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la politica estera di Giolitti
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*Che all'origine della esclusione del [[fascismo]] dalla categoria del totalitarismo, vi sia sostanzialmente una carenza di conoscenza della realtà storica, lo dimostra il caso di [[Hannah Arendt]]. Nel suo libro sulle origini del totalitarismo, pubblicato nel 1951, essa affermava perentoriamente che fino al 1938, il fascismo non fu totalitario ma fu soltanto una ordinaria dittatura nazionalista sorta dalla crisi di una democrazia di partiti. [...] In realtà, il giudizio di Arendt si basava su una scarsa conoscenza di quello che il fascismo era stato, come dimostra la mancanza di dati storici concreti nella sua riflessione sul fascismo e la totale assenza di riferimenti bibliografici alle opere storiche sul fascismo e sul totalitarismo fascista, allora disponibili, anche in lingua inglese, come per esempio gli scritti di [[Luigi Sturzo]]. (da ''Fascismo, storia e interpretazione'', Laterza, 2002, p. 64)
*L'avvento di [[Giovanni Giolitti|Giolitti]] al potere non modificò la sostanza della politica estera iniziata da Visconti Venosta e continuata da Prinetti. Uomo di politica interna, Giolitti ebbe sempre chiaro il disegno di una politica di equilibrio, cercando di mantenere distinte la politica interna e quella estera, con una pacifica ricerca di collaborazione con tutte le potenze europee, senza progetti immediati di alterazione dello ''status quo'' e delle tradizionali relazioni ufficiali. (da ''L'Italia giolittiana'', p. 178)
*{{NDR|su [[Renzo De Felice]]}} La passione per la storia dominò quasi completamente la sua esistenza. Era una passione autentica, così radicale nella sua autonomia di ispirazione, da far suonare semplicemente ridicole le voci di chi, proiettando in altri le proprie propensioni a servirsi del mestiere dello storico per fare propaganda, ha fatto dipendere l'origine e lo scopo delle sue ricerche sul fascismo da motivazioni politiche e ideologiche contingenti e da subdoli propositi di riabilitare il fascismo e denigrare l'antifascismo. (Luigi Goglia, Renato Moro, Fiorenza Fiorentino, ''Renzo De Felice. Studi e testimonianze'', Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, ISBN 88-87114-81-1, pp. 13-14)
*Lasciando il governo, [[Giovanni Giolitti|Giolitti]] indicò al re come suo successore il deputato forlivese [[Alessandro Fortis]]. Fortis era un ex deputato garibaldino che si era convertito alla monarchia, aveva fatto le sue prime esperienze di governo sotto Crispi, come sottosegretario all'Interno, era stato ministro dell'agricoltura con Pelloux nel suo primo gabinetto, e, infine, aveva concluso la sua trasformazione parlamentare come amico personale e fedele sostenitore di Giolitti. (da ''L'Italia giolittiana'', p. 123)
*Personalità brillante ma priva di originalità, intelligente ma poco costante nell'impegno, legato al mondo degli affari e della finanza per la sua professione di avvocato, Fortis era politicamente un tipico rappresentante della maggioranza neotrasformista di Giolitti. (da ''L'Italia giolittiana'', p. 123)