Papa Pio X: differenze tra le versioni

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*[...] i fautori dell'errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. (dall'enciclica ''Pascendi Dominici Gregis'', 8 settembre 1907; disponibile su ''[http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_19070908_pascendi-dominici-gregis.html Vatican.va]'')
*Il desiderio di pace è certamente un sentimento comune a tutti, e non vi è alcuno che non la invochi ardentemente. La pace, tuttavia, una volta che si rinneghi la Divinità è assurdamente invocata: dove è assente Dio, la giustizia è esiliata; e tolta di mezzo la giustizia, invano si nutre la speranza della pace. (dall'enciclica ''E supremi'', 4 ottobre 1903; disponibile su ''[http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_04101903_e-supremi.html Vatican.va]'')
*{{NDR|Rispondendo all'ambasciatore austriaco presso la Santa Sede principe Schönburg von Hartenstein che, nel 1914, gli chiedeva di farsi mediatore di pace}} L'unico monarca presso il quale potrei presentare i miei buoni uffici è l'imperatore e re [[Francesco Giuseppe I d'Austria|Francesco Giuseppe]] poiché egli per tutta la sua vita fu verso la Santa Sede devoto e leale. Ma appunto presso di lui non posso intervenire poiché la guerra che conduce l'Austria è senza dubbio giusta.<ref>Friedrich Engel-Janosi, ''Oesterreich und der Vatikan 1866-1918'', II vol., Graz-Wien-Köln, p. 151; citato in [[Romano Bracalini]], ''Vittorio Emanuele III il re "vittorioso"'', I edizione Oscar Biografie e storia, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1987, cap. IX, p. 110.</ref>
*La Dottrina cattolica ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee, per quanto sincere esse siano, né nella indifferenza teorica o pratica per l'errore o per il vizio in cui vediamo immersi i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il loro benessere materiale. Questa stessa dottrina cattolica ci insegna pure che la sorgente dell'amore per il prossimo si trova nell'amore di Dio, padre comune e comune fine di tutta l'umana famiglia, e nell'amore di Gesù Cristo, di cui siamo le membra al punto che consolare un infelice equivale a far bene a Gesù Cristo stesso. Ogni altro amore è illusione o sentimento sterile e passeggero. (Lettera di San Pio X agli Arcivescovi e ai Vescovi francesi, Notre charge apostolique, Roma, 25 agosto 1910)
*1. La [[musica sacra]], come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione e edificazione dei fedeli. Essa concorre ad accrescere il decoro e lo splendore delle cerimonie ecclesiastiche, e siccome suo officio principale è dì rivestire con acconcia melodia il testo liturgico che viene proposto all'intelligenza dei fedeli, così il suo proprio fine è di aggiungere maggiore efficacia al testo medesimo, affinché i fedeli con tale mezzo siano più facilmente eccitati alla devozione e meglio si dispongano ad accogliere in sé i frutti della grazia, che sono propri della celebrazione dei sacrosanti misteri.<br>2. La musica sacra deve per conseguenza possedere nel grado migliore le qualità che sono proprie della liturgia, e precisamente la santità e la bontà delle forme, onde sorge spontaneo l'altro suo carattere, che è l'universalità.<br>Deve essere santa, e quindi escludere ogni profanità, non solo in se medesima, ma anche nel modo onde viene proposta per parte degli esecutori.<br>Deve essere arte vera, non essendo possibile che altrimenti abbia sull'animo di chi l'ascolta quell'efficacia, che la Chiesa intende ottenere accogliendo nella sua liturgia l'arte dei suoni. Ma dovrà insieme essere universale in questo senso, che pur concedendosi ad ogni nazione di ammettere nelle composizioni chiesastiche quelle forme particolari che costituiscono in certo modo il carattere specifico della musica loro propria, queste però devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della musica sacra, che nessuno di altra nazione all'udirle debba provarne impressione non buona.<br>3. Queste qualità si riscontrano in grado sommo nel [[canto gregoriano]], che è per conseguenza il canto proprio della Chiesa Romana, il solo canto ch'essa ha ereditato dagli antichi padri, che ha custodito gelosamente lungo i secoli nei suoi codici liturgici, che come suo direttamente propone ai fedeli, che in alcune parti della liturgia esclusivamente prescrive e che gli studi più recenti hanno sì felicemente restituito alla sua integrità e purezza.<br>Per tali motivi il canto gregoriano fu sempre considerato come il supremo modello della musica sacra, potendosi stabilire con ogni ragione la seguente legge generale: tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto è meno degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme. (dal Motu Proprio ''[https://www.vatican.va/content/pius-x/it/motu_proprio/documents/hf_p-x_motu-proprio_19031122_sollecitudini.html Tra le sollecitudini]'', ''vatican.va'', 22 novembre 1903)