Tommaso Landolfi: differenze tra le versioni

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*Ciò che io contemplo è l'ultimo paese, / È l'estrema dimora del mio sguardo: / Ché se la morte attendo ad ogni istante, / Ogni istante è la morte (da "Viola di morte", Adelphi, pag. 161)
*Le responsabilità sono di chi se le prende, di chi le sente come tali, laddove io non ho mai sentito niente di simile nei confronti della famiglia, degli altri in generale e in ultima analisi di me stesso. Per la via della responsabilità si arriverebbe al famigerato rispetto per se medesimi e, chissà, forse anche della democrazia: ci mancherebbe altro! (da ''Tre racconti'', Rizzoli, 1990, p. 96)
*[...] per [[bambino prodigio]] bisognerà forse intendere quell'infante che già conosce le vie degli uomini, che sappia con loro liberamente comunicare e fornire un apporto al loro comune lavoro. Peraltro anche codesta razza d'infanti resta poi sovente, per non dir sempre, a mezza strada quando la prodigiosità manifesti caratteri eccessivi, mostruosi, non adeguati all'età: quasi, appunto, la benigna natura si fosse esaurita nel suo sforzo iniziale, ovvero gli infanti medesimi dovessero pagare un duro scotto per aver concentrato la loro vita in un unico gruppo di facoltà (a detrimento di altre facoltà e di altri sensi) e avere anzi tempo tentato una sintesi del mondo, invece di perdervisi prima. Tutti i grandi scrittori, per esempio, furono in certo modo bambini prodigio, solo che in generale non esagerarono, ossia lo furono moderatamente, e ciò permise loro di diventare col tempo grandi scrittori. (da ''Le poesie di [[Minou Drouet|Minou]]''<ref>In ''Gogol' a Roma'', Adelphi, Milano, 2002, pp. 290-291. ISBN 88-459-1735-5</ref>)
*Ultimo forse rappresentante genuino della gloriosa nobiltà meridionale, io sto da solo in questa casa crollata più che per metà, e che seguita a crollare un poco ogni giorno, in cui il vento si insinua gemendo, zufolando, facendo garrire le pendule tappezzerie. Ormai, per volger dei tempi, povero in canna, mi scaldo la minestra da me, poi passeggio infaticabilmente nelle sale vuote, più sovente in cucina a causa del freddo; e tutto pur di non lavorare, che sarebbe cosa vergognosa, ma in ispecie direi pur di non vivere. (da ''Opere'', I, Rizzoli, Milano, 1991, p. 667<ref>Citato in Luigi Matt, ''Dizionario Biografico degli Italiani'', vol. 63, 2004; disponibile su ''[http://www.treccani.it/enciclopedia/tommaso-landolfi_(Dizionario_Biografico)/ Treccani.it]''.</ref>)
*Sì, sì sì, il presidente d'una repubblica democratica fondata sul lavoro non appartiene a se stesso. E allora, bah, passatemi il frac. (da ''Racconti impossibili'', Vallecchi, Firenze, 1966, p. 110)