Francesca Melandri: differenze tra le versioni

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*[[Migrazione umana|Migrare]] è un gesto totale ma anche molto semplice: quando un vivente in un posto non può sopravvivere, o muore o se ne va. Umani, tonni, cicogne, gnu al galoppo nella savana: le migrazioni sono come le maree, i venti, le orbite dei pianeti e il parto, tutti fenomeni che non è dato fermare. Certo non con la violenza, seppure sia diffusa questa illusione. (pp.41-42)
*{{NDR|Sulla carestia in Etiopia, 1984-1985}} Eppure, come sapevano bene gli operatori delle strutture di emergenza di distribuzione alimentare, c’era anche altro che succedeva in questa [[Carestia etiope del 1983-1985|carestia]]. Per ogni bambino morente in braccio alla madre esausta ce n’erano dieci che, nonostante la pancia gonfia di vermi, si ostinavano a dare calci a una palla di stracci. Per ogni corpo abbandonato agli avvoltoi c’erano centinaia di persone in file ordinate che aspettavano la loro razione alimentare. Per ogni contadino che si era arreso a mettersi in fila ce n’erano molti di più che andavano a caccia di selvaggina, cercavano lavori a cottimo, si trasferivano da parenti in aree meno colpite dalla siccità, che cercavano cioè di sfamare la famiglia con le proprie risorse di forza e intelligenza. Ma a queste scene di resilienza e d’ingegno i fotografi e i cameraman non rivolgevano mai i loro obiettivi. Sceglievano sempre solo quelle che ritraevano gli etiopici come vittime passive e inerti, bisognose di ogni cosa e soprattutto di volontà. I telegiornali di tutto il mondo ripetevano la formula: "Un milione di morti". [...] Pochissimi spiegavano che se la fame imperversava proprio nello Shoa e nel Wollo, da sempre focolai di resistenza al [[Derg]], non era una sfortunata coincidenza; che cioè la sequenza guerra-carestia-epidemia non riguardava solo il Seicento lombardo del Manzoni ma anche, oggi, la [[Guerra Etiopia-Eritrea|guerra fratricida tra Etiopia ed Eritrea]]. Pochissimi s’interrogavano su quali fossero le industrie occidentali che fornivano le armi per quella guerra. Ma la tragica epicità della narrazione mediatica sarebbe stata disturbata da questi contenuti politici, troppo prosaici in quanto storici e umani. Si preferiva raccontare l’Etiopia come un Paese flagellato da una grandiosa e inarrestabile apocalisse naturale – "biblica" era l’aggettivo più usato. Intanto, le rockstar vendevano milioni di biglietti dei loro concerti per beneficienza. (pp.140-141)
*Il [[razzismo]], ormai l’ha capito, è solo gioco di specchi, illusione. E’ il modo più efficace mai inventato per stroncare la lotta contro le ineguaglianze – la lotta di classe, un tempo si chiamava. Serve a istigare i penultimi a sentirsi superiori agli ultimi, per impedire che si ribellino insieme contro i primi. In America gli ex schiavi li linciavano i bianchi poveri, per dire, mica i padroni delle piantagioni. E nell’Italia del nuovo millenio, il trucco è lo stesso: convinci i disoccupati che il posto di lavoro non gliel’hanno rubato gli speculatori bensì gli immigrati e oplà: quelli andranno a menare braccianti al nero, invece di farti la rivoluzione. E intanto il mercato agroalimentare italiano può mantenere prezzi bassi e concorrenziali. Due piccioni con una sola fava nera. (pp.455-456)
 
== Bibliografia ==