Bernard-Henri Lévy: differenze tra le versioni

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*Bisognerebbe smetterla con la malafede, il partito preso e, per dirla tutta, la disinformazione, non appena si tratta di [[Benedetto XVI]]. (da ''Corriere della sera'', 20 gennaio 2010)
*C'è a Parigi una piccola cricca di revisionisti che hanno cominciato a relativizzare, banalizzare, negare quello che succede in Darfur. [...] {{NDR|Il filosofo si è lanciato in una dura denuncia di quanti}} pensano che uno Stato del Terzo mondo non possa essere uno Stato assassino, e che vittime sostenute dall'opinione pubblica americana non possano essere vere vittime. (da ''Corriere della sera'', 28 novembre 2007, pag. 7)
*L'[[Afghanistan]] ha perso battaglie, ma non la guerra. È nella fossa dove sono caduti i combattenti del [[Panshir]], ma la sua fiamma non è spenta e il Panshir non ha detto la sua ultima parola. Giace nelle confuse scie in cui oggi si mescolano le acque di uno dei più bei fiumi della terra e il sangue, i corpi, il fango dei combattenti uccisi – ma è qui che i semi della rinascita stanno già crescendo. I partigiani del Panshir, costretti a indietreggiare ma risoluti, sono come le donne di Herat, di Kabul e di Kandahar, che si ostinano a sfidare i talebani. Sono ciò che rimane di misterioso nell'umanità e che nessuna sventura può sottomettere. Sono quella parte, non maledetta, ma benedetta, che resiste, sopravvive e si rafforza nel crogiolo delle prove condivise. Il resto dell'Afghanistan. La speranza. Comincia la resistenza.<ref>Da [https://www.repubblica.it/commenti/2021/09/07/news/l_onore_del_panshir-316876923/ ''L'onore del Panshir''], traduzione di Luis E. Moriones, ''repubblica.it'', 7 serrembresettembre 2021.</ref>
*L'[[Ucraina]] è [[Europa]]. Lo è per la storia, per la volontà e, dopo la rivolta di Maidan, per il sangue versato dalla Centuria Celeste di giovani donne e giovani uomini caduti sotto la mitraglia delle forze di repressione filoputiniane stringendo fra le braccia la bandiera stellata dell'[[Unione europea|Unione]].<ref>Da ''L’azzardo ucraino di Putin'', ''la Repubblica'', 17 dicembre 2021, pag. 41; traduzione di Fabio Galimberti.</ref>
*[[Michel Onfray]] si lamenta di ricevere critiche senza essere letto? Ebbene, l'ho quindi letto. L'ho fatto sforzandomi di mettere da parte, per quanto possibile, i vecchi cameratismi, le amicizie comuni, come anche la circostanza — ma questo era evidente — che entrambi siamo pubblicati dallo stesso editore. A dir la verità, sono uscito da questa lettura ancora più costernato di quanto lasciassero presagire le recensioni di cui, come tutti, ero venuto a conoscenza. Non che per me, come invece per altri, l'«idolo» [[Freud]] sia intoccabile: da [[Michel Foucault|Foucault]] a [[Gilles Deleuze|Deleuze]], a [[Félix Guattari|Guattari]] e ad altri ancora, molti se la sono presa con lui e io, pur non essendo d'accordo, non ho mai negato che abbiano fatto avanzare il dibattito. E nemmeno sono il risentimento anti-freudiano, la collera, addirittura l'odio, come ho letto qua e là, a suscitare il mio disagio alla lettura del libro ''Crépuscule d'une idole''. [...] si fanno grandi libri con la collera! E che un autore contemporaneo mescoli i propri affetti con quelli di un glorioso predecessore, che si misuri con lui, che faccia i conti con la sua opera in un pamphlet che, nell'ardore dello scontro, apporta argomenti o chiarimenti nuovi è, in sé, qualcosa di piuttosto sano. Del resto, Onfray l'ha fatto spesso, altrove, e con vero talento. No, non è questo. Quel che infastidisce nel ''Crépuscule d'une idole'' è di essere banale, riduttivo, puerile, pedante, talvolta al limite del ridicolo, ispirato da ipotesi complottistiche assurde quanto pericolose.<ref>Da [http://www.corriere.it/cultura/10_aprile_29/tutti_gli_errori_di_onfray_su_freud_levy_5d821fbe-534f-11df-afe0-00144f02aabe.shtml ''Tutti gli errori di Onfray su Freud''], traduzione di Daniela Maggioni, ''Corriere.it'', 29 aprile 2010.</ref>
*{{NDR|Sul nazionalismo e l'identità nazionale francese}} Si parli di ciò che si vuole. Ma sostenere che le persone abbiano, in questo paese, un problema con l'identità francese è una stupidaggine. Esse sanno ciò che significa essere francesi. Lo sanno molto bene. Ed una maggiore consapevolezza atterrebbe più all'asservimento che non alla liberazione. Perché le identità collettive devono essere leggere e non oppressive. Non devono rinchiudere i soggetti in soffocanti camicie di forza, bensì aiutarli, al contrario, a respirare. E poi questo dibattito sta occultando la questione cruciale: quella dell'identità europea.<ref>Dall'intervista di Laure Equy, ''Libération'', 21 dicembre 2009; traduzione di Daniele Sensi, ''[http://bernard-henri-levy.blogspot.it/2010_01_01_archive.html Bernard-henri-levy.blogspot.it]''.</ref>