi derivano principalmente dal fatto che l'emigrazione è inevitabilmente selettiva. Sebbene la qualità degli emigranti sia in media più bassa di quella dei nativi nei paesi industrializzati, essa è più alta della media dei nativi nei paesi scarsamente sviluppati. Poiché i paesi industrializzati non possono accettare tutti quelli che vogliono venire, possono selezionare in rapporto agli interessi dei loro datori di lavoro. Questo significa che i paesi in via di sviluppo non solo perdono manodopera non qualificata, ma spesso perdono anche manodopera qualificata che è scarsa e costosa da produrre. (p. 78)
 
*Man mano che i paesi in via di sviluppo divengono più sovraffollati, aumenterà la pressione per ottenere l'accesso ai paesi industrializzati, se non altro per motivi umanitari. Nell'insieme, tuttavia, i problemi dei paesi in via di sviluppo non possono essere risolti con l'emigrazione. Se le nazioni industrializzate cercassero di accettare come immigrati gli abitanti in eccesso di questi paesi, esse dovrebbero ammetterne 53 milioni all'anno. Questo darebbe loro un tasso di crescita della popolazione del 5,2 per cento all'anno che, aggiunto al loro naturale aumento dell'1,1 per cento all'anno, raddoppierebbe la loro popolazione ogni 11 anni. (p. 79)