Heinrich Harrer: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 25:
*Attraversando passi poco elevati arrivammo alla regione delle sorgenti del Brahmaputra che i tibetani chiamano [[Yarlung Tsangpo|Tsangpo]]. [...] Per i quattordici giorni seguenti ci fu di guida lo Tsangpo. Alimentato da forti corsi d'acqua provenienti dal vicino Transimalaia e Himalaia, questo fiume si gonfia a vista d'occhio, e quanto maggiore è il suo volume d'acqua, tanto più calmo è il suo corso. (p. 50)
*Come nei paesi cattolici, anche qui le campagne vengono benedette dai sacerdoti. Una lungua processione di monaci, seguiti dalla popolazione, fece il giro del villaggio, portando sulle braccia i centootto volumi della [[Canone buddhista tibetano|Bibbia tibetana]], accompagnati da preghiere e musica sacra. (p. 69)
*In quel momento fu invece qualcosa d'altro ad attrarre la nostra attenzione: un gigantesco chörten, alto più di venti metri, testimoniava la santità particolare del luogo. Intorno a questo una quantità di [[ruota della preghiera|mulini di preghiere]] – riscii a contarne ottocento –, i cui tamburi giravano incessantemente: vi erano applicate le strisce con le formule delle orazioni, che senza posa impetravano la benedizione degli dei. (p. 86)
*{{NDR|Sulle ruote delle preghiere}} Era importante che rimanessero sempre in movimento, e a tale scopo vidi un monaco che aveva il compito di controllare e ungere gli assi intorno ai quali ruotavano. Nessun fedele che passasse faceva a meno di muoverli. Vecchietti e vecchiette sedevano spesso tutto il giorno davanti a questi tamburi giganteschi, alti parecchi metri: li facevano girare con devozione e supplicavano gli dei di concedere a loro e a chi li manteneva un più alto grado di reincarnazione. (pp. 86-87)
*Altri fedeli portavano con sé piccoli mulini portatili quando si recavano in pellegrinaggio. Non mancavano mulini girati dal vento sui tetti, e anche l'acqua veniva messa spesso a servizio della devozione religiosa. (p. 87)
*Questi mulini di preghiere e l'ingenuo modo di pensare che attestano sono tipici del Tibet tanto quanto i mucchi di pietre e le [[bandiere di preghiera tibetane|banderuole sacre]] che avevamo incontrato sui passi montani. (p. 87)
*Dovevamo ancora coprire migliaia di chilometri prima di raggiungere la Cina. Ma fino a [[Lhasa]] i nostri soldi sarebbero stati sufficienti. Ecco di nuovo il fascinoso nome della «città proibita». E la possibilità di raggiungere l'oggetto dei nostri sogni era ormai a portata di mano. Un irresistbile desiderio si impadronì di noi, e la nuova meta ci parve meritare ogni sacrificio. (p. 88)
*Già al campo di prigionia avevamo letto tutti i libri su Lhasa che eravamo riusciti a trovare. Non erano molti, e tutti erano stati scritti da inglesi. Apprendemmo che nel 1904 una spedizione punitiva britannica, costituita da un piccolo esercito, aveva raggiunto la capitale, e che negli ultimi vent'anni molti europei l'avevano visitata. Da allora il mondo ha conosciuto solo superficialmente Lhasa, e per gli esploratori nessuna meta è più attraente della casa del [[Dalai Lama]]. (p. 88)