Alan Duff: differenze tra le versioni

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*Raccontò delle grandi gesta di cavalleria durante le guerre con i primi uomini bianchi: di guerrieri – cioè guerrieri ''maori'' – che di notte tornavano furtivi sul campo di battaglia ad assistere i nemici feriti, a dar loro da mangiare, da bere, persino a consolarli. E il pubblico a fare, Cavoli, fantastico, ma perché? E gli occhi del capo con dentro quel fuoco guerresco a rispondere: Perché il nemico potesse avere ancora forze per continuare a combattere l'indomani mattina. E il pubblico: Ooooh! Con grandi sorrisi. Pensando: Ma noi non lo abbiamo mai saputo.<br>Nessuno ce l'ha insegnato a scuola. Ci hanno insegnato la ''loro'' storia: la storia inglese. Ci hanno costretti a imparare, a memoria, date e nomi di grandi inglesi e di battaglie combattute in un paese in cui nessuno di noi è mai stato né probabilmente andrà mai. E ci hanno bocciato ai loro esami quando non ricordavamo queste date e questi nomi strani e luoghi dalla pronuncia aliena e non hanno mai capito che per ricordare nozioni occurre che per esse ti arda un fuoco nella pancia, come il grande capo qui davanti a noi, o anche solo la comune passione del desiderio di sapere perché, b', sono nozioni che riguardano te, fatti storici personali che si ricordano più facilmente.<br>E il capo metteva in parole i loro pensieri vaghi, offrendo alle loro menti forme che potevano visualizzare: Li abbiamo combattuti a ogni occasione. ''Mai'' ci siamo arresi. Sono venuti su questa terra con le loro regine e i loro re e noi, maori, abbiamo mandato contro di loro il ''nostro'' re. AVETE SENTITO BENE? E la folla tuonò: SÌÌÌÌ!!<br>E quando capirono che mai ci saremmo arresi hanno firmato con noi un trattato. Il Trattato di Waitingi. Avete sentito tutto questo? SÌÌÌÌ!! Sapete tutti di che cosa si tratta? Alcuni risposero che pensavano fosse un accordo tra due popoli per condividere una terra, le sue risorse. ''Da uguali!'' esclamò il loro fiero capo.<br>''Un contratto!'' ERA UN CONTRATTO. Poi silenzio.<br>E solo i colpi di tosse e i sospiri e il fruscio dei movimenti.<br>Te Tupaea davanti a loro, eretto, gambe divaricate, pughi ai fianchi. Un contratto... Bisbigliandolo, cosicché quelli seduti in fondo dovettero chiedere che cos'aveva detto, e subito si spensero i loro mormorii. E Te Tupaea che bisbigliava di nuovo: Che – loro – hanno violato. (pp. 224-225)
*Dolore, disse. I vostri antenati sopportavano il dolore del moko<ref>{{Cfr}} [[:w:en:Tā moko|Tā moko]]</ref>... dolore, popolo mio. Come quello che state provando voi qui dentro, nel cuore. Ma...<br>L'espressione era di sdegno. Esplicito. Ma perché? Eppure ''voi'', la maggior parte di voi riuniti qui – ora additando con foga – Avete sopportato il vostro dolore come – come – Dando l'impressione di non riuscire a trovare la parola e non era da lui, questo ormai lo avevano capito. Come schiavi! sibilò.<br>E la folla mandò un sospiro collettivo di sorpresa, persino di lieve indignazione. Aspettò che si spiegasse. Molti cambiarono posizione, come per prepararsi ad alzarsi e andarsene se la spiegazione non fosse stata sufficiente.<br>Birra! esclamò e fu come se avesse sputato la parola. Avete sopportato il vostro dolore solo con il falso coraggio della ''birra''. La parola brutta sulle sue labbra. I suoi occhi che ora dardeggiavano nella folla. Birra.<br>E questa... ''birra'', vi ha spinti a picchiare le vostre mogli, i vostri figli, a rivoltarvi l'uno contro l'altro. E ancora osate chiamarvi ''maori''? Puah! Abbassò in un colpo secco il braccio destro. Non maori. ''Non maori'', spingendo il mento verso il cielo. In segno di rifiuto. Un gesto a dire non ne voglio sapere. (pp. 226-227)
*L'adunata che s'ingrossava via via che arrivava gente delle case vicine, gente da tutta Pine Block con il passar parola dei telefoni. E c'è questo maori vestito alla grande che parla al pubblico sempre più numeroso e di tutti i posti del mondo quello prescelto è casa Heke. E ragazzi se non andava giù pesante: dicendo loro di rialzare la testa. Di smettere di essere indolenti. (Indolente a chi?) Di smettere di piangersi adosso. Di smettere di incolpare i pakeha<ref name=pakeha/> delle loro miserie anche se in gran parte la colpa era veramente loro.<br>E allora? domanda loro con quella voce tonante che non aveva bisogno di microfono. Accuso forse il [[temporale]] per aver distrutto il mio raccolto? (Be', a volerla mettere in questi termini...) No! No, che non accuso il temporale. Vado a ''ripulire''. POI SEMINO DI NUOVO! (p. 228)
 
===[[Explicit]]===