Josef Finkenzeller: differenze tra le versioni

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*La teologia e la predicazione devono impegnarsi seriamente e demolire tutte quelle idee religiose che riducono Dio a un tappabuchi. Se ci si serve di Dio solo per spiegare le connessioni causali non ancora chiarite, lo si costringe a uscire sempre più di scena. Affermare che questi Dio è morto non è ateismo ma «distruzione di idoli e servizio alla fede in Dio. Un ateismo così formulato svolge la funzione di una verifica, di una chiarificazione e di una purificazione della religione; esso documenta la nostalgia per un Dio sempre più grande<ref>{{de}} Da Heinrich Fries, ''Theologische Überlegungen zum Phänomen des Atheismus'', in {{de}} ''Theologie in Wandel'', Monaco-Friburgo in Brisgovia, 1967, p. 264.</ref>». (p. 237)
*Proprio nelle situazioni in cui il dovere morale esige un impegno che rasenta o addirittura implica il sacrificio stesso della vita, l'uomo sperimenta di non essere legato da idee o da valori generali, giacché a motivo del lor carattere impersonale essi non possono avanzare pretese definitive su di lui. Nel suo centro personale l'uomo si sente interpellato da una persona assoluta, che noi chiamiamo la voce della coscienza. Tale voce rimanda a una persona che chiama: siamo all'incontro dialogico con un assoluto personale. Questa potenza personale che avanza pretese incondizionate, alla quale in definitiva ci si rivolge nel dire di sì al dovere morale, noi la chiamiamo Dio. Anche quegli uomini che negano la sua esistenza, nel dettame incondizionato della coscienza sperimentano Dio, e nell'aderire a quella voce dicono di sì a lui. (pp. 247-248)
*{{NDR|La possibilità della conoscenza naturale di Dio affermata dal [[Concilio Vaticano I]] nel cap. II della Costituzione dogmatica ''[[Dei Filius]]''}} In questo testo dunque si accosta il concetto metafisico astratto di natura – cui si attribuisce in linea di principio la capacità di conoscere Dio – a quello storico-salvifico concreto che tiene conto della situazione effettiva dell'uomo, della sua situazione di salvezza e di perdizione. Così il Concilio cerca di stabilire un equilibrio tra due correnti della tradizione cristiana, che risentono rispettivamente del pensiero aristotelico-tomistico e del pensiero agostiniano. Pertanto il Concilio Vaticano I non ha definito in maniera pura e semplice una conoscenza naturale di Dio; piuttosto ha formulato il suo insegnamento in maniera dialettica: alla possibilità di principio della conoscenza naturale di Dio ha contrapposto la problematicità di una simile conoscenza e la necessità morale della rivelazione soprannaturale. (p. 250)
 
==Note==